L’intervista a Putin di Tucker Carlson

Cosa potevamo aspettarci dall'intervista tra il presidente russo e l'ex superstar di Fox News?

Cosa potevamo aspettarci dall'intervista a Putin di Tucker Carlson, l'ex superstar di Fox News?

Il Presidente russo Vladimir Putin ha rotto il suo silenzio concedendo per la prima volta dall’inizio della guerra in Ucraina un’intervista a un giornalista americano, Tucker Carlson, ex superstar di Fox News licenziato lo scorso anno per aver diffuso teorie cospirazioniste e fake news sull’esito delle elezioni presidenziali americane del 2020.  L’intervista, trasmessa sulla piattaforma di Tucker Carlson e su X, ha fornito a Putin una piattaforma per rivolgersi direttamente agli occidentali, in un momento in cui sia negli Stati Uniti che in Europa si riaccende il dibattito sugli aiuti all’Ucraina.

Una grande opportunità per Carlson

Per Carlson, l’intervista a Putin rappresenta un’opportunità notevole per rafforzare la sua nuova impresa mediatica, lanciata su X lo scorso anno, specialmente dopo la sua controversa uscita da Fox News, costata all’emittente circa 800 milioni di dollari. Attraverso questa attesa intervista infatti, Carlson prova a porsi come un attore significativo nel panorama mediatico, specialmente nei circoli conservatori.

Un esempio deriverebbe dal tentativo “diplomatico” di Carlson di spingere Putin a rilasciare il giornalista del Wall Street Journal Evan Gershkovich, detenuto in Russia con l’accusa di spionaggio, un’accusa negata dallo stesso giornalista, dalla testata e dal governo degli Stati Uniti.

“Evan è un giornalista e il giornalismo non è un crimine. Qualsiasi rappresentazione contraria è totale finzione”, ha affermato il Journal. “Evan è stato ingiustamente arrestato ed è stato ingiustamente detenuto dalla Russia per quasi un anno per aver svolto il suo lavoro, e continuiamo a chiedere il suo rilascio immediato”.




La risposta di Putin ha lasciato intendere la possibilità di una soluzione, condizionata da azioni reciproche da parte degli Stati Uniti. Il presidente russo, con le sue affermazioni, avrebbe fatto indirettamente riferimento a uno scambio di prigionieri quando ha menzionato “una persona che sta scontando una pena in un paese alleato degli Stati Uniti”. Per la stampa americana si tratterebbe di Vadim Krasikov, cittadino russo che sta scontando una condanna all’ergastolo in Germania per aver assassinato l’ex comandante dei separatisti ceceni Zelimkhan Khangoshvili in pieno giorno a Berlino nel 2019.

Il vantaggio di Putin

La decisione di Putin di coinvolgersi con Carlson arriva invece in un momento cruciale sia per la politica statunitense che per quella russa. Negli Stati Uniti, i dibattiti sull’assistenza militare all’Ucraina sono fermi, influenzando potenzialmente il corso del conflitto. Proprio qualche giorno fa il Senato degli Stati Uniti ha respinto un progetto di legge bipartisan del valore di 120 miliardi di dollari che mirava a combinare le questioni della sicurezza al confine e delle restrizioni sull’immigrazione con gli aiuti destinati a Kiev e Israele. Questo progetto di legge, sostenuto dal presidente Joe Biden, includeva un fondo di 60 miliardi di dollari per l’Ucraina e 12 miliardi di dollari per Israele.

In assenza di nuovi aiuti militari, i tentativi dell’Ucraina di cacciare le forze russe dal paese e lanciare nuove controffensive nel sud e nella regione orientale del Donbass si sono rivelati praticamente impossibili.

Data la crescente ostilità da parte dei membri di estrema destra del partito repubblicano, che si sono tirati indietro davanti ai costi crescenti del conflitto e stanno spingendo contro il coinvolgimento degli Stati Uniti nei conflitti globali, il Cremlino vede in questa intervista un’opportunità per influenzare i legislatori americani conservatori, potenzialmente allineandoli alla narrativa di Mosca. La scelta di Carlson non è quindi casuale, dato il suo lungo e vantaggioso rapporto con Donald Trump, il presunto candidato presidenziale repubblicano, che ha spesso espresso scetticismo riguardo al sostegno dell’Ucraina e con il quale il presidente russo ha detto di avere un buon “rapporto personale”.

Inoltre, il coinvolgimento di Putin con Carlson mirerebbe, secondo la BBC, a obiettivi geopolitici più ampi, inclusa la ricerca di pubblici simpatizzanti in Europa. Ciò si deve anche al fatto che se gli Stati Uniti dovessero tirarsi indietro, il vecchio continente verrebbe lasciato solo a sostenere militarmente l’Ucraina, rappresentando uno sforzo troppo gravoso per l’Europa ma un enorme vantaggio per la Russia.

Mentre il sostegno all’Ucraina vacilla in tutto il continente, il Cremlino cerca quindi di capitalizzare le dinamiche politiche in evoluzione, potenzialmente alterando il calcolo del sostegno europeo alla nazione devastata dalla guerra. E lo fa in un momento in cui la politica nel continente sta cambiando, con partiti populisti di estrema destra che guadagnano campo e aumentano dubbi ed esitazioni tra il pubblico europeo riguardo al mantenimento del sostegno all’Ucraina.

Inoltre, il tempismo di Putin si allinea alle questioni politiche interne, in particolare alle prossime elezioni presidenziali in Russia. Presentandosi come uno statista internazionale, Putin mira a consolidare la sua immagine tra gli elettori russi, presentandosi come un leader di rilevanza globale, soprattutto dopo l’esclusione dalla corsa presidenziale del suo oppositore politico Boris Nadezhdin.

Secondo la CNN, l’intervista avrebbe rappresentato quindi una grande vittoria propagandistica per Putin. Ciò è facilmente intuibile dalla massiccia copertura mediatica che i media russi hanno riservato all’evento e alla figura di Carlson.

La TASS ha presentato l’incontro come la notizia principale sulla sua homepage, amplificando l’affermazione di Putin secondo cui l’Ucraina è uno “stato artificiale” e dedicando un’intera sezione del suo sito web alla copertura speciale dell’intervista. RT, l’emittente in lingua inglese ora in esilio da gran parte del mondo occidentale, ha mandato in onda parti significative dell’intervista.

Nel frattempo, i turbamenti interni in Ucraina, simboleggiati dalla decisione di Zelensky di sostituire il suo comandante militare, presentano opportunità significativa per gli obiettivi strategici di Putin. In mezzo a voci di disaccordo all’interno del governo ucraino, Putin vede un’apertura potenziale per avanzare il suo programma, che sia attraverso negoziati diplomatici o manovre politiche.

Il suo obiettivo finale, oltre alla conquista di obiettivi militari in Ucraina che, come affermato da Putin durante l’intervista, non sono stati ancora raggiunti poiché uno di questi è la “denazificazione” del Paese, è la rimozione del governo Zelensky per sostituirlo con uno filo-russo sotto il suo controllo. In caso contrario, Putin dovrebbe sperare che l’Europa e l’America si stanchino della guerra e facciano pressione sul governo di Kiev affinché avvii i negoziati per porre fine al conflitto a condizioni favorevoli per Mosca.

Nelle risposte di Putin tuttavia si notano due modalità comunicative chiare: il tentativo di smontare la retorica occidentale sulla guerra in Ucraina e presentarsi come aperto e disponibile a trovare una soluzione. Un esempio già citato riguarda il giornalista del WSJ, ma anche gli accordi di pace presi a Istanbul tra Russia e Ucraina all’inizio della guerra che sarebbero stati fatti naufragare, secondo Putin, dall’ex primo ministro britannico Boris Jhonson, passando poi alla questione della Polonia, più volte citata, che da primo Paese sostenitore dell’Ucraina è passata a criticare le politiche europee a favore dell’Ucraina stessa e che non sono state ben accolte dai polacchi, fino alla questione dell’esplosione del Nord Stream. Così facendo Putin cerca di seminare dubbi e perplessità circa la narrazione che l’Occidente ha fatto sulla guerra in Ucraina e lo fa rivolgendosi proprio ad europei e americani.

Come ci si poteva aspettare, in due ore di intervista non è stato fatto nessun tipo di riferimento ad argomenti sensibili per il Cremlino, come le indagini sui crimini di guerra russi in luoghi come Bucha e Mariupol, o sul mandato di arresto della Corte Penale Internazionale nei confronti di Putin, o sui prigionieri politici o sul bilancio delle vittime della guerra. Nessuna domanda sulle imminenti elezioni in Russia.

Al contrario, ampio spazio è stato dedicato, con il benestare dell’intervistatore, al racconto della propria versione della storia, senza nessun tipo di controllo sulle affermazioni di Putin. Dalla teoria secondo cui il governo degli Stati Uniti non è controllato dai suoi leader eletti ma da poteri d’élite come la CIA, che, oltre ad essere stata accusata di aver sabotato il Nord Stream 1, dirigerebbe il presidente come un burattino. “Quindi sembra che lei stia descrivendo un sistema che non è gestito dalle persone elette, da quello che racconta”, chiede Carlson. “Esatto, è vero”, ha risposto Putin. In questo senso è chiaro il tentativo del presidente russo di minare la fiducia degli americani nella democrazia: “Non è questione della personalità del leader. Riguarda la mentalità dell’élite”, ha aggiunto.

In definitiva, l’intervista di Putin con Carlson rappresenta una mossa calcolata nel più ampio scacchiere geopolitico, dove narrazioni, alleanze e strategie si intersecano. Mentre il conflitto in Ucraina persiste, le implicazioni di questa intervista rifletteranno attraverso i continenti, plasmando percezioni, politiche e la traiettoria delle relazioni internazionali. Una cosa però è chiara: la guerra non è ancora finita.

Aurora Compagnone

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