Di Maurizio Martucci
Favorire una crisi d’autoguarigione, nel curativo rito d’unione tra corpo fisico, anima e spirito, per la ricomposizione consapevole di morte (dell’ego) e rinascita energetica, secondo l’ancestrale medicina sciamanica. Nel verso di una rana, tipo brevi latrati, ripetuti tra il buio della notte e l’alba. Niente a vedere con l’allopatica: “Bak, bak, bak, bak, bak, bak”!
Dalla giungla amazzonica sbarca in Europa la guarigione della Phyllomedusa bicolor, l’anfibio verde delle Hylidae che secerne una sostanza purificante, staccando placche dalle arterie, eliminando cellule morte, normalizzando battito cardiaco e flusso sanguigno, il tutto secondo natura. Senza chimica di sintesi. Prima di brevetti e alcune case farmaceutiche, Vittorio Erspamer (emerito scienziato di farmacologia, Sapienza Roma) fu il primo a studiarne le proprietà: “Tutti gli effetti periferici del kambo, e molti di quelli centrali – sosteneva il due volte candidato Nobel per la Medicina da Rita Levi Montalcini – possono ascriversi alla percentuale straordinariamente alta di peptidi attivi contenuti nella sostanza, che il corpo assorbe facilmente le aree ustionate della pelle”. Non è un allucinogeno e non da dipendenza: i peptidi bioattivi, un portento naturale per innalzare il sistema immunitario, sono da sempre nella farmacopea dei villaggi Matsés, gli indigeni sul Rio Galvez (Perù) che l’usano come un vaccino.
Nella foresta pluviale si chiama sapo, da Peter Gorman in poi (negli anni ’80 lo sdoganò dalla giungla in Occidente) il rimedio è più detto kambo: “Pablo spalmò un po’ di kambo sulla mia carne viva – ripercorrendo le sue avventure, racconta il giornalista statunitense nel libro ‘Kambo, il prodigioso vaccino della rana amazzonica e altre medicine della foresta (Spazio Interiore)’ – in un attimo mi aumentò la temperatura del corpo e dopo qualche secondo sentii un fuoco che mi divorava da dentro: pensai di aver commesso uno sbaglio. Iniziai a sudare. Il sangue mi scorreva veloce nelle vene e il cuore batteva all’impazzata. Vomitai pure l’anima. Iniziai a urinare e defecare. Caddi a terra”. L’assunzione funziona proprio così: senza far male alla rana (rispettata dagli sciamani), attraverso un tiraggio gli viene prelevato il sudore, applicato poi con piccole bruciature su braccia, schiena o gambe del ricevente. Il cocktail di sostanze fa stare male. E pure molto. Tachicardia, sudorazione e vasodilatazione scandiscono il passaggio, col sapore di un’iniziazione. Lo spurgo pare quello di una febbre. Perché poi c’è l’espulsione: con l’evacuazione delle tossine l’insidioso male fuoriesce dal corpo, improvvisamente più forte, tonico e resistente. E c’è chi l’ha già provato: “Abbiamo trattato 300 persone in tre anni, per un totale di quasi 600 applicazioni”, dice Kambo Medicina Italia delineando la portata del fenomeno che, qui da noi, è stimato su un migliaio di seguaci dei curanderos sudamericani. “Il kambo è il rimedio di sanazione naturale più potente mai sperimentato. E’ un gran dono di madre terra e sta all’uomo l’intelligenza di preservarlo e di lasciarlo a disposizione di chi sente il richiamo di questa energia verde”. Per scongiurarne un utilizzo improprio, favorendone uno etico e sicuro, lo IAKP (Associazione Internazionale dei Praticanti Kambo) ha pure stilato un elenco operatori accreditati.
Pioniere italiano è Giovanni Lattanzi. Contrasse l’epatite C in una trasfusione di sangue infetto dopo un incidente, l’anticamera della morte: da più d’un decennio ha intrapreso un percorso di guarigione alternativa, usando Kambo e Iboga, associati nel neologismo di enteogeni. L’iboga è una medicina estratta dalla corteccia di una pianta sacra in Africa, la Tabernanthe Iboga di Pigmei del Gabon e camerunensi. “Le tribù amazzoniche, come quelle africane che risiedono nella fascia centro occidentale – scrive nel corposo libro ‘Kambo e Iboga, medicine sciamaniche in sinergia (Bibliosofica)’: – custodiscono una vera e propria enciclopedia di conoscenze riguardanti un numero vastissimo di piante delle quali conoscono con precisione l’uso. Si stanno rivelando di grande aiuto, sia a livello spirituale che di ricerca scientifica nel cosiddetto mondo evoluto”. Lattanzi (romano, vive ad Amsterdam) li somministra sui meridiani d’agopuntura della Medicina Tradizionale Cinese e sui punti di Riflessologia Plantare e Auricolare: è convinto che le proprietà disintossicanti del kambo si amplifichino coi poteri più emozionali dell’ibogaina, con l’ayahuasca utilizzata nei sacramenti dalla chiesa olandese cristiano-sciamanica del Santo Daime.