Kanye West vittima e carnefice di se stesso

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Kanye West è uno degli artisti più controversi del nostro tempo. Classe ’77, nasce ad Atlanta, dove cresce con la madre Donda, alla quale dedica il titolo del suo ultimo album (Donda 2). L’artista, a cui tale definizione si adatta perfettamente, è una delle personalità più poliedriche ed eclettiche, influente sia nell’industria musicale che nel fashion world, vantando circa venti anni di carriera.

Negli ultimi due anni, l’attenzione attorno alla sua vita personale, si è intensificata specie quando, l’ex moglie Kim Kardashian, con un comunicato stampa rilasciato nel 2021, ha parlato del bipolarismo di cui soffre l’artista. Al di là delle sue idee e dichiarazioni scomode o fuori luogo, lui stesso ha spesso dichiarato di aver contemplato il suicidio.

Ma perché, da qualche mese, si è scatenata una bufera mediatica intorno a “Ye”? Ebbene, durante la Paris Fashion Week di settembre, ha presentato la sua personale collezione ‘’Yeezy’’, che affonda le proprie radici nella collaborazione iniziata nel 2015 e ormai terminata, con Adidas. In questa occasione, ha scelto di indossare una maglietta con lo slogan provocatorio ‘’White Lives Matter’’. Questa scelta è stata motivata non soltanto dalla volontà di attaccare l’associazione ‘’BLM’’, i cui principali componenti avrebbero utilizzato il ricavato della fondazione per vivere nel lusso. Il suo è stato un tentativo di denuncia verso la radicata supremazia bianca. Discutibile? Non spetta a noi stabilirlo, ma di certo sappiamo che a cavallo del 2023, il razzismo è ancora una realtà, purtroppo.

Ma non finisce qui: Kanye, ha deciso di distribuire queste magliette tra gli Homeless afroamericani, perché potessero indossarle. Ovviamente, c’è stato chi ha espresso il proprio dissenso verso questa pericolosa mossa di marketing. Karefa Johnson, editor di Vogue, l’ha pubblicamente criticato, scatenando l’ira di “Ye” il quale è risaputo che faccia un uso ‘’politicamente poco corretto’’ dei suoi social media. A seguito di quanto successo, Balenciaga ha deciso di interrompere, con Kanye, ogni rapporto lavorativo. Molti personaggi noti, hanno così preso le distanze da ogni sua dichiarazione. Gigi Hadid, il ‘’Clan’’ Kardashian, Tremaine Emory. Quest’ultimo, ha colto l’occasione per accusare “Ye” di “sfruttare” il defunto designer Virgil Abloh, in nome di un’amicizia mai esistita.

Ma cosa c’è davvero dietro tutto questo accanimento? Sono solo gli errori di Kanye o si cela la rottura di schemi in cui il mondo fittizio di Hollywood e, più in generale statunitense, è intrappolato? Negli ultimi giorni, qualunque testata giornalistica, ha criticato Kanye Omari West, il quale sbagliando pubblicamente, si è reso vulnerabile attraverso ogni piattaforma. Con screenshots e dichiarazioni pressoché assurde, antisemite e sconclusionate, poi ritrattate; con teorie sull’omicidio di George Floyd e con richieste di perdono e ammissioni di colpe, si è lanciato da solo nella vasca degli squali. Tutto questo, senza palesemente riuscire a mantenere lucidità e consapevolezza. Ciò che il mondo sembra aver dimenticato è che sia affetto da bipolarismo di tipo 1. Da qualche giorno, ha addirittura richiesto di cambiare nome e cognome, modificandolo semplicemente in ‘’Ye’’, rilasciando interviste come se stesse parlando di un’altra persona.

La sua, però, è fragilità e forza, genio e follia allo stesso tempo. Sono estremamente convinta che sia uno dei migliori artisti viventi. E non lo affermo da fan sfegatata della sua musica o del suo design, perché non lo sono particolarmente. Non lo affermo perché giustifico o appoggio le sue idee. Lo affermo sulla base di ciò che la sua anima è stata in grado di produrre, facendo si che, spesso, il suo stesso bipolarismo fosse veicolo della sua arte.

Ma attenzione: Kanye è Kanye, non è la sua patologia. Mi è stato insegnato a normalizzare le condizioni e le patologie che affliggono l’anima, perché invisibili, ma non meno dolorose. Quello che dovrebbe farci riflettere, è l’ormai trito e ritrito tema della ‘’giustizia’’, del sostegno di ciò che la nostra società categorizza come gli ‘’ultimi’’. L’attenzione mediatica fatta di pura retorica sulle patologie psichiche, si è dimostrata, adesso più che mai, effimera. A nessuno è sembrato interessare della salute mentale di Kanye West. C’è stata un rincorsa a chi, con parole migliori, sapesse annientarlo meglio, perché è così che si fa con chi ha fama: diventa fondamentale il messaggio, si ingigantisce l’errore, si punta il dito e l’analisi si riduce a zero. Improvvisamente non esiste l’essere umano che diventa improvvisamente ‘’pericolo da neutralizzare’’. A nessuno è importato capire la psicologia di chi vive la sua condizione, perché ricco e famoso, quindi ‘’felice’’ e con caratteristiche inumane. Non occorre far riferimento ad una malattia per giustificare cadute di stile, mosse di marketing scomode o dichiarazioni deliranti, ma bisogna tenerne conto. Dov’è, adesso, il tanto millantato politicamente corretto?

Giusy Pisano

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