L’accoglienza di chi non pensa solo a se stesso: l’esempio della Sardegna

In questi giorni si sta organizzando l’accoglienza per i profughi ucraini. Varie proposte di ospitalità arrivano anche dai paesi più piccoli dell’entroterra della Sardegna.

Le iniziative per l’accoglienza si moltiplicano e arrivano notizie di varie disponibilità da tante zone d’Italia. La Sardegna è una delle regioni più attive. Ma siamo sicuri che sia giusto mandare queste persone in paesini dove, oltre a non essere presente un supporto psicologico, manca persino il medico di base?



L’accoglienza delle istituzioni sarde

Abbiamo assistito a numerose iniziative legate al mondo politico come ad esempio il viaggio organizzato dall’ex Presidente Cappellacci. Il deputato, grazie ad un’organizzazione parlamentare, ha portato beni di prima necessità in Ucraina per poi trasportare in Sardegna tanti profughi in cerca di una sistemazione.

L’assessore con delega alla Protezione civile Gianni Lampis, ha dichiarato che la Sardegna è pronta per l’accoglienza dei profughi ucraini. Partecipando alla videoconferenza col dipartimento nazionale della Protezione civile ha annunciato che il sistema sarà simile a quello già utilizzato in occasione dell’emergenza umanitaria che ha riguardato l’Afghanistan. Le persone saranno accolte in alcune strutture, ricettive e non, grazie all’apporto del sistema regionale di protezione civile e al mondo del volontariato.

Massima attenzione sarà dedicata agli aspetti sanitari. Lampis ha infatti ricordato la circolare del generale Figliuolo con la quale si mettono a disposizione i sistemi sanitari regionali per le vaccinazioni anti Covid. Inoltre è previsto uno screening propedeutico alla successiva dislocazione dei profughi nelle strutture di accoglienza.

Queste intenzioni però creano i primi dubbi in chi conosce la situazione della sanità sarda. I cittadini hanno grosse difficoltà e le strutture spesso non sono all’altezza. Ci si augura quindi che le istituzioni diano un seguito alle parole e che l’organizzazione regionale sia in grado di garantire un’assistenza completa a persone che hanno palesemente bisogno di tutto.

Sarebbe inoltre auspicabile che la sanità diventasse una priorità anche al di là delle emergenze e che gli ospedali venissero potenziati e resi di nuovo pienamente operativi. Non è accettabile avere liste d’attesa infinite o intere comunità senza il medico di famiglia e il pediatra.

L’accoglienza dei sardi

La Sardegna è protagonista di molte iniziative e la questione dell’invasione russa dell’Ucraina è vissuta con molta partecipazione e vicinanza.

La popolazione sarda non si è tirata indietro nonostante le numerose difficoltà e i disservizi del territorio. Anche i paesini più piccoli si sono subito offerti di ricevere i profughi nelle varie strutture che i comuni e i vari enti hanno messo a disposizione.

Qui però sorge il problema principale, già accennato in precedenza, dal punto di vista organizzativo. In alcuni paesi mancano i servizi che sarebbero indispensabili per chi fugge da una guerra. Non sarebbe possibile avere un supporto medico e psicologico.

Nel paese di Olzai (NU) ad esempio non è presente il medico di base e le persone devono convivere con grandi disagi. Questo però non ha impedito loro di dimostrarsi pronti a fare tutto il necessario per essere d’aiuto in una situazione così complicata. Senza egoismi, pensando a chi ha davvero perso tutto, hanno aperto le loro braccia e le loro case.

Chi di dovere dovrebbe pensare che anche questi piccoli paesini sono abitati da cittadini che pagano le tasse e hanno tutto il diritto di usufruire almeno dei servizi indispensabili che riguardano la salute.

Una cosa è certa: hanno dato una grande lezione di generosità.

Le strutture e le case

La disponibilità ad ospitare è arrivata, oltre che dalle strutture dello stato e dei vari enti, anche dalle abitazioni private di chi ha spazio a disposizione o case sfitte.

Qui sorge un altro problema: dividere i profughi nelle varie case potrebbe avere risvolti negativi?

Non si tratta di un discorso legato all’integrazione a lungo termine ma di una accoglienza emergenziale che possa fare da intermezzo sino alla fine della guerra, e al rientro in patria dei profughi.

In questo caso forse sarebbe più corretto utilizzare delle strutture in cui la comunità ucraina non si debba ulteriormente dividere e possa usufruire della rete umana di appoggio che si crea tra chi sta vivendo la stessa orribile situazione. Persino la barriera linguistica sarebbe un problema ed è indispensabile selezionare i luoghi e le persone che possano offrire la soluzione migliore.

Al di là delle decisioni che verranno prese sulla gestione, non si può non ricordare che le persone che si sono immediatamente offerte per aiutare i profughi non si sono fermate all’egoismo di chi potrebbe pensare solo a lottare per riavere i servizi di cui ha bisogno. I sardi hanno deciso di mettersi a disposizione per dividere ciò che c’è con chi non ha più nulla.

La proverbiale ospitalità dei sardi ha ancora una volta dimostrato la meraviglia di questa terra e di chi la abita tutto l’anno, perché la Sardegna non è solo una meta turistica di cui ricordarsi da maggio a settembre.

Alessandro Milia

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