L’aborto in Colombia non è più reato
Ieri la Corte Costituzionale colombiana ha depenalizzato l’interruzione volontaria di gravidanza. Nel paese sudamericano non è più reato abortire fino alla ventiquattresima settimana di gestazione. La decisione della Corte, passata con cinque voti favorevoli e quattro contrari, è arrivata dopo settimane di ostacoli che ne hanno ritardato l’approvazione. Se l’aborto in Colombia non è più reato il merito è soprattutto quello della causa intentata nel 2020 dal movimento Causa Justa che si batteva per la fine della criminalizzazione dell’aborto. Il movimento è composto da una coalizione di 90 organizzazioni per i diritti sessuali e riproduttivi delle donne, profondamente minacciati in questo paese fortemente cattolico e conservatore.
La strategia del movimento femminista Causa Justa
Ha dunque visto la sua battaglia la marea verde di attiviste e attivisti, così chiamati per i fazzoletti verdi che legali e persone esperte dei diritti umani sventolavano alle manifestazioni per il diritto all’aborto in Colombia e in tutto il Sud America. E ha vinto con intelligenza e pazienza secondo una strategia lungimirante. Infatti, Justa Causa puntava nel demandare il reato di interruzione anticipata di gravidanza, anziché proporre un intero nuovo schema di leggi che avrebbe dovuto passare attraverso il Congresso. Ciò ha consentito alla discussione di concentrarsi sulla tutela dei diritti delle donne. In Colombia, infatti, le donne che abortivano non rischiavano solamente di essere perseguite legalmente. Esse subivano anche gravi complicazioni di salute a seguito di interruzioni di gravidanza praticate in cliniche clandestine. Secondo il Ministero della Salute colombiano ogni anno in Colombia muoiono 70 donne a causa di complicazioni legate ad aborti clandestini.
Aborto in Colombia: la cittadinanza era già favorevole
La battaglia degli attivisti di Causa Justa hanno proficuamente condotto il dibattito sull’interruzione di gravidanza nella società civile. Secondo un sondaggio Ipsos che ha analizzato opinioni di tutto il mondo sull’aborto nel 2021″, l’82% della cittadinanza colombiana era già favorevole al diritto all’aborto. Una posizione opposta a quella del Congresso, dove l’influenza delle parti conservatrici, cattoliche o protestanti, è profondamente radicata.
Le terribili conseguenze dello stigma sull’aborto in Colombia
In Colombia fino alla scorsa settimana l’aborto era punibile con la reclusione fino a quattro anni e mezzo. Dal 2006 l’interruzione di gravidanza era consentita, ma solamente in tre eccezioni. Si poteva interrompere la gravidanza se causata da uno stupro, nel caso di malformazione del feto o se c’era rischio per la salute della madre. Lo stigma attorno all’aborto è talmente forte in Colombia che molte donne non usufruivano del servizio nemmeno nei casi in cui gli era consentito. Oppure, il procedimento medico doveva essere assistito da legali, per evitare ripercussioni anche se si fosse ricorso all’aborto nei termini che la legge permetteva. La rigida e ingiustificabile legge affliggeva prevalentemente le popolazioni delle regioni più remote e povere di servizi, e, tristemente, le bambine nelle zone oppresse dal conflitto armato.
Le indicazioni della Corte colombiana
La Corte Costituzionale colombiana ha esortato il Congresso e l’Esecutivo a progettare e attuare nel più breve tempo possibile una politica pubblica globale al riguardo. Le indicazioni riguardano in primo luogo l’informazione, con una chiara divulgazione delle opzioni a disposizione delle donne durante e dopo la gravidanza. Ma anche strumenti per la pianificazione e la prevenzione della gravidanza, lo sviluppo di programmi educativi sull’educazione sessuale e riproduttiva per tutte le persone. È stata precisata anche la necessità dell’eliminazione di ogni ostacolo all’esercizio dei diritti sessuali e riproduttivi riconosciuti dalla sentenza. La sentenza ha inoltre introdotto misure di sostegno per le madri incinte che contemplano opzioni di adozione, e misure che garantiscono i diritti dei nati da donne incinte che volevano abortire.
Un cambiamento radicale per tutta l’America Latina
Questo traguardo fa parte di un radicale cambiamento culturale che investe tutta l’America Latina, guidato dai movimenti femministi e da una generazione più giovane e laica. Assistiamo a un grandissimo passo in avanti nel capo dei diritti per questo grande paese sudamericano, che così si allinea alle altre due nazioni latine più popolose del Sud America. In Messico una sentenza simile è passata a settembre. In Argentina, invece, non è reato abortire dalla fine del 2020.
E nei civili Stati Uniti?
Tutto questo avviene mentre nei progressisti Stati Uniti i diritti riproduttivi e sessuali sono fortemente minacciati a associazioni ultracattoliche di destra. Qui, sia il governo federale sia i governi degli stati hanno intensificato i loro sforzi per ostacolare l’esercizio dei diritti sessuali e riproduttivi, cercando di criminalizzare l’aborto e di limitare l’accesso ai servizi di salute riproduttiva. L’amministrazione statunitense ha inoltre cercato di modificare la politica estera in modo tale da impoverire la tutela dei diritti riproduttivi e sessuali a livello internazionale, secondo il rapporto annuale di Amnesty International sulle Americhe.
Un diritto trascina l’altro
La sentenza rappresenta una nuova pietra miliare per la Corte costituzionale colombiana. Questo organismo ha una lunga storia di tutela dei diritti sociali e democratici. La Corte costituzionale colombiana per esempio aveva già impedito la rielezione a tempo indeterminato. Nel 2016 aveva approvato il matrimonio tra persone dello stesso sesso e stabilito linee guida specifiche per garantire i diritti delle donne alla salute, all’istruzione e alla politica. Tutto questo in un Paese dove fino a pochi anni fa non esisteva una legge sulle quote.
I prossimi passi delle femministe colombiane
Una volta ottenuta la depenalizzazione dell’aborto, i movimenti femministi colombiani hanno annunciato che i loro prossimi obiettivi saranno una maggiore rappresentanza giudiziaria ed economica delle donne, norme di educazione sessuale e la reale applicazione di leggi che tutelano i diritti delle donne, che esisterebbero, ma non vengono applicate.
Irene Tartaglia