La dimensione del sogno non appartiene solo alle ore del sonno. Ma si nasconde nella realtà. Bisogna saper guardare, ascoltare. Servono capacità medianiche per intravederla sotto la dura scorza del quotidiano. Julio Cortázar aveva questo dono. E ne aveva un altro ancora. Quello di riportare su carta le sue intravisioni sullo straordinario nascosto nell’ordinarietà, sfruttando le smagliature nel legame tra parola e significato.
Lo straordinario nel quotidiano
I racconti pubblicati nel 1956, con la raccolta Fine del Gioco, sono porte spalancate sull’invisibile che corre dietro la quotidianità. Sulla possibilità che finzione e realtà si scambino di ruolo.
In Continuità dei parchi un uomo legge un romanzo in cui il protagonista raggiunge una casa di campagna per uccidere un uomo che legge un romanzo, che è lo stesso dell’inizio. Le Menadi è la storia di un concerto di musica classica, che sconvolge i presenti in teatro. Le donne in particolar modo, che al pari delle sacerdotesse di Dioniso evocate dal titolo, in preda ad una frenesia estatica trasformano la loro ammirazione in un rituale selvaggio, fino all’omofagia consumata ai danni dei musicisti.
In Axolotl gli omonimi pesci dagli occhi dorati stregano il protagonista che arrivando a credere in una loro silenziosa coscienza, ne viene conquistato ben oltre l’immedesimazione.
Molte delle storie di Fine del Gioco hanno finali che sovvertono gli eventi accaduti fino a quel momento. La notte supina è forse il paradigma di questa prospettiva. Un uomo ha un incidente in motocicletta e nel corso della sua degenza in ospedale sogna ripetutamente di essere un malteco inseguito da guerrieri aztechi, che vogliono offrirlo in sacrifico alle loro divinità. Alla fine, mentre lo portano sull’altare sacrificale, scopre con terrore che quella è la realtà, e che il luogo strano in cui gli uomini si muovono su strane macchine era il sogno.
In nome della sua ricerca nel solco del “realismo fantastico”, lo scrittore argentino dedica due meravigliosi racconti all’età in cui è il sogno ad essere abitato di reale. I Veleni è la storia di un bambino e della sua coscienza, ancora immersa nella dimensione gonfia di soggettività e senza tempo del gioco, che vive le prime esperienze con il mondo regolamentare degli adulti, con la natura selvaggia e con i sentimenti di attrazione e gelosia verso l’altro sesso. Lo stesso dicasi per la tenerissima storia di Fine del Gioco, che da il titolo alla raccolta, in cui descrive come delle ragazzine in età puberale possano vivere le esperienze dell’amore e della malattia, tra la poetica magica del bambino e la subentrante consapevolezza dell’età adulta.
Con i suoi racconti Julio Cortázar ci invita a guardare la realtà con occhi diversi. Perché la visione razionalista che ci imponiamo, credendo ciecamente alla scienza e alla ragione, è solo una parte di ciò che accade in questa vita.
Michele Lamonaca