Luigi Einaudi è una figura cruciale per la storia del nostro paese. Di tradizione liberale, Einaudi si distingue come l’economista italiano più famoso della prima metà del ‘900, ottenendo del 1945 la presidenza della Banca d’Italia. Inoltre, nel1948, diviene il primo Presidente della Repubblica Italiana. Successivamente alla guerra, ad Einaudi sono stati assegnati dei ruoli chiave nel processo di ricostruzione del paese; una storia che sembra fare eco a quella dell’attuale presidente del consiglio Mario Draghi.
Ai tempi della prima pubblicazione del testo, i partiti di orientamento progressista chiedevano l’introduzione di una tassa patrimoniale – richiesta avvenuta anche durante l’attuale crisi. A loro parere, i costi della ricostruzione del paese dovevano essere sostenuti da chi aveva accumulato capitale prima e durante il fascismo. Nel suo testo, Einaudi si oppone, presentando l’argomento liberale contro l’introduzione della tassa. Secondo Einaudi, la “straordinaria patrimoniale” viene considerata uno strumento in grado di risolvere ogni problema del paese: ma la riforma, secondo Einaudi, “non possiede questa virtù innata”.
Le riflessioni di Einaudi
Leggere il testo di Einaudi è interessante e stimolante. L’economista presenta in una forma essenziale l’argomento liberale contro la tassa patrimoniale. Inoltre, nel testo, Einaudi tocca altre tematiche, dal problema della burocrazia (“la mano morta”), alla tassa di successione. Infatti, è appropriato definire il testo un pamphlet liberale sul tema della tassazione, che presenta un focus particolare sulla tassa patrimoniale.
Dal testo, si evince il ruolo che Einaudi conferisce alla politica e all’economia, guardando più volte ad esse come strumenti volti al benessere collettivo. Infatti, Einaudi non sostiene un rifiuto ideologico della patrimoniale. Al contrario, egli stesso ne vorrebbe introdurre una al fine di compiere quello che definisce un miracolo: snellire la burocrazia tributaria e dare incentivi ai cittadini per credere nel futuro economico del paese.
Da notare, infine, che da liberale convinto, Einaudi supporta un sistema economico in stile inglese. Secondo Einaudi, c’è bisogno di snellire il sistema fiscale mantenendo solamente una tassa progressiva sul reddito e introducendo una tassa di successione. Riguardo quest’ultima, in particolare, ci sarebbe bisogno di costringere “i proprietari a lavorare, se non vogliono andare in rovina”. Anche Enrico Letta, recentemente, ha proposto una tassa di successione. Una riforma che Einaudi, moderato e liberale, sosteneva arditamente.
La rilevanza del testo
Pur essendo un testo interessante, dobbiamo contestualizzare il lavoro di Einaudi. In particolare, il paradigma da cui la sua analisi prende piede: l’equiparazione tra reddito e capitale. Secondo Einaudi, il capitale non è nient’altro che reddito accumulato.
Oggi, l’equivalenza tra reddito e capitale è messa in dubbio. Alcuni tra i maggiori economisti e politologi hanno riconosciuto il potere contrattuale e di estrazione di valore che i patrimoni conferiscono e, non a caso, hanno richiesto l’introduzione di una tassa patrimoniale. Addirittura il Fondo Monetario Internazionale ha invitato i governi a valutare una tassa sui patrimoni. Tuttavia, in Italia, queste argomentazioni tardano ad arrivare.
Tenendo a mente che la situazione non è più quella del 1945, appassionati di politica ed economia troveranno “l’imposta patrimoniale” di Luigi Einaudi un testo stimolante, trovando al suo interno l’argomentazione liberale che motiva la contrarietà nei confronti della tassa. Inoltre, l’analisi è condita da interessanti spunti di riflessione su tematiche vicine. Ma è fondamentale portare avanti la lettura mantenendo un occhio critico ed essendo ben coscienti che alcune di queste argomentazioni sono ormai datate.