Ormai da anni se si pensa alla Palestina ci si figura un popolo schiavo e sofferente, in balia dell’oppressore israeliano. Quest’immagine resta vivida nella mente di tutti, mentre continuano gli abusi e le violenze a Kafr Qaddum
Nell’ultimo anno il mondo è cambiato completamente, somigliando sempre di più ad uno scenario post-apocalittico da fumetto giapponese. Obbligo di indossare la mascherina, distanziamento sociale, ragazzi che seguono le lezioni su un computer. In questo clima di paura e incertezza una cosa non è cambiata: la repressione dell’Israele nei confronti del popolo palestinese. Nelle ultime settimane, nello specifico, gli scontri si sono concentrati a Kafr Qaddum.
Il contesto
Ciò che succede tra Israele e Palestina è ormai noto, e da anni si combattono guerre a suon di parole per sostenere l’una o l’altra fazione. I dibattiti sono spesso accessi e trovano facilmente i favori di alcuni personaggi dell’opinione pubblica. Tuttavia difficilmente i telegiornali ci mostrano le terrificanti immagini provenienti dalla striscia di Gaza.
Sembra che la violenza da quelle parti non faccia neanche più impressione.
Lo stato palestinese dovrebbe comprendere: la striscia di Gaza, la Cisgiordania e Gerusalemme Est. Di fatto l’Autorità Nazionale Palestinese controlla soltanto Gaza e parte della Cisgiordania. Gerusalemme Est è infatti reclamata ed occupata da Israele, anche se nessuno riconosce la sovranità della nazione stellata.
La Cisgiordania è stata divisa in tre zone di interesse: la zona A risponde al Governo palestinese, la zona B è a controllo misto e la zona C risponde al Governo israeliano. Da anni in questa regione si concentrano diversi conflitti, legati soprattutto ai continui insediamenti israeliani.
Nonostante la recente decisione della Corte penale internazionale, che dà inizio alle indagini sull’Israele per crimini di guerra, i soprusi non sembrano fermarsi.
I disordini di Kafr Qaddum
La città di Kafr Qaddum è da tempo al centro degli scontri, e anche nelle ultime settimane gli animi si sono accesi. La città si trova nella Cisgiordania del nord, e vede le sue terre divise tra la dominazione israeliana e quella palestinese.
I problemi e le proteste legate alla dominazione israeliana negli anni sono state diverse e semi-ininterrotte. Diversi motivi hanno portato le persone a protestare in piazza: dal blocco della strada che porta a Nablus, centro nevralgico della cultura palestinese, a diverse uccisioni avvenute per mano degli occupanti.
Nelle ultime settimane la pietra dello scandalo sono stati gli insediamenti che le Forze di Occupazione Israeliane vorrebbero stabilire nella regione. Già nel corso dell’ultima settimana di gennaio si erano registrate marce nella città, che l’esercito aveva prontamente soppresso. Fortunatamente il bilancio parlava soltanto di nove feriti.
Ciò che più impressiona di quegli avvenimenti è però che parallelamente il Servizio Carcerario Israeliano ha preso d’assalto i detenuti palestinesi. Un numero di soldati stimato in centinaia di unità, munito di armi da fuoco, ha picchiato i detenuti e gettato i loro vestiti sotto la pioggia, facendo anche ricorso alle granate a gas.
Queste particolari armi devono essere davvero apprezzate dalle Forze di Occupazione Israeliane, che infatti ne hanno fatto uso di nuovo venerdì scorso, nel corso di nuove proteste, ancora una volta a Kafr Qaddum.
Nel corso della giornata di venerdì infatti i soldati dell’occupazione hanno ferito due giovani con proiettili di gomma ed hanno causato il soffocamento e l’intossicazione di decine di altri, pur non portandoli alla morte. Tutto ciò si è svolto nella cornice di una manifestazione pacifica.
Fonti sul territorio inoltre riferiscono che un gruppo di israeliani ha attaccato alcuni contadini autoctoni nei pressi Khirbet Makhoul, sotto la protezione delle Forze di Occupazione. I soldati hanno inoltre ferito un 65enne, poi ricoverato, ed arrestato il figlio, nel corso del sequestro, assolutamente non motivato, del trattore con cui i due lavoravano.
Marzioni Thomas