Khader Adnan: il leader palestinese morto in carcere dopo 86 giorni di sciopero della fame

Khader Adnan: il leader della Jihad palestinese morto in carcere dopo 86 giorni di sciopero della fame333

Khader Adnan, 44 anni, eroe della resistenza palestinese contro le condizioni carcerarie israeliane, è morto ieri mattina alle prime ore del giorno nella cella di isolamento di un carcere israeliano, dopo 86 giorni di sciopero della fame. Le autorità israeliane avevano ripetutamente rifiutato di scarcerarlo o trasferirlo

È morto dopo 86 giorni di sciopero della fame in una prigione israeliana Khader Adnan Mohammad Musa, uno dei membri principali del gruppo radicale palestinese del Jihad Islamico che opera nella Striscia di Gaza. Lo sceicco quarantaquattrenne, mentre attendeva di essere processato, aveva iniziato uno sciopero della fame che lo ha portato alla morte per protestare contro il suo arresto avvenuto lo scorso febbraio per il sospetto far parte di un’organizzazione terroristica. Il servizio carcerario israeliano ha riferito ieri che Adnan è stato trovato privo di sensi all’interno nella sua cella e che “il detenuto, arrestato il 5 febbraio scorso, si era rifiutato di sottoporsi a visite mediche e di ricevere cure“. Dopo essere stato portato all’ospedale Assaf Harofeh (Shamir Medical Centre), nonostante i vari tentativi di rianimazione cardiopolmonare, è stato confermato il suo decesso. Questo era il decimo arresto per Khader Adnan, sceicco molto noto titolare di una panetteria nella città di Arrabah in Cisgiordania e padre di nove figli, il quale già in diverse occasioni in passato aveva utilizzato lo sciopero della fame come segno di protesta contro i suoi arresti e contro le condizioni di detenzione dei prigionieri nelle carceri israeliane.

Khader Adnan e l’attivismo contro la detenzione amministrativa

 Le proteste attraverso lo sciopero della fame nei confronti dei suoi arresti ed il suo attivismo politico nei confronti delle condizioni carcerarie israeliane dei detenuti palestinesi avevano fatto acquisire ad Adnan molta popolarità. Dal 2004 infatti, anno in cui ha eseguito la sua prima protesta per 74 giorni attraverso il metodo del digiuno grazie alla quale fu scarcerato, ha effettuato di diversi scioperi della fame, in particolare nel 2012, nel 2014, nel 2021 e l’ultimo quello durato dal febbraio scorso fino a ieri, 2 maggio, il quale ne ha causato la morte. Il 2004 inoltre rappresentò un anno particolarmente importante dal punto di vista dell’attivismo riguardo il tema della detenzione nelle carceri israeliane in quanto vi fu il primo grande sciopero generale della fame durato 17 giorni, durante il quale 10mila detenuti rifiutarono di mangiare. Lo sciopero della fame sembra essere infatti l’unico mezzo per i detenuti palestinesi delle carceri israeliane in grado di consentire loro la scarcerazione. Questi prigionieri sono sotto “detenzione amministrativa“, una procedura equivalente ad una custodia cautelare, la quale permette ad Israele di detenere persone per periodi rinnovabili a tempo indeterminato ogni 6 mesi, senza che vi siano accuse formali.

Palestina e Israele: lo scontro si inasprisce

Le reazioni causate in seguito alla morte di Khader Adnan sono state svariate e soprattutto immediate. Innanzitutto, dopo la divulgazione della notizia della morte di Adanan effettuata dai minareti delle moschee di Gaza, sono stati lanciati tre razzi dalla Striscia di Gaza, i quali fortunatamente sono caduti in aree disabitate senza provocare danni. Ma gli attacchi non sono terminati qui. Durante l’arco della giornata sono infatti stati lanciati più di venti razzi da Gaza verso Israele, uno tra questi è inoltre caduto in un cantiere edile di Sderot, causando un ferito grave. Successivamente, le forze armate di Gaza hanno pubblicato un comunicato in cui affermano di essere loro gli artefici del lancio dei razzi e in cui avvertono che “Si tratta di una prima reazione al crimine disgustoso, che provocherà reazioni del nostro popolo su tutti i fronti”, mettendo in guardia Israele dal compiere altre aggressioni e sottolineando che “la resistenza resta in elevato stato di allerta”. Non sono mancati provvedimenti da parte di Israele, che ha risposto con attacchi di artiglieria a Gaza ed ha immediatamente ordinato ai residenti intorno a Gaza e Sderot di restare vicino ai rifugi.

Un assassinio deliberato

Il Jihad Islamico ha subito accusato Israele di essere colpevole della morte in carcere di Adnan ed ha prontamente fatto sentire la sua voce, dichiarando in un comunicato che che “la sua morte sarà una lezione per generazioni, e non ci fermeremo finché la Palestina rimarrà sotto occupazione” e annunciando uno sciopero generale in Cisgiordania e nella Striscia di Gaza. Il Jihad Islamico non è stato l’unico ad affrontare la questione. Anche il gruppo fondamentalista di Hamas è immediatamente intervenuto. Il portavoce di Hamas, Hazem Kassem, ha fatto infatti sapere che: “il popolo palestinese non lascerà che questo crimine passi sotto silenzio, e risponderà adeguatamente. Il percorso della rivoluzione e della resistenza si intensificherà“. Secondo Hamas, inoltre, come riportato dal The Times of Israel, la morte di Adnan è “un’esecuzione a sangue freddo da parte dei servizi di sicurezza israeliani“. Questo è anche il pensiero dell’Aurotità nazionale palestinese (Anp). In un comunicato riportato dall’ageniza di stampa Wafa, il premier palestinese Mohammed Shtayyeh, ha infatti accusato Israele di aver compiuto “un assassinio deliberato, respingendo la sua richiesta di rilascio, non garantendo cure mediche e tenendolo in cella nonostante la gravità delle sue condizioni di salute” ed ha sollecitato un’inchiesta internazionale sulla morte di Adnan.

Simone Acquaviva

 

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