L’inferno di Bani Walid

Bani Walid

In una missione di accertamento dei fatti, le Nazioni Unite hanno documentato la presenza di fosse comuni di migranti in Libia. Le informazioni provenienti da Bani Walid, a circa 130 chilometri a sud – est di Misurata, sono alquanto allarmanti.

Bani Walid è lo snodo cruciale del traffico di esseri umani o, per meglio dire, è un vero e proprio inferno. Si tratta di veri e propri campi di detenzione dei migranti, i quali sono costretti, ogni giorno da circa sei mesi, a subire ogni sorta di sopruso e violenza, nell’attesa che qualche parente riesca a pagare il riscatto. Ma il prezzo della loro libertà è troppo alto per le famiglie che non hanno di che vivere e che, per salvare i propri cari, cercano l’aiuto di altri conoscenti che, possibilmente, vivono la stessa situazione di incertezza economica.




Ecco che, per questo motivo, questi migranti presi in ostaggio non possono sognare una vita libera dalla catene ma devono, ogni attimo della loro vita, fare i conti con la violenza degli sfruttatori. Gli uomini hanno mani e piedi legati con catene di ferro, le donne non hanno un trattamento migliore, molte di loro sono violentate e lasciate al freddo.

È una vera e propria catastrofe umanitaria.

E come mai i governi europei non intervengono? Le immagini di questi detenuti fanno il giro del mondo, dal momento che, sono gli stessi sfruttatori a mandarle alla famiglie per spingerle a pagarne il riscatto. Eppure, nessuno fa nulla per evitare questa terribile realtà che è sotto gli occhi di tutti ma che nessuno sembra voler vedere e di cui nessuno sembra volersi occupare.

Altri racconti raccapriccianti sul campo di Bani Walid riguardano, invece, il traffico di organi. Molti migranti, tenuti prigionieri, vengono uccisi e i loro organi espiantati e venduti, successivamente, sul mercato nero. Altri ancora, non avendo la possibilità economica di pagare i carcerieri e il riscatto per la loro libertà, si sottopongono a interventi di rimozione di alcuni organi, ad esempio i reni, che poi vengono rivenduti ai trafficanti e con i quali i migranti riescono a pagarsi la libertà.

Alla fine di tutto ciò cosa possiamo dire? I governi non vogliono vedere, non hanno conoscenza di tutto ciò o non hanno i mezzi per porre fine a questo orrore? Questa di Bani Walid è soltanto una delle tante storie di quello che i migranti sono costretti a subire nei moltissimi lager, perché è questo che sono, disseminati ovunque in Libia.

Irene Amenta

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