L’omicidio del giudice Cesare Terranova: una vita dedicata alla lotta contro la mafia

omicidio del giudice Cesare Terranova

L’omicidio del giudice Cesare Terranova è un evento che ha profondamente scosso l’Italia e il mondo intero, mettendo in evidenza la sfida epica tra la giustizia e la criminalità organizzata. La figura di Cesare Terranova, con il suo impegno coraggioso e incrollabile contro la mafia, simboleggia la determinazione di chi ha deciso di opporsi a un nemico potente e spietato. La sua tragica morte ha messo in luce la ferocia con cui la mafia cercava di proteggere i suoi interessi e ha ispirato un movimento di lotta alla criminalità organizzata che continua ancora oggi.

Il 25 settembre 1979 è un’altra delle tante date che segnano profondamente la storia della lotta alla mafia in Italia. In quella tragica giornata, il giudice Cesare Terranova, noto per il suo impegno incrollabile contro la criminalità organizzata, venne ucciso brutalmente sotto casa sua a Palermo insieme al suo fedele collaboratore, il maresciallo Lenin Mancuso. L’assassinio di Terranova non fu solo un crimine, ma rappresentò un attacco diretto alla giustizia e alla legalità in Sicilia.

Cesare Terranova aveva una lunga storia di impegno politico e giudiziario alle spalle. Dopo aver servito per due legislature come “indipendente di sinistra” all’interno del Partito Comunista, Terranova aveva deciso di tornare alla sua carriera in magistratura come consigliere della Corte di appello di Palermo. Il ruolo era considerato di passaggio, necessario per permettergli di assumere la posizione di capo dell’ufficio Istruzione. Era determinato a mettere insieme le prove e ad arrestare tutti i criminali coinvolti nella mafia, una missione che gli aveva fatto guadagnare la loro ostilità.

La mafia non aveva dimenticato le sue azioni passate. Terranova aveva condotto indagini che avevano portato alla scoperta dei Corleonesi, una delle più pericolose fazioni mafiose. Tuttavia, non fu solo questo a causare il suo assassinio. Fu ucciso per quello che aveva fatto, ma soprattutto per quello che avrebbe potuto ancora fare. La sua determinazione a portare avanti le inchieste e a smantellare le reti criminali lo aveva reso un bersaglio primario per la mafia, in particolare per Luciano Liggio, noto come “la Primula rossa di Corleone”.

L’assassinio di Terranova avvenne in una strada di Palermo mentre si dirigeva al lavoro. Era accompagnato dal maresciallo Mancuso, il suo fedele collaboratore. I killer, armati di armi da fuoco di grosso calibro, eseguirono un agguato attentamente pianificato. Terranova fu colpito mortalmente da una pallottola che gli trapassò il collo, mentre il maresciallo Mancuso cercò di proteggerlo con il suo corpo e morì in ospedale poche ore dopo.

Inizialmente, si pensava che l’omicidio fosse stato ordito solo da Luciano Liggio, a causa dell’odio personale che nutriva per il giudice. Tuttavia, la verità era più complessa. Liggio era stato condannato all’ergastolo per l’omicidio di Michele Navarra, e Terranova aveva condotto un’indagine incisiva che aveva portato a quella condanna. Finito alla sbarra con l’accusa di essere il mandante dell’agguato sulla base delle testimonianze di Giovanna Giaconia, la vedova del Terranova, che raccontò l’odio provato da Leggio nei confronti del marito e del capitano dei carabinieri Alfio Pettinato, che aveva raccolto le “confidenze” del boss Giuseppe Di Cristina, fu assolto per insufficienza di prove. Sentenza confermata in appello e in Cassazione.

Ci volle del tempo per scoprire la verità sull’assassinio di Cesare Terranova. Fu chiaro che non si trattava solo di un atto di vendetta personale da parte di Luciano Liggio, ma di un tentativo di mettere a tacere un uomo determinato a portare alla giustizia i criminali. L’omicidio di Terranova fu solo uno degli atti in una serie di omicidi politici e di magistrati che colpirono la Sicilia in quel periodo, tra cui Piersanti Mattarella, Gaetano Costa, Pio La Torre, Carlo Alberto dalla Chiesa e Rocco Chinnici.

Questi omicidi facevano parte di una strategia della tensione che non aveva nulla a che fare con l’odio personale di Luciano Liggio, ma con il tentativo disperato di fermare la lotta contro la mafia e di intimidire coloro che cercavano di portare la legalità in Sicilia. Cesare Terranova rimane un simbolo di coraggio e dedizione alla giustizia, una figura che ha sacrificato la propria vita per cercare di sconfiggere un nemico potente e pericoloso come la mafia. La sua eredità continua a ispirare coloro che combattono la criminalità organizzata in Italia e oltre i suoi confini.

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