Può un libro, che ha l’audacia di restituire al lettore la percezione di un diario di viaggio spazio-temporale tra epoche e longitudini geografiche, raccontare un fenomeno nella fenomenologia sociale di un momento come quello napoletano?
Forse sì, a provarci è il giovane giornalista e scrittore Emanuele Giulianelli con il suo “Kvaradona-Un miracolo georgiano”, libro uscito per la collana “SportPlus” edito da Fandango Libri proprio negli ultimi giorni. Protagonista, facile intuirlo è Khvicha Kvaratskhelia, ala calcistica di grande talento del Napoli fresco campione d’Italia nella vittoria del suo terzo scudetto e già beniamino della sua calda tifoseria oltre che vero e proprio esordiente prodigio della seria A ( già premiato come MVP della massima categoria e il riconoscimento ulteriore del “gol of the season”, quello segnato all’Atalanta in un fazzoletto di terreno tra finte e controfinte prima della conclusione in rete).
Giulianelli, come già aveva fatto in passato raccontando il “calcio d’Arabia” e quello della nobile tradizione slava, ci restituisce ancora una volta un racconto attentamente composto e approfondito su un fenomeno di tecnica ma che porta dentro di sé la storia di una nazione, quella georgiana, e di una piazza come quella di Napoli che vive in profonda simbiosi con la sua dimensione calcistica e nella suo processo di identificazione con gli eroi popolari.
Il viaggio del libro comincia sottolineando anche il processo di internazionalizzazione voluto dalla gestione del presidente della squadra, Aurelio De Laurentiis, grande impresario cinematografico, un processo che passa attraverso le gambe di atleti che rappresentano vari angoli e culture del globo terrestre. Tra queste e tra le più nutrite c’è proprio quella georgiana, una comunità fortemente radicata con la propria identità nazionale (il tema verrà ampiamente poi disquisito nella pubblicazione) che comincia a seguire con grande fervore la rappresentativa partenopea anche attraverso la nutrita presenza di gruppi di supporter che intervengono in ogni partita casalinga della squadra azzurra creando una sorta di ponte tra Napoli e Tbilisi, la capitale del paese natio di Khivicha. Un legame longitudinale che si accresce partita dopo partita, gol dopo gol e giocata dopo giocata, rinforzando quella tratta che non ha più soltanto una valenza commerciale e turistica ma la scoperta di un similitudine anche culturale, storica e sociale.
La longevità del libro, infatti, parte proprio dall’esperienza vissuta da Giulianelli in compagnia dei tifosi georgiani presenti a Napoli alla vigilia della partita valida per l’ottavo di finale di ritorno di Champions League tra la squadra di casa e la compagine tedesca dell’Eintracht di Francoforte. Esperienza ravvicinata che proseguirà con un viaggio in Georgia dell’autore alla scoperta delle origini del nuovo giovane fenomeno che ha conquistato i tifosi napoletani e anche la storia di una civiltà antichissima come quella della Georgia, la storia di un popolo dotato di un profondo orgoglio per le proprie radici, una storia che è coincisa con la sottomissione alla grande Unione Sovietica comunista fino alla grande lotta per l’indipendenza tra la fine degli anni ’80 e i primi anni ’90.
Tantissime le testimonianze interessanti all’interno del volume, da quelle con Badri, padre di Kvaratskhelia, che ha raccontato i primi anni d’infanzia del giovane fenomeno a quelle della dinastia calcistica della famiglia, a quella con il sindaco di Tbilisi, Kaladze, ex stella calcistica del Milan, ma anche i tanti ex compagni di squadra del giovane, a l’ex diplomatico Kadjaja, giornalisti, scrittori, l’insegnate di scuola del piccolo Khvicha, glorie dello sport, ma anche importanti testimonianze dall’Italia come, ad esempio, quelle del noto telecronista e opinionista Lele Adani o della scrittrice Valeria Perrella.
L’aspetto interessante di questo volume, oltre alla sua struttura di diario di viaggio colmo di testimonianze che delineano la storia di un paese, una nazione che rivendica la sua vicinanza all’Europa nella sua spesso martoriata vicenda, di un paese che ama il calcio vissuto come fenomeno di grande gioia e delle sue peculiarità. Un paese semi-sconosciuto ai più se non, forse, per la sua folta rappresentanza migratoria in Italia (soprattutto della sua popolazione femminile, spesso altamente scolarizzata ma relegata al ruolo di badante) e spesso, erroneamente, associato alla grande Russia. La Georgia si presenta invece come un paese con delle caratteristiche ben definite che tra cultura vinicola, cucina, paesaggi caucasici che si muovono tra montagne e il Mar Morto rivendica tante similitudini con l’Italia.
Ma questo libro rappresenta soprattutto la presentazione di un ragazzo che ha l’effige da “antieroe”, assolutamente semplice e dall’identità visiva comune, lontano da certi abitudini e dall’hype da influencer di molti calciatori, dedito al lavoro di campo, al sacrifico, a un certo rigore e a quel senso di orgoglio nazionale che sembra appartenere ai grandi beniamini calcistici che hanno fatto la storia del calcio georgiano.
Caratteristiche che si tramutano in campo cambiando le sembianze dalle semplici fattezze di un ragazzo che diventa istrione del pallone tra guizzi imprevedibili, tecnica sopraffina, dribbling e grandi prodezze, le stesse che lo hanno già reso idolo dei tifosi azzurri e uno dei protagonisti assoluti del capolavoro calcistico di questa squadra guidata da Luciano Spalletti alla conquista di uno scudetto atteso da 33 anni.
Napoli e Georgia non sono mai state così vicine come in questo libro e nel pallone carezzato da quel fenomeno con la maglia numero 77.