Quella tra lo scacchista Kasparov e Putin è una partita che dura ormai da molti anni. Almeno dai primi 2000, quando il campione di scacchi iniziò a impegnarsi sempre più attivamente per contrastare l’ascesa dell’ex colonnello del KGB. Ad oggi, dopo essere stato più volte arrestato e minacciato, Kasparov risiede negli Stati Uniti. Scacco matto? Niente affatto. Tra Kasparov e Putin, infatti, la sfida continua a distanza. L’inverno sta arrivando (2016, Fandango) ne racconta i retroscena, mostrando all’opera l’accurato studio dell’avversario che solo un grande giocatore saprebbe mettere in atto.
L’inverno sta arrivando: no, questa volta Game of Thrones non c’entra niente. O forse sì. Perché rispetto alla sfida che vede contrapporsi ormai da decenni Kasparov e Putin è vera la famosissima frase che la regina Cersei rivolge a Ned Stark:
Al gioco del trono si vince o si muore.
Sa quanto è vero il campione di scacchi Garri Kasparov. Che, dall’ascesa al potere di Vladimir Putin ha visto la Russia, dopo le aperture seguite dal crollo dell’URSS, cambiare in senso sempre più totalitario. Altro che epurazione del KGB, altro che libertà e democrazia. Così lo scacchista dapprima si è impegnato in politica, fondando nel 2005 il partito socialdemocratico Fronte Civile Unito. Intanto, ha anche portato avanti una militanza dissidente che lo ha portato a essere più volte arrestato e costantemente attenzionato dal regime. Infine, in seguito alle ripetute minacce, si è trasferito con la famiglia negli Stati Uniti. Senza, tuttavia, abbandonare la partita.
Come un giocatore del suo calibro non può non sapere, per battere un avversario ostico occorre studiarlo accuratamente. Con un’attenzione minuziosa, paziente, quasi ossessiva. Putin non fa eccezione. Allora Kasparov lo osserva costantemente, con uno sguardo lucido e affilato sguainato in difesa dei principi di libertà e democrazia. I risultati di questa osservazione confluivano nel 2015 in un libro straordinario: L’inverno sta arrivando. Perché Vladimir Putin e i nemici del mondo libero devono essere fermati. Un libro che letto oggi, 7 anni dopo, durante una nuova guerra in Ucraina, risulta profetico e sconcertante.
La guerra in Ucraina e gli errori dell’Occidente
Nell’introduzione del volume di Kasparov si legge:
Pochi giorni dopo i Giochi olimpici invernali […] Putin dapprima ha fomentato una guerra nell’Ucraina orientale, poi ha annesso con la forza un territorio straniero sovrano […]. Quegli stessi leader mondiali che fino a un anno prima si facevano fotografare sorridenti insieme a Putin si sono infine decisi ad adottare sanzioni contro la Russia e la sua classe dirigente. La Russia minaccia di chiudere le pipeline che riforniscono l’Europa di un terzo del petrolio e del gas. Questo Stato-mafia […] non è più un’agnostica cleptocrazia ma fa ricorso a una propaganda e a una strategia spudoratamente fasciste. E, nel frattempo, viene anche rievocato lo spauracchio messo da parte per anni: la bomba atomica.
Suona familiare, vero? Eppure, come risulta evidente dalla data di pubblicazione del libro, quello che si legge sopra non è un resoconto della guerra in atto. Esso si riferisce, invece, agli eventi del 2014: i “Giochi olimpici invernali” sono quelli di Sochi. Possibile che lo stesso copione si sia replicato pressoché identico?
Possibile, sì. Anzi, dato di fatto: perché, argomenta il campione di scacchi,
le proverbiali forze della storia non vincono le guerre da sole: come dimostra l’esperienza, spesso si può avere successo pur essendo dalla parte sbagliata della storia, purché ci si trovi dalla parte giusta di un oleodotto.
Il conflitto ucraino, argomenta Kasparov, è solo il momento culminante di una politica aggressiva che Putin ha messo in atto sotto gli occhi dell’Occidente. Mentre il cosiddetto “mondo libero” evitava di intervenire, a parere dello scacchista, per ignavia etica e politica e per un compromissorio legame economico instaurato con la Russia e altri regimi dittatoriali. Secondo Kasparov, insomma, l’Occidente ha sbagliato e continua a sbagliare strategia, sottovalutando il dittatore.
Kasparov e Putin: la voce di Cassandra e l’ombra del lupo
Che tra Kasparov e Putin non corresse buon sangue ha reso difficile per lo scacchista far capire la propria visione su Putin in America. Infatti, affermare che Putin rappresentasse una minaccia maggiore di Al Quaeda o dell’Isis lo ha fatto passare per un estremista. Almeno fino all’esplosione del secondo conflitto in Ucraina, quando Kasparov è stato rivalutato come un profeta. Più che avere ragione, però, allo scacchista preme un cambio di paradigma politico e morale delle democrazie occidentali. Infatti, puntualizza nel libro,
non possiamo risolverei problemi della globalizzazione ricorrendo agli stessi strumenti giuridici ed economici che l’hanno creata. Occorrono dunque nuove strutture, fondate sull’etica, per fronteggiare dittature, come quelle di Russia e Cina, che fanno parte integrante del nostro mondo globalizzato. Occorrono inoltre nuove alleanze per combattere network terroristici transnazionali che usano la nostra tecnologia contro di noi. Queste strutture e queste alleanze devono essere edificate su principi etici: le uniche armi con cui i nemici della democrazia non possono competere.
Scegliere di lasciare l’etica fuori dagli affari, cioè, secondo Kasparov ha aperto la strada a esiti fallimentari. Per potersi opporre ai totalitarismi, perciò, occorre recuperare quei principi e tradurli in politiche concrete.
Al mondo occorre una nuova alleanza fondata su una Magna Carta mondiale: una dichiarazione dei diritti fondamentali che venga riconosciuta da tutti gli aderenti. Le nazioni che hanno a cuore la libertà individuale controllano oggi la maggior parte delle risorse mondiali e della potenza militare. Se si uniranno e cesseranno di assecondare i regimi criminali e i finanziatori del terrorismo, la loro integrità e il loro potere d’influenza saranno invincibili.
Per sconfiggere un dittatore, però, occorre un coraggio che (forse) manca
Stati Uniti ed Europa, osserva Kasparov, esitano tuttavia a mettere in atto le misure necessarie per contrastare le azioni criminali dei partner commerciali per interesse economico. L’esempio dell’inerzia dell’Unione Europea, citato in tempi meno sospetti di quelli odierni, è impietoso:
Un boicottaggio europeo, o quantomeno una tassazione pesante sulle importazioni di energia, potrebbe mettere in ginocchio l’economia russa, che dipende completamente dal settore energetico. Ma all’Europa manca la volontà politica di arginare la minaccia alla sicurezza e alle economie globalizzate, più grave in prospettiva,rappresentata da un Putin incontrollabile.
Né è del tutto diverso, nei fatti, l’atteggiamento degli altri Stati democratici. Il che fa amaramente concludere a Kasparov che
I nuovi leader occidentali non vogliono accettare l’esistenza del male nel mondo e il fatto che vada combattuto a partire da principi assoluti, senza negoziare. È evidente che le democrazie del ventunesimo secolo non sono pronte per questa battaglia.
Resta da vedere se, prima o poi, lo saranno.
Di re degli scacchi e criticità argomentative
Quella condotta da Garri Kasparov in L’inverno sta arrivando è una requisitoria durissima non solo contro il dittatore, ma contro i complici. Cioè contro chi asseconda un regime illibertario per interessi economici. Il libro, inoltre, è anche un inno alla democrazia e un dossier dettagliatissimo di uno degli avversari più temibili che l’Occidente si sia trovato ad affrontare. Tuttavia, almeno in questa partita, al termine della lettura viene da chiedersi chi si dimostri davvero lo scacchista migliore tra Kasparov e Putin. Al netto degli errori strategici del presidente russo, infatti, sembra che quest’ultimo giochi la propria partita più freddamente e lucidamente di Kasparov. Al quale sembrano sfuggire due nodi problematici di importanza tutt’altro che secondaria.
Anzitutto, Kasparov pare sopravvalutare l’importanza economica dell’Unione Europea per la Russia. Che, certo penalizzata da boicottaggi e sanzioni, sembra però poter contare su partner commerciali inediti. India e Cina, ad esempio, non propriamente all’avanguardia per il rispetto dei diritti umani, sembrano più che interessate a commerciare con Mosca. Fatto che dimostra una duplice incapacità dell’Europa. Quella di dialogare con questi regimi in modo solido e concreto e quella di raggiungere l’autonomia energetica. In secondo luogo, appare eccessivamente romantico e polarizzato il resoconto delle democrazie occidentali come numi tutelari di valori positivi. Vero, una democrazia imperfetta resta comunque un’alternativa preferibile a un sistema totalitario: su questo non esistono dubbi. Tuttavia, esistono legittimi dubbi sullo stato di salute delle democrazie, prima fra tutte quella americana. Di conseguenza, occorrerebbe quantomeno interrogare a fondo il modello che si auspica trionfi.
Come ricorda lo scacchista all’inizio del volume, in una partita di scacchi «vince chi commette il penultimo errore». Per la nostra libertà, nonostante le perplessità rimaste aperte, c’è da augurarsi che tra Kasparov e Putin non sia quest’ultimo a vincere.