L’invisibilità degli apolidi: un problema che richiede attenzione

L'invisibilità degli apolidi Stranieri in Italia

Le Nazioni Unite hanno recentemente dichiarato che circa 4,4 milioni di persone in tutto il mondo sono ufficialmente riconosciuti come apolidi. Il numero però, potrebbe essere anche molto più alto. Questa situazione ha generato una serie di preoccupazioni e l’UNCHR, ha messo in evidenza come l’invisibilità degli apolidi ha un impatto devastante su queste persone

Chi è un apolide

Un apolide è un uomo o una donna che non possiede la cittadinanza di nessun Stato. Si pensa molto spesso che gli apolidi possano essere associati all’immagine dei rifugiati. In parte è vero, alcuni apolidi sono anche rifugiati, ma non tutti i rifugiati lo sono, e molti di loro non hanno mai attraversato alcun tipo di frontiera. L’invisibilità, è la prima condizione che si trovano a vivere gli apolidi.

La condizione di apolidia non dipende dalla volontà dell’individuo, ma da diversi fattori come:

Questa condizione mette le persone in una situazione vulnerabile, infatti, gli apolidi spesso sono privati dei diritti di base, come l’accesso all’istruzione, all’assistenza sanitaria e al lavoro. Sono esposti a discriminazione e sfruttamento e ciò rende impossibile il raggiungimento di una vita dignitosa. Secondo i dati a disposizione dell’UNCHR, si contano circa 4,4 milioni nel mondo di apolidi, anche se, probabilmente la cifra è molto più alta.

La Convenzione relativa allo status degli apolidi

Esiste  una convenzione per questi individui. La Convenzione relativa allo status degli apolidi, è stata varata a New York il 28 settembre 1954 ed è la base per la protezione internazionale degli apolidi. L’apolide viene inquadrato come “un individuo non riconosciuto come cittadino di nessuno Stato in base all’applicazione della sua legge”. In Italia è divenuta esecutiva il 1 febbraio in 1962 con la legge 306. Il 10 settembre 2015 il Parlamento italiano ha finalmente approvato in via definitiva la legge di adesione alla Convenzione sulla riduzione dell’apolidia.

Repubblica del Congo come esempio da seguire

Nella Repubblica del Congo, un paese di circa 6 milioni di persone, circa 200.000 sono stati identificati a rischio apolidia. Nel 2019 il Paese si è impegnato a firmare le convenzioni fondamentali. Il 10 ottobre 2023 la Repubblica del Congo ha finalizzato il processo di adesione, diventando così il novantasettesimo paese ad aderire alla convenzione del 1954 e il settantanovesimo ad aderire alla convenzione del 1961. L’UNHCR lavora in stretta collaborazione con il governo congolese per prevenire e risolvere i problemi legati all’apolidia. Gillian Triggs, Vice Alto Commissario per la protezione dell’UNHCR afferma: “La Repubblica del Congo rappresenta un esempio per gli altri paesi africani. Il dramma per milioni di persone apolidi si può risolvere grazie alla volontà politica e ai cambiamenti legislativi”. In tutto il Paese, dal 2018 sono stati consegnati più di 30.300 certificati di nascita a persone a rischio di apolidia, comprese 5.300 persone di popolazione indigena che sono a rischio ancora più alto.

Come sconfiggere l’invisibilità degli apolidi

Nel 2014 l’UNHCR ha lanciato la campagna globale #IBelong con l’obiettivo di mettere fine all’apolidia. Questa iniziativa lanciata insieme a Benetton, vuole attrarre l’attenzione sui problemi che caratterizzano gli apolidi e le disumane condizioni in cui si trovano. Dal lancio della campagna, 23 paesi hanno aderito a una o entrambe le convenzioni sull’apolidia.

L’apolidia è una sfida globale che richiede un impegno comune. Combattere l’apolidia richiede la collaborazione tra governi, organizzazioni internazionali e società civile. 

Ambra Vanella

 

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