L’invasione italiana dell’Etiopia: un atto di aggressione ingiustificato

invasione italiana dell'Etiopia

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L’invasione italiana dell’Etiopia, avvenuta tra il 1935 e il 1936, rappresenta un tragico capitolo della storia coloniale, un periodo in cui l’avidità per il potere e la conquista si scontrarono con la resistenza di un popolo determinato a difendere la propria indipendenza.

La Guerra di Etiopia, un capitolo oscuro nella storia del ventennio fascista italiano, fu un conflitto armato che segnò una dolorosa pagina nell’annals del continente africano. Iniziata il 3 ottobre 1935 e conclusa il 5 maggio 1936, questa guerra vide le truppe italiane sotto il regime di Benito Mussolini trionfare, ma la sua stessa origine solleva interrogativi fondamentali sulle motivazioni dell’Italia nel cercare di conquistare l’Abissinia.

Antefatti: ambizioni coloniali

Dopo la Prima Guerra Mondiale, l’Italia aveva già messo gli occhi su un impero coloniale in Africa, espandendo la sua influenza oltre i confini dell’Eritrea, della Somalia e della Libia. Il governo italiano, guidato dal fervente nazionalismo fascista, credeva che il paese avesse il diritto di possedere un numero maggiore di colonie, allo stesso modo delle altre potenze vincitrici del conflitto mondiale.

Nel 1926, il governatore italiano dell’Eritrea, Jacopo Gasparini, cercò di stringere contratti di amicizia nello Yemen del Nord, confinante con il Protettorato di Aden, una colonia britannica. L’obiettivo era chiaramente l’espansione dell’influenza italiana dal punto di vista economico, commerciale e politico. Tuttavia, Mussolini decise di non perseguire attivamente questa campagna coloniale nei suoi primi anni di regime, temendo di provocare ostilità negli ambienti liberali vicini alla Gran Bretagna. Nel frattempo, in Somalia, Cesare Maria De Vecchi aveva già acquisito una regione nel sud dell’Oltregiuba nel 1925, grazie a un accordo con la Gran Bretagna.

L’interesse per l’espansione coloniale italiana cominciò a crescere negli anni ’30, principalmente a causa degli ideali imperiali di Mussolini e della necessità di affrontare il problema dell’emigrazione italiana. Mussolini sognava di ricostruire un Impero Italiano, ispirato a quello romano, e riteneva che l’acquisizione di nuove colonie fosse la chiave per realizzare questo ambizioso progetto.

L’invasione italiana dell’Etiopia: un atto di aggressione

Negli anni ’30, l’Etiopia, governata dall’Imperatore Hailé Selassié, era uno dei pochi paesi africani ancora indipendenti. Questa nazione fu scelta da Mussolini come punto di partenza per la sua campagna coloniale. Il 3 ottobre 1935, l’Italia dichiarò guerra all’Etiopia, sfruttando come pretesto una serie di incidenti tra soldati italiani ed etiopi, tra cui l’incidente di Ual Ual nel 1934.

Il conflitto fu inizialmente guidato da Emilio De Bono, ma fu il Maresciallo Pietro Badoglio a portarlo a termine con successo. Nonostante le pesanti sanzioni economiche imposte dalla Società delle Nazioni, l’Italia perseverò nel conflitto e il 5 maggio 1936 le truppe italiane entrarono trionfanti nella capitale etiope di Addis Abeba, conquistando l’Abissinia nelle successive 48 ore.

Le terribili conseguenze

Le conseguenze di questa guerra furono catastrofiche. Un numero sconvolgente di vite umane perse, con 275.000 soldati etiopi morti e 500.000 feriti, oltre a 4.350 soldati e civili italiani e 4.000 ascari, soldati indigeni che combatterono al fianco delle forze coloniali, che persero la vita. In termini economici, il 4 luglio 1936 la Società delle Nazioni decise di revocare le sanzioni contro l’Italia, principalmente a causa delle pressioni esercitate dai partner commerciali del Bel Paese.

La Guerra di Etiopia rimane una macchia indelebile nella storia, un esempio di aggressione ingiustificata e delle terribili conseguenze che possono derivare dalla sete di conquista.

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