Mentre aumentano gli aiuti ai paesi poveri da parte dell’Unione Europea, l’Italia li ridimensiona di ben 270 milioni.
Di Andrea Umbrello
Sono passati circa sei anni da quando, nel settembre 2015, i governi dei 193 Paesi membri dell’ONU sottoscrissero l’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile. Un programma d’azione rivolto al pianeta, alle persone e al benessere, con lo scopo di soddisfare il raggiungimento di 169 traguardi, articolati su importanti questioni per lo sviluppo come porre fine alla fame nel mondo, la lotta alla povertà, combattere le disuguaglianze e le ingiustizie e il contrasto al cambiamento climatico. Sono tutti obiettivi importanti che esigono un sostegno sinergico tra organizzazioni internazionali, governi e leader mondiali. Una cooperazione totale insomma, del resto, l’aspirazione è quella di riuscire a cambiare ciò che tutti noi condividiamo: il mondo.
Un obiettivo a dir poco lodevole . Un’aspirazione che permetterebbe anche al nostro paese di esprimere e dimostrare quella necessaria attenzione verso le numerose realtà soffocate dalla morsa della fame e dell’abbandono. Ma, ancora una volta, non riusciamo purtroppo a superare l’utilizzo di questo insopportabile condizionale. Potremmo essere un paese con l’acutezza di volgere lo sguardo verso la sofferenza altrui e il futuro comune, ma sembriamo incapaci di smuoverci da questo pantano fatto di apatia e imperturbabilità. La vita è caratterizzata, nella sua totalità e complessità, da tunnel più o meno lunghi costruiti con i mattoni della sofferenza e del dolore. Ma molti di noi, nascono e muoiono all’interno di questo tunnel, senza alcuna possibilità di sentirsi avvolti dalla luce e dalla speranza che solo una vita normale può offrire. È per queste persone che dovremmo essere più “anima” che genere umano fatto di carne e sangue. Ma l’Italia si conferma ancora una volta più esperta in anatomia generale che in solidarietà umana.
Mentre l’impegno dei principali paesi benefattori europei a sostegno della cooperazione cresce nel 2020, l’Italia ridimensiona di 270 milioni i fondi dell’Aiuto Pubblico allo Sviluppo (APS), indirizzati verso il sostentamento della ripresa dei paesi poveri dalla pandemia, passando dai 3.940 milioni registrati nel 2019 a 3.670 milioni di euro nel 2020, con un calo di oltre il 7% in termini reali.
Sono sei i paesi europei che hanno contribuito maggiormente allo stanziamento totale in aiuto pubblico allo sviluppo dai Paesi Ocse di 161,2 miliardi di dollari nel 2020: Regno Unito, Germania, Norvegia, Lussemburgo, Svezia e Danimarca.
Certo, ci troviamo tutti coinvolti nei drammi generati dall’attuale pandemia in corso, ma stando all’elaborazione dei dati Ocse da parte di Oxfam, se tutti i paesi più economicamente stabili avessero mantenuto la loro promissione sottoscritta attraverso l’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile, il budget per gli aiuti sarebbe aumentato di 190 miliardi di dollari solo durante l’anno 2020. Una base più che sufficiente per i paesi in difficoltà non solo per vaccinare intere popolazioni, ma anche per contribuire a garantire l’istruzione di base per tutti, raggiungere la sicurezza alimentare e garantire l’accessibilità e la gestione sostenibile di acqua e servizi igienici.
Ciò che preoccupa di più nella china del nostro paese nelle statistiche e nei numeri è, al contrario di quanto espresso recentemente dal presidente del Consiglio Mario Draghi e dal Ministro degli Esteri Luigi Di Maio, la totale rinuncia a giocare un ruolo fondamentale in aree strategiche come il Mediterraneo e l’Africa, oltre che la mancanza di trasparenza negli stanziamenti del Ministero dell’Interno. Più di 1 miliardo di euro nel 2020, inserito inizialmente in legge di bilancio, come “spesa rifugiati”, è stato impropriamente destinato altrove, non allo sviluppo dei Paesi più poveri, e neanche al potenziamento delle politiche di integrazione dei migranti arrivati in Italia.
Ancora una volta, siamo stati celeri nel fare marcia indietro nell’impegno a sostegno dei paesi più in difficoltà, ma presto o tardi, capiremo che la strada intrapresa non ha via d’uscita, che certe responsabilità ci riguardano da vicino e che l’altruismo e la solidarietà dovrebbero rappresentare dei sentimenti sociali alla base dell’aspirazione di un mondo migliore.