L’antieroe: perché apprezziamo personaggi moralmente discutibili

antieroe

Dr. House, Dexter, Loki, Daenerys Targaryen, Walter White: sono tutti personaggi caratterizzati dal loro non-essere eroi. Personaggi dalla moralità ambigua, capaci però di attrarre l’attenzione del pubblico: parliamo della figura dell’antieroe.

 

L’antieroe è un tipo di personaggio particolarmente apprezzato dal pubblico proprio per la zona grigia in cui si pone. Se l’eroe e l’antagonista si trovano quindi in zone morali ben definite – bontà e malvagità –, questo non avviene per l’antieroe.

Si tratta, infatti, di una figura che fa della propria dubbia moralità un punto di forza. Eredita, da una parte, alcune caratteristiche dell’eroe, come il ruolo di protagonista e alcune doti generalmente percepite come positive, quali l’intelligenza, la forza o la determinazione.

Tuttavia, a queste affianca una serie di elementi tipici, invece, dei personaggi negativi; aspetti come l’egoismo, la superbia, la menzogna o il tradimento, la crudeltà o la freddezza.

 

La moralità relativa dell’antieroe

Ma come può un personaggio fondamentalmente negativo e portatore di disvalori diventare, in qualche modo, il beniamino del pubblico? Come si può portare lo spettatore a empatizzare con una figura che dovrebbe invece disprezzare?

Ciò avviene grazie all’uso di ciò che Jason Mittel definisce “moralità relativa”: l’antagonista è collocato all’interno di un contesto dove la sua moralità, per quanto discutibile, è percepita come migliore di quella degli altri personaggi. In altre parole, il protagonista negativo riesce a creare empatia con il pubblico – e farsi apprezzare – perché è circondato da figure peggiori di lui.

 

Apprezzare il villain

Oltre alla moralità relativa, l’antagonista sfrutta altri meccanismi per farsi apprezzare dal pubblico.

Anzitutto, spesso l’antieroe è un personaggio dotato di grande fascino. Di successo, di grande intelligenza o di grande sagacia, molto ironico o fortemente sarcastico; il protagonista negativo è comunque dotato di caratteristiche che lo rendono – sotto punti di vista diversi da quello morale – una persona intrigante.

Inoltre, la tridimensionalità data al personaggio dalla compresenza di lati positivi e negativi lo rende in qualche modo più sincero, più umano, più incline all’errore e, per questo, più realistico.

Con la sua amoralità, infine, permette allo spettatore di dare sfogo al lato negativo di sé, invitandolo ad indovinare la prossima mossa, consentendogli di indossare – a livello finzionale – i panni del villain, creando quasi un effetto catartico.

L’unione di caratteristiche positive e negative, il contesto narrativo e la funzione catartica che l’antieroe può rivestire danno come risultante un personaggio complesso, le cui azioni sono difficilmente prevedibili. Si crea così un effetto di profondità nell’antieroe che, anche per questo, riesce a farsi apprezzare dal pubblico.

 

Angelica Frigo

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