La riconferma di Kais Saied alla presidenza della Tunisia

Kais Saied alla presidenza in Tunisia: elezioni vinte

Il presidente uscente della Tunisia, Kais Saied, ha ottenuto una schiacciante vittoria alle elezioni presidenziali del 6 ottobre, raccogliendo oltre l’89% dei voti, secondo gli exit poll. Nonostante il risultato previsto che ha riconfermato Kais Saied alla presidenza della Tunisia, il tasso di partecipazione è stato sorprendentemente basso, fermandosi al 27,7%, un dato molto inferiore rispetto alle precedenti elezioni del 2019. Questo livello di affluenza è il più basso mai registrato per un’elezione presidenziale in Tunisia dal 2011, anno in cui il paese ha dato il via alle Primavere Arabe, ponendo fine alla dittatura di Zine el Abidine Ben Ali.

Candidati limitati e tensioni politiche: le elezioni falsificate

La riconferma di Kais Saied alla presidenza in Tunisia è sicuramente uno di quei fenomeni politici che chiameremmo con il nome di boicottaggio delle elezioni, nonché del processo democratico. La campagna elettorale e l’elezione del presidente si è distinta, come da copione, per i suoi brogli, abusi di potere e voti truccati.

A sfidare Saied c’erano solo due candidati, Ayachi Zammel, un industriale liberale attualmente incarcerato, e Zouhair Maghzaoui, un esponente della sinistra panarabista. Zammel, che ha ottenuto il 6,9% dei voti e che era considerato l’unico reale oppositore del presidente, non ha potuto condurre una campagna elettorale, essendo in prigione per la falsificazione di documenti, mentre Maghzaoui ha chiuso con il 3,9%.

La limitazione dei candidati, con molti esclusi dall’autorità elettorale per presunte irregolarità, ha sollevato critiche da parte dell’opposizione e delle organizzazioni internazionali, che hanno definito le elezioni “sbilanciate”. La carica di Kais Saied alla presidenza in Turchia può dirsi sbilanciata anche per la bassissima affluenza che queste elezioni, rispetto a quelle del 2019, hanno registrato. In particolare, una totale assenza di partecipazione politica viene dalla classe più giovane, dagli elettori compresi tra i 18 e i 30 anni, che hanno registrato un solo 6% di affluenza. 

Accuse di deriva autoritaria

Eletto democraticamente nel 2019, la carica di Kais Saied alla presidenza in Tunisia è stata più volte accusata di aver intrapreso una deriva autoritaria, specialmente dopo il 25 luglio 2021, quando il Presidente ha preso pieni poteri, giustificando la decisione con la necessità di ripristinare l’ordine di fronte all’instabilità politica. Tre anni dopo, molti tunisini e organizzazioni per i diritti umani lo accusano di aver concentrato le sue energie nel reprimere i suoi oppositori, in particolare il partito islamico conservatore Ennahda, che ha dominato la politica tunisina negli anni post-rivoluzione.

Da quel momento, i dati sul tasso di partecipazione, registrato sempre più basso, riflettono la crescente sfiducia della popolazione tunisina nei confronti del processo elettorale e delle istituzioni. Molti osservatori attribuiscono questo astensionismo all’appello dell’opposizione, che ha invitato i cittadini a boicottare il voto dopo che molti dei principali candidati sono stati esclusi. L’autorità elettorale, però, ha minimizzato il problema, definendo il dato dell’affluenza comunque rispettabile.

La lesione dei diritti umani in Tunisia

Nonostante la vittoria annunciata di Kais Saied alla presidenza in Tunisia, il presidente uscente e vincente deve affrontare un’opposizione interna sempre più forte e le critiche di organizzazioni internazionali come Human Rights Watch, che denuncia la detenzione di oltre 170 persone per motivi politici in Tunisia. Anche la legittimità dell’elezione è stata messa in dubbio da analisti e osservatori politici, che considerano l’elezione compromessa dalle numerose esclusioni e dalle limitazioni imposte ai candidati avversari.



Di fatto, da queste elezioni si può comprendere chiaramente che il presidente sta sempre più accentuando e concentrando i suoi poteri, attraverso la limitazione degli organi istituzionali – come il Parlamento e l’esecutivo – oltre al recente boicottaggio delle elezioni. In questo contesto, si posizionano le figure di Giorgia Meloni e Ursula Von Der Leyen: nel 2023, con la benedizione dell’Unione Europea, l’Italia ha stretto un accordo con il regime dittatoriale di Saied per incrementare la Guardia Nazionale Tunisina e pagarla per impedire ai migranti di attraversare il Mediterraneo.

Le autorità tunisine sono state molteplici volte accusate di trattamenti disumani e lesioni dei diritti umani nei confronti dei migranti: dopo aver recuperato in mare i migranti, la Guardia Tunisina ha il compito di portarli sulle coste locali. Da lì, i migranti vengono deportati nelle aree più desertiche del paese e abbandonati ai confini tunisini con la Libia e l’Algeria.

Una dittatura con l’appoggio europeo

L’elezione di Kais Saied alla presidenza in Tunisia sta permettendo al despota di continuare a “costruire la Tunisia” e a combattere la corruzione, ma molti critici ritengono che le sue azioni abbiano minato le fondamenta democratiche costruite con difficoltà nel decennio successivo alla Primavera Araba. La nuova democrazia di Saied cresce all’insegna del bavaglio ai mass media e alla carcerazione arbitraria e indiscriminata di 200 attivisti politici o organizzazioni umanitarie.

Sebbene le denunce per la deriva autoritaria continuano a crescere sempre di più, gli Stati Europei hanno deciso di volgere le spalle e le orecchie a chi in Tunisia chiede salvezza e giustizia. L’Europa infatti ha deciso di portare avanti i suoi accordi con Tunisi nella gestione dei flussi migratori verso le coste italiane, con il grande appoggio della Presidente Meloni.

Lucrezia Agliani
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