“L’alluvione”: anatomia di un disastro annunciato

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“L’alluvione” è un’ambizione produzione polacca targata Netflix, che racconta del disastro naturale che ha colpito Breslavia nel 1997

Il 12 luglio 1997, dopo settimane di tensione e disperati tentativi di evitare il disastro, la città polacca di Breslavia fu colpita da quella che è stata definita l’alluvione del millennio. Per quasi un mese, i seicentomila abitanti della città dovettero fare i conti con l’esondazione del fiume Odra e dei suoi affluenti, costretti ad affrontare il più grande disastro avvenuto in Polonia dal secondo dopo-guerra. “L’alluvione”, miniserie di sei episodi prodotta da Netflix e disponibile sulla piattaforma da ottobre 2022, si propone di portare in scena una ricostruzione minuziosa del disastro, che pur distaccandosi dalla realtà per quanto riguarda le storie personali dei protagonisti rimane fedele in maniera straziante nel raccontare gli eventi che hanno portato al disastro di Breslavia e le sue devastanti conseguenze.

Il risultato è una produzione ambiziosa, che nella prima parte ricorda per toni e tensione narrativa quel capolavoro che è Chernobyl di HBO,  un’analisi dettagliata non soltanto della catastrofe e delle sue conseguenze, ma soprattutto dell’impossibilità umana di prevenire e accettare la potenza distruttiva della natura.

Il disastro di Breslavia tra realtà e finizione

La serie inizia a raccontare i fatti di Breslavia a partire dalla fine del maggio 1997, quando per la prima volta i livelli dell’acqua del fiume Odra e dei suoi affluenti iniziano a destare la preoccupazione delle autorità locali. Nella speranza di provare a contenere il graduale innalzamento delle acque locali, l’aspirante segretario comunale Jakub Marczak (Tomasz Schuchardt) suggerisce di chiedere aiuto alla sua ex fidanzata Jaśmina Tremer (Agnieszka Żulewska), un’idrologa di grande esperienza alle prese con la dipendenza da metadone. Jaśmina comprende presto che la minaccia che incombe su Breslavia è molto più grave di quanto le autorità locali si aspettino e con il supporto di Jakub si impegna per creare un piano che, tramite l’intervento delle forze dell’ordine e di scienziati esperti, possa in qualche modo arginare le conseguenze potenzialmente disastrose che l’alluvione comporterebbe.

Tra gli iniziali passi falsi di Jaśmina e la reticenza della classe politica polacca, più preoccupata dei risvolti elettorali della vicenda che dei danni umani e materiali che il disastro naturale potrebbe comportare se non affrontato in anticipo, la prima metà de L’alluvione racconta del mese e mezzo nel quale si sono scontrati a viso aperto tutti quanti avevano interesse a proteggere determinate posizioni davanti all’arrivo imminente della tragedia. Vediamo Jaśmina tentare di limitare le possibili vittime cercando di convincere le autorità a far saltare gli argini dei fiumi nella piana alluvionale che circonda Breslavia, mentre gli agricoltori di quella stessa zona si preparano a combattere per difendere il proprio lavoro e territorio, spaventando quella classe politica che contava proprio sui voti della categoria alle successive elezioni.

Spaziando tra finzione e realtà, lo scontro tra autorità e popolo, tra politici e scienziati, uomo e natura dilaga nella prima parte de L’alluvione, mentre vediamo inevitabilmente il livello dell’acqua salire, fare sempre più propri gli spazi che l’uomo aveva richiamato per sé. Significativa a questo riguardo è la scelta di mostrare, all’interno del terzo episodio, come insieme all’acqua anche gli animali inizino a riprendersi una libertà loro negata, a partire dai topi che risalgono dalle fogne fino ai ragni sul soffitto e, soprattutto, il coccodrillo che scappa finalmente dallo zoo.

Le vicende personali dei personaggi presentati nella serie sono pura finzione e, sebbene in alcuni casi l’approfondimento psicologico loro dedicato risulti un’estensione naturale e ben costruita dell’esplorazione del disastro naturale, molto più spesso queste costituiscono la parte più debole di “L’alluvione”, spezzando il ritmo narrativo e spostando il focus della narrazione dal dramma collettivo che invece ne dovrebbe essere il centro.

La miniserie Netflix racconta il peso delle scelte impossibili e l’incapacità umana di accettare la propria impotenza davanti al disastro naturale

Quello che permea l’intera visione della miniserie polacca è l’angosciante senso di impotenza provato dallo spettatore davanti al rapido avanzare della tragedia. Mentre i protagonisti lottano ognuno per ciò che ritiene più giusto, che sia salvare il maggior numero di vite, preservare l’elettorato o difendere il lavoro di una vita, al pubblico non rimane che lasciarsi trasportare all’interno di una vicenda che sa già finirà in tragedia, cercando di comprendere cosa si sarebbe potuto fare per evitarla.

Ognuna delle scelte, spesso impossibili, compiute dai protagonisti de L’alluvione lascia intravedere la possibilità di un esito diverso, che tuttavia avrebbe comunque comportato una tragedia per qualcun altro, perché davanti alla potenza straripante di un fiume in piena costruire e far saltare argini sembra solo il disperato tentativo di sentirsi in controllo quando non si ha più alcun potere. Non rimane allora che cercare riparo, che tendere mani agli sconosciuti e ricucire i legami che si credevano perduti, perché se il singolo individuo può sopravvivere, alla fine da solo non riuscirà a salvarsi.

Perché “L’alluvione” è una miniserie attuale

Il dolore, l’impotenza e l’inevitabilità del compromesso raccontati in “L’alluvione”, così come la fragilità della vita umana esposta davanti alla potenza inesorabile della natura, sono qualcosa con cui l’umanità dovrà fare sempre di più i conti con l’avanzare della minaccia rappresentata dal cambiamento climatico. Allo stesso tempo, l’ineluttabilità della tragedia è associata alla resistenza instancabile dell’essere umano, al formarsi di legami e solidarietà, al tentativo di rialzarsi e ricominciare, facendo meglio dell’ultima volta.

La miniserie polacca, al netto di qualche sentimentalismo eccessivo nella seconda metà e di una tensione narrativa che perfetta nei primi tre episodi crolla con l’arrivo dell’alluvione a Breslavia, è una straziante e necessaria anatomia di una tragedia dimenticata, che si riallaccia a un presente (e a un futuro) in cui disastri naturali simili sembrano farsi sempre più frequenti e potenzialmente devastanti. Quella de “L’alluvione” è una storia che fa male nei suoi sprazzi di realtà, quando si allontana dai personaggi per mostrare il quadro generale, e lo fa perché in fondo, in quella tragedia, possiamo scorgere qualcosa che riguarda tutti noi.

Chiara Bresciani

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