Alla luce delle pesanti crisi sociali che caratterizzano questo periodo storico, tra massacri, disuguaglianze e ingiustizie, la capacità di amare il prossimo in modo disinteressato, considerata l’origine di ogni credo religioso, sembra essere una virtù anacronistica e non adatta a quest’epoca che, nonostante sia caratterizzata dalle connessioni, è abitata da individui sempre più schivi, sospettosi e soli. Assoluta fonte d’ispirazione nell’agire umano, le varie declinazioni dell’amore sono studiate da millenni: se questo concetto astratto influisce così tanto nella vita delle persone, forse è anche la mancanza di una cultura sull’amore puro e disinteressato che sta contribuendo a un vero e proprio collasso della civiltà?
Cosa vuol dire amare? Le forme dell’amore negli studi dell’antichità
Sin dai tempi dei filosofi greci, gli esseri umani si interrogano su cosa vuol dire amare e quali sensazioni l’amore porta con sé. Una delle accezioni più pure dell’amore è l’Agàpe, termine greco che indica l’amore disinteressato, immenso e smisurato. L’Agàpe è l’amore spirituale, la base delle religioni che unisce le persone in un clima di convivialità. Sotto questo aspetto, la capacità di amare è considerata una spinta energica che contribuisce a migliorare la collettività grazie a virtù intrinseche come la compassione e la gentilezza.
Per i cristiani, l’Agàpe è il punto più alto dell’amore, quello di chi dona tutto sé stesso agli altri senza pretendere nulla in cambio, incondizionatamente. Diverso, ma complementare è l’Eros, che rappresenta l’amore fisico, terreno e del desiderio. Il nome deriva dal dio della mitologia greca e con questo tipo di amore si identifica il principio divino che spinge gli esseri umani verso la bellezza. L’Eros identifica quindi l’amore passionale che si prova verso un altro individuo. Per Platone, l’Eros aiuta a riconoscere il richiamo della bellezza e contribuisce alla comprensione della verità spirituale attraverso la contemplazione della bellezza presente e vivente in quella persona.
Il termine Philia indica invece un forte rispetto reciproco tra due persone di status simile, è stato sviluppato da Aristotele e comprende la lealtà verso gli amici, i parenti e la comunità di appartenenza. Questo tipo di amore richiede virtù come l’uguaglianza e la familiarità, le ragioni che lo muovono sono pragmatiche e mirano al benessere reciproco. Nel suo significato più esteso, Philia comprende “l’amore della mente“, cioè l’affinità elettiva tra due individui con obiettivi comuni.
Amare nella post-contemporaneità: l’Amore liquido di Bauman
Se nel Novecento lo psicologo Erich Fromm sosteneva che l’amore non è nulla senza impegno, per il sociologo Zygmunt Bauman nella post-contemporaneità è proprio la capacità di concentrarsi su unico obiettivo che viene a mancare. In “Amore liquido. Sulla fragilità dei legami affettivi“, pubblicato nel 2003, Bauman si interroga sull’ambiguità degli individui contemporanei, costantemente intenti ad instaurare legami relazioni, sia reali che virtuali e allo stesso tempo sono preoccupati che questi legami non si condensino, così da potersene disfare in qualsiasi momento e disperdendone il potenziale emozionale. La visione di Bauman è apocalittica, ma non lontana da questa realtà.
Venendo a mancare l’impegno viene a mancare il senso di progettualità, indispensabile per lo sviluppo nelle società civili e, in un’epoca in cui ogni stimolo sembra essere più interessante dell’altro, la confusione è talmente alta che scegliere di concentrare le proprie energie su un specifico stimolo non è considerato attraente come nel passato. Esattamente come gli oggetti, le relazioni sono diventate prodotti da consumare, pronte per essere gettate alla comparsa del primo difetto.
Per Bauman, che ha vissuto due guerre ed ha studiato in prima persona ogni fenomeno sociale avvenuto nel corso del Ventesimo secolo, grazie all’incontrollato sviluppo della digitalizzazione, gli esseri umani vivono isolati nell’aridità relazionale. Stare da soli non è per forza un male, anzi è necessario per conoscersi e comprendersi, ma la solitudine dell’individuo postmoderno implica connessioni continue e così diventa impossibile stare con qualcuno, ma anche stare da soli.
Le sfide del Ventunesimo secolo: l’amore tossico e l’educazione all’affettività e alla sessualità
Parallelamente, all’amore liquido di Bauman si contrappone l’amore tossico. Con questo termine si intende descrivere tutti quei comportamenti finalizzati al controllo dell’Altro che in un legame interpersonale causano danni emotivi, problemi di comunicazioni e dinamiche nocive. Al contrario dell’amore liquido, nell’amore tossico allontanarsi dal partner è complicato. Ne è un esempio il femminicidio di Giulia Cecchettin dove l’ossessione e il controllo sono stati scambiati per amore e si fa ancora fatica ad individuare l’ingiustificabilità nel comportamento di Filippo Turetta.
Senza entrare nel merito di una delle vicende in assoluto più dolorose nella storia italiana, la certezza è che chi ti ama veramente non dovrebbe mai farti del male perché in una relazione davvero sana due persone continuano ad esistere oltre la coppia senza compromettere le rispettive individualità, così che nel rapporto possano sentirsi sia libere che sicure. Per questo una delle sfide principali che l’umanità dovrebbe affrontare è quella legata all’educazione affettiva e sessuale. Sotto questo profilo, il messaggio d’amore che la famiglia di Giulia cerca di diffondere dal suo femminicidio è un atto di coraggio che cerca di guardare oltre le azioni disumane che hanno portato alla morte di Giulia.
Appare chiaro che la globale società postcontemporanea, basata su un occidentalizzato sistema economico capitalistico, patriarcale e squilibrato, non funziona e non garantisce il benessere di tutti i cittadini. Quale sarebbe quindi il ruolo dell’umanità? Se l’amore, in tutte le sue forme, è ciò che rende le persone vive e secondo la filosofia e i principali credo religiosi l’essere umano è venuto al mondo per amare, perché scegliamo consapevolmente di sottovalutarne le potenzialità?
Forse non c’è più tempo per rispondere a questa domanda ma, come per tutte le dinamiche collettive, il cambiamento non può che partire dall’individualità di ognuno. Senza educazione all’affettività, senza una reale consapevolezza dell’importanza di apprendere come si ama non può esistere evoluzione. Il progresso non è lo sviluppo dell’Intelligenza Artificiale, il progresso vero è lo sviluppo dell’intelligenza emotiva e se si sacrifica l’emotività per la produttività, l’essere umano è destinato a vivere una vita infelice e vuota.
Sta ad ognuno di noi scegliere da quale parte stare, se avere un’esistenza degna di essere chiamata tale o se vivere secondo le regole di un sistema sociale che non potrà mai tutelare gli interessi di tutti, semplicemente perché non è stato creato per difendere i diritti di tutti, ma solo quelli di alcuni.
Aurora Colantonio