Il presidente kenyano William Ruto ha revocato il divieto di disboscamento. La moratoria era stata imposta nel 2018 per la tutela dell’ecosistema nazionale e delle riserve idriche. La controversa decisione, che nelle intenzioni di Ruto dovrebbe portare alla creazione di nuovi posti di lavoro, non è piaciuta agli ambientalisti preoccupati per i rischi del disboscamento illegale.
Dopo sei anni, il presidente William Ruto ha revocato il divieto di disboscamento in Kenya. “Abbiamo deciso di riaprire la foreste alla raccolta del legname, per creare posti di lavoro per i nostri giovani e creare nuove imprese”. E’ con queste dichiarazioni, rese ai media nazionali, che Ruto ha giustificato la propria decisione che pone fine all’embargo sulla raccolta del legname in tutte le foreste pubbliche e comunitarie.
L’embargo era stato annunciato nel 2018 proprio da Ruto, allora vicepresidente del governo, che si schierò a favore della moratoria per combattere il disboscamento illegale. Oggi, invece, le cose sembrerebbero essere cambiate, perché nelle intenzioni del leader kenyano il legname raccolto in più servirà a realizzare i mobili e tutti gli altri prodotti in legno che il Paese importa dalla Cina, rivitalizzando la disastrata economia nazionale. Ruto ha assicurato che saranno tagliate soltanto le piante più vecchie, annunciando anche un piano governativo che prevede la piantumazione di 15 miliardi di alberi in 10 anni.
La mossa non è piaciuta agli ambientalisti che non si fidano delle rassicurazioni del presidente kenyano per il futuro delle foreste comunitarie e hanno già messo in guardia sui rischi imminenti per l’ambiente e la popolazione. Secondo Greenpeace Africa, la controversa decisione del Kenya rischia di avere “conseguenze ambientali catastrofiche”. Paula Kahumba, attivista ambientale e conservazionista, ha osservato che la revoca del divieto potrebbe esporre il Paese al disboscamento illegale, causando danni incalcolabili negli anni.
Quali sono i piani del governo kenyano
Stretto tra la grave crisi economico-finanziaria che ha spaccato il Paese da un lato, e le proteste guidate dall’opposizione dopo la recente approvazione di una legge di bilancio che promette di aumentare ulteriormente la povertà dall’altro, il presidente Ruto ha difeso la propria decisione di revocare il divieto di disboscamento, inserendo il provvedimento in un piano più ampio di interventi per risollevare l’economia nazionale.
Nelle intenzioni di Ruto, la revoca della moratoria è destinata a creare posti di lavoro e aprire settori dell’economia strettamente legati allo sfruttamento delle risorse forestali nazionali. Per diminuire i danni provocati dalla deforestazione, il Kenya forest service (Kfs) ha fatto sapere che saranno varati piani di raccolta specifici per abbattere un massimo di 5.000 ettari di alberi all’anno e questo garantirà un profitto dagli investimenti nelle piantagioni forestali. Lo stesso Ruto ha assicurato che nelle stesse aree interessate dai tagli verranno piantati fino a un milione di nuovi alberi.
Secondo l’agenzia governativa, designata dal Forest Act del 2005, le piantagioni forestali costituiscono il 6% del patrimonio forestale del Kenya e le specie di alberi esotici hanno un periodo di rotazione di 25-30 anni, passato il quale possono essere tagliate. Stando alle dichiarazioni del Ksf, il governo kenyano avrebbe già predisposto una serie di accorgimenti per poter operare in sicurezza, riducendo gli effetti della deforestazione sull’ecosistema e le popolazioni indigene.
Il Kfs avrebbe, infatti, automatizzato il processo di rilascio delle licenze di raccolta delle piantagioni che da adesso dovrebbe avvenire tramite i conservatori forestali della contea. Infine, l’agenzia avrebbe anche già automatizzato il pagamento delle tasse per garantire il rispetto delle normative fiscali governative.
I rischi per l’ecosistema
Nel 2018, il governo del Kenya aveva imposto la moratoria sul disboscamento per proteggere le foreste montane del paese, le famose “torri d’acqua”, fondamentali per l’ecosistema e per la sopravvivenza delle popolazioni indigene. L’embargo, annunciato proprio da Ruto, allora vicepresidente, era stato adottato per frenare il fenomeno dilagante del disboscamento che negli anni ha progressivamente ridotto le aree forestali del Kenya, prima dell’indipendenza (nel 1963) equivalenti al 12% del territorio e oggi pericolosamente ferme al 7,5%.
La decisione attuale, rappresenta, quindi, un vero e proprio passo indietro, soprattutto se si tiene conto che soltanto pochi giorni fa una deputata del parlamento del Kenya aveva accolto il presidente Ruto a Kaptagat, nell’ovest del Paese, per l’evento annuale di piantumazione di nuovi alberi nella foresta omonima.
Infatti, anche se la deforestazione sul pianeta è rallentata decisamente negli ultimi anni, l’Africa continua ad essere il continente più colpito da questa pratica, con un’accelerazione della perdita di territori forestali da 3,4 a 3,9 milioni di ettari annui. I principali fattori che contribuiscono ad alimentare questo trend negativo sono: la crescita della popolazione africana, che secondo le proiezioni è destinata a proseguire nei prossimi decenni; l’espansione dell’agricoltura su micro-scala, che sottrae terra alle foreste; l’utilizzo ancora diffuso del legname come combustibile per il riscaldamento domestico.
Le proteste degli ambientalisti
Dura la replica degli ambientalisti che hanno contestato la mossa del presidente Ruto. L’attivista ambientale e amministratrice delegata di Wildlifedirect, Paula Kahumba, ha affermato che la revoca del divieto esporrà il Paese al disboscamento illegale. “È un giorno triste per gli alberi in Kenya. Come saranno protette le foreste? Gli alberi piantati non forniranno il valore ecologico, sociale, culturale e genetico delle foreste di vecchia crescita”, ha dichiarato.
Per Elizabeth Wathuti, responsabile dei programmi del Wangari Maathai Institute, piantare alberi è un modo per mitigare i disastrosi effetti del cambiamento climatico. “Finché gli alberi sopravvivono, trattengono il carbonio al loro interno e possono vivere per lunghi periodi, che vanno dai decenni ai secoli. Gli alberi fungono da serbatoi naturali di carbonio”, ha dichiarato. Per questa ragione, Wathuti ha chiesto al governo di esplorare mercati alternativi come quello del carbonio, dell’ecoturismo e dell’apicoltura, fermando una volta per tutte lo sfruttamento delle risorse forestali.
Tommaso Di Caprio
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