È morto di freddo, di abbandono e di solitudine, Boateng Kofie, senzatetto ghanese di 45 anni. È successo l’altro giorno, a Verona.
Da un anno e mezzo viveva su una panchina “antibivacco” senza neppure potersi sdraiare per riposare, dopo che la Polfer lo aveva allontanato dalla stazione. Questione di “decoro”, dicono qui. Ed è in nome di quel “decoro” se Kofie oggi non c’è più. Il quinto ad andarsene solo negli ultimi 12 mesi in città. Tutti senzatetto. Tutti stranieri. Tutti emarginati.
Ma a Kofie è andata peggio. E alla tragedia di una morte straziante si è aggiunto un ultimo, estremo, oltraggio. L’altra notte notte, dopo che il corpo è stato portato via, la panchina sulla quale viveva è stata data alle fiamme da ignoti, insieme alle coperte che erano diventate la sua casa, riducendola in queste condizioni.
Un atto di una violenza e di una disumanità raccapriccianti, da togliere il fiato, nei confronti di un uomo buono, morto di freddo, che non aveva mai fatto del male a nessuno, sempre sorridente, sempre un “grazie” ai volontari della “Ronda della carità” che ogni sera gli portavano coperte, vestiti, un pasto caldo. Questa volta non è bastato.
Addio Kofie, hai vissuto da fantasma e da fantasma te ne sei andato. Ma, se questo articolo arriverà lontano, forse qualcuno saprà finalmente chi sei, chi sei stato, chi sono i tanti Kofie che dormono sulle panchine delle nostre città, nel freddo e nell’indifferenza. E forse, chissà, avrai finalmente un briciolo di quella giustizia che avresti meritato in vita.
Sulla panchina è stato deposto un fiore in suo ricordo. Buon viaggio, Kofie.
Lorenzo Tosa