Rinchiuso nel suo folle, paranoico ma dorato isolazionismo Kim-jong-un, dittatore nord coreano che sfida il mondo minacciando sempre più spesso di fare ricorso al suo arsenale atomico per scatenare una guerra nucleare contro le superpotenze straniere che continuano ad essere sbeffeggiate dal giovane leader della Repubblica Popolare Democratica di Corea, il cosiddetto Regno Eremita e dalla sua mania ossessivo-compulsiva di schiacciare bottoni e lanciare missili.
Proprio qualche giorno fa, il 15 settembre scorso, un nuovo “test” missilistico, l’ennesima provocazione di Kim verso il mondo intero, con il lancio di un missile che ha sorvolato il Giappone a 770 chilometri di altezza prima di finire il suo temerario tragitto di 3700 chilometri a largo dell’isola di Hokkaido, che lo scorso mese aveva conosciuto in prima persona la follia del dittatore nord coreano con un altro test/provocazione.
La nuova dimostrazione di forza della Corea del Nord, in risposta alle ultime sanzioni che l’ONU ha stabilito contro Pyongyang, anche se non sembra costituire la classica goccia che fa traboccare il vaso, mina profondamente la “pazienza” e la tolleranza che il mondo intero, in primis Giappone e ovviamente Corea del Sud, ha mostrato in questi ultimi periodi nei confronti dei deliri di onnipotenza e del “dittatore atomico”.
Ecco quindi che Seoul minaccia nuovamente di uccidere il leader supremo nord coreano e rispolvera l’operazione “decapitazione”, la task force incaricata di stanare ed eliminare il folle dittatore.
Non solo schieramenti di navi e dispiegamenti di forze terrestri quindi, l’obiettivo di fermare Kim-jong-un passa anche attraverso un possibile blitz che ponga fine al pericolo Kim, nonostante questo tipo di operazione mirata, già tentata in passato contro i suoi predecessori non altrettanto folli ma ugualmente pericolosi, ma fallita miseramente.
Infatti, questa non è la prima volta che Seoul decide di assassinare un leader nord coreano: già negli anni ’60 si tentò di eliminare il nonno di Kim infiltrando in Corea del Nord alcuni militari irregolari e criminali che non riuscirono nell’intento e, tornati in patria, si ammutinarono rivoltandosi contro i propri addestratori/mandanti.
Un altro colpo di mano fu tentato dallo zio di Kim, il quale in accordo con i cinesi, tentò di sbarazzarsi del nipote senza riuscirci, finendo per essere giustiziato.
Questa volta, però, Seoul non è intenzionata a ripetere gli stessi errori e, a quanto sembra, la nuova “squadra della morte” incaricata di liberare il mondo dal pericolo rappresentato dal giovane dittatore, sarà composta da una élite di militari professionisti sotto il diretto controllo del Ministero della Difesa Sud Coreano.
Lo sbandierare ai quattro venti la possibilità di attentare alla vita di Kim-jong-un sembra però essere dettata da un mero fine politico il cui vero obiettivo è “spaventare” o comunque mettere sotto pressione il leader di Pyongyang ed indurlo ad una soluzione diplomatica degli attriti tra Kim e la Corea del Sud, con la quale il Nord non ha mai firmato l’armistizio della guerra fratricida iniziata nel 1950.
Sarà sufficiente una minaccia di morte per far “ragionare” il giovane Kim che, in passato, ha dato più volte dimostrazione del suo carattere irascibile e del suo folle e lucido metodo per mantenere e rafforzare la sua autorità passando attraverso esecuzioni sommarie ed omicidi mirati a scapito di chiunque fosse stato percepito come un avversario?