L’impatto socio-ambientale della BR-319 in Brasile

Le sfide del governo brasiliano

La recente e prolungata siccità in Brasile ha spinto il governo Lula a cercare soluzioni per ridare vigore all’economia del Paese, specialmente nell’area amazzonica. Tra le proposte caldeggiate ce ne sono alcune che già in precedenza avevano fatto ampiamente discutere per le loro conseguenze. Una di queste riguarda l’impatto socio-ambientale della BR-319, un’autostrada che collega Porto Velho e Manaus.

La strada, costruita nel 1976 dal dittatore militare Ernesto Geisel, cadde rapidamente in disuso a causa delle difficoltà di manutenzione. Si decise quindi di abbandonare il progetto, ma nel 2015 la presidente Dilma Rousseff gli diede nuova linfa.

L’insediamento del presidente Lula aveva fatto tirare un sospiro di sollievo ai movimenti ambientalisti. La tutela dell’Amazzonia e delle popolazioni indigene aveva costituito un pilastro della sua campagna elettorale, ma a poco più di un anno dalla sua elezione si prospettano già importanti discrepanze.

Lo scopo del presidente brasiliano è quello di sviluppare le infrastrutture della regione amazzonica, togliendo dal parziale isolamento i territori al suo interno. Qui, i fitti alberi rendono difficili le comunicazioni e il transito di merci e lavoratori.

La deforestazione dell’Amazzonia

Sebbene le intenzioni siano comprensibili, in uno studio recente alcuni ricercatori hanno evidenziato l’importanza di adottare delle prospettive a lungo termine nei processi decisionali, mostrando le conseguenze nefaste dell’impatto socio-ambientale della BR-319.

Il territorio amazzonico subisce da anni uno sfruttamento incontrollato del suolo e delle risorse da parte di attività illegali – in passato appoggiate addirittura dalla presidenza di Bolsonaro. Le ricerche degli esperti che monitorano il territorio, mappando ogni albero della foresta, hanno portato alla luce la presenza di ceppi di esemplari abbattuti con tecniche non conformi alle norme di sicurezza, causando la caduta di altri alberi adiacenti e minando l’integrità del suolo, con importanti rilasci di carbonio. Infatti, la foresta amazzonica – che da sola costituisce il 40% delle foreste tropicali nel mondo – fornisce un importante contributo per il biosequestro, immagazzinando più di 120 gigatonnellate di carbonio all’anno. Abbattendo i suoi alberi, tutto il gas immagazzinato nelle sue radici viene liberato nuovamente nell’atmosfera. Il risultato è un aumento delle temperature.

Inoltre, sono numerose le miniere – soprattutto di carbone – che vengono sfruttate senza alcun tipo di controllo da parte delle istituzioni. Se ciò non bastasse, la maggior parte appartiene a gruppi criminali.

Tutto ciò è di grande interesse, perché dagli studi emerge che il 94% di queste attività si concentra lungo le strade – come dimostrato dalla BR-364. La BR-319 taglia a metà il Polmone verde. La sua riapertura porterebbe anche alla convergenza di numerose altre autostrade (BR-174, BR-230, BR-174). In aggiunta, il governo sta già pianificando la realizzazione di altre rotte (AM-366, AM-360, AM-343 e AM-356) che attraverserebbero le importanti aree protette situate tra Brasile e Perù. Il risultato sarebbe un incentivo alla deforestazione. Una seria minaccia alla tutela del patrimonio naturale e culturale, poiché a farne le spese sarebbero anche i 18.000 indigeni che abitano quei territori.

Infatti, gli studiosi hanno elaborato due scenari: in uno l’autostrada rimane chiusa, nell’altro si riapre. Compiendo delle proiezioni della superficie di deforestazione delle aree indigene fino al 2100, i calcoli e i grafici mostrano che, se il progetto andasse in porto, entro quella data le aree indigene si ridurrebbero di 21,079.15 km2 contro i 19,911.23 km2 dello scenario opposto.

Quindi, se già la siccità ha piegato questi popoli, l’urbanizzazione non è da meno. I corsi d’acqua – considerati sacri – sono stati deviati e i loro villaggi trasferiti. Malgrado Lula abbia istituito un ministero specifico per la tutela dei diritti dei popoli indigeni, l’impatto che la BR-319 avrebbe su queste comunità costituirebbe un serio tradimento. Inoltre, sarebbe un favoreggiamento verso quei gruppi illegali che da sempre hanno conteso terre e risorse, procurando danni economici anche al Paese stesso.

La strada è più lunga di quel che si pensa

Un ultimo punto da evidenziare è l’insufficienza dei piani amministrativi brasiliani. Per delimitare l’impatto socio-ambientale della BR-319, il governo utilizza delle procedure che fanno riferimento esclusivamente a criteri geografici. Tuttavia, come dimostrano gli studi del progetto Amazonia 2030 e della Climate Policy Initiative, questo approccio minimizza considerevolmente le ripercussioni sulle comunità amazzoniche. Infatti, si dovrebbe adottare un punto di vista che valuti adeguatamente le ripercussioni economiche sul mercato delle aree chiave investite dal cambiamento. Così, i risultati mostrano che le conseguenze potrebbero ripercuotersi su un’area di circa 300.000 km2, di gran lunga superiore a quanto prospettato all’inizio.

L’Amazzonia tra realismo e benessere

Nel 2021 le immagini satellitari mostravano come la quantità di CO2 assorbita dalla foresta amazzonica fosse incredibilmente inferiore a quella rilasciata, proprio a causa dei continui diboscamenti che producevano la fuoriuscita di carbonio. Le conseguenze erano gravi anche dal punto di vista sanitario, provocando un peggioramento della qualità dell’aria nelle aree circostanti.

Invertire questa tendenza è di fondamentale importanza per l’equilibrio climatico. L’ottimismo portato da Lula sta già lasciando il posto a fredde politiche realiste che dimostrano la miopia delle logiche economiche. L’impatto socio-ambientale della BR-319 evidenzia che il profitto a breve termine contraddice il benessere, ottenibile solo con politiche lungimiranti che sappiano misurare con cautela ogni singola decisione, specialmente in un periodo di fragilità come quello in cui viviamo.

Alessandro Chiri

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