Australia: lo scorso venerdì il governo ha reso noto un rapporto che prevede una maggiore regolamentazione delle piattaforme digitali, tra cui Google e Facebook.
L’Australian Competition and Consumer Commission, l’autorità antitrust dell’ Australia, ha analizzato l’impatto dei motori di ricerca digitali, delle piattaforme dei social media e degli aggregatori di contenuti digitali. Sullo stato della concorrenza nei mercati dei media e dei servizi pubblicitari. In tale analisi ha riscontrato uno “squilibrio del potere contrattuale” tra le imprese dei media nei loro rapporti con Google e Facebook.
A tal proposito l’ACCC ha esortato il governo federale ad agire per frenare il dominio del mercato di Facebook e Google in Australia. Includendo anche il rafforzamento della legge sulla privacy.
Che si tratti di stampa, radio o televisione, i contenuti generati dai giornalisti e di proprietà delle società dei media vengono visualizzati sui social media e sui motori di ricerca. Spesso senza un accordo negoziato su come, dati e contenuti, vengano monetizzati e condivisi.
Secondo quanto affermato dal ministro australiano delle Finanze Josh Frydenberg, è necessaria una riforma introducendo un controllo che garantisca una maggiore trasparenza sulle loro attività. Il governo annuncerà la sua risposta entro la fine dell’anno, dopo tre mesi di consultazione sulle 23 raccomandazioni del rapporto di 600 pagine.
Sulla scia dello scandalo Cambridge Analytics che coinvolge Facebook, suggerisce un codice di condotta per le piattaforme digitali che offrirebbe agli australiani una maggiore trasparenza e controllo sulla modalità di raccolta, utilizzo e divulgazione delle informazioni personali, dalle piattaforme digitali
Il rapporto esamina importanti argomenti in relazione al settore dei media e della pubblicità in evoluzione. Inoltre esorta all’aggiornamento delle leggi sulle fusioni e che l’ACCC istituisca una nuova filiale dei mercati digitali con poteri di raccolta di informazioni. In modo da poter fornire relazioni periodiche al governo.
Le piattaforme saranno inoltre tenute a sviluppare un codice di condotta, per garantire che i servizi d’informazione siano trattati in modo equo e trasparente e che ricevano tempestivamente notifiche sulle modifiche al ranking delle notizie.
A tal proposito, l’autorità antitrust raccomanda che tali codici siano sviluppati e ratificati dalle autorità di regolamentazione tra i due giganti e le altre imprese dei media. Che garantirebbero alle imprese l’accesso alle piattaforme su “una base equa, coerente e trasparente”.
Il resoconto dell’Australian Competition and Consumer Commission
Il rapporto preliminare dell’ACCC, pubblicato a dicembre, ha rilevato che sia Google che Facebook hanno “un notevole potere sul mercato”, inoltre proponeva significative sanzioni se le società avessero violato le leggi sulla privacy. E all’epoca Sims (presidente dell’ACCC) affermò che erano in corso cinque indagini sull’uso improprio del potere di mercato da parte dei giganti digitali.
Stando ai dati riportati risulta che oltre il 98 percento delle ricerche online su dispositivi mobili, in Australia, è effettuato con Google. Della popolazione australiana di 25 milioni, 17 milioni di questi sono iscritti a Facebook, e in media effettuano un collegamento ogni 30 minuti (al giorno).
Ciò comporta timore per la facilità e la portata con cui le piattaforme digitali (come Google e Facebook) raccolgono dati sui consumatori australiani. Notando la difficoltà degli utenti a bloccare del tutto la pubblicità mirata.
Sebbene non tutte le entrate pubblicitarie online vanno su piattaforme digitali, la percentuale maggiore arriva comunque ai due giganti. Il mercato pubblicitario online in Australia è cresciuto, tra il 2014 e il 2017, di 3,1 miliardi di dollari di cui Google e Facebook ne rappresentano il 70%.
Ragion per cui Il rapporto propone di impedire l’installazione del browser Internet di Google (Chrome) come browser predefinito su dispositivi mobili, computer e tablet. Oltre che di interrompere l’installazione del motore di ricerca di Google come motore di ricerca predefinito sui browser Internet.
Per un decennio Facebook si è autoregolato per mantenere gli interessi dei suoi 2,4 miliardi di utenti. In seguito a varie circostanze discrepante tra cui: alle interferenze russe nelle elezioni presidenziali statunitensi (USA 2016), le fake news.
Anche lo scandalo Cambridge Analytics dove una società di estrazione di dati politici, affiliata alla campagna presidenziale 2016 di Donald Trump, ha erroneamente avuto accesso ai dati personali. Di ben 87 milioni di utenti. Le autorità di regolamentazione in Europa, Australia, USA hanno iniziato a tener conto della situazione.
Facebook ora affronta la prospettiva non solo di miliardi di dollari in multe aggiuntive, ma anche di nuove restrizioni in tutto il mondo. Ad esempio, ad aprile l’Australia ha approvato leggi che porterebbero all’arresto dei dirigenti dei social media. Nel caso in cui le loro piattaforme trasmettessero scene violente in tempo reale, come le sparatorie alla moschea della Nuova Zelanda.
Felicia Bruscino
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