Rilasciato Juan Rivero Lazo, generale peruviano condannato per violazione dei diritti umani

Juan Rivero Lazo Perù

Juan Rivero Lazo, generale in pensione e figura centrale dell’epoca Fujimori, è tornato in libertà negli scorsi giorni, suscitando intense reazioni a livello nazionale e internazionale. La decisione è stata resa possibile grazie a un’ordinanza del Tribunale Costituzionale (TC) del Perù emessa la scorsa settimana, che ha posto fine a una condanna a 25 anni di carcere per violazioni dei diritti umani. La vicenda rappresenta un momento cruciale nella riflessione sui limiti della giustizia e sulla complessa eredità di un periodo turbolento nella storia del Paese.

Il rilascio di Rivero Lazo, 83 anni, è stato confermato dal Presidente del Consiglio dei ministri Gustavo Adrianzén durante una conferenza stampa successiva a una riunione del Consiglio dei ministri.

Adrianzén ha mostrato una foto del Generale abbracciato a un familiare, sottolineando l’umanità del momento e ribadendo che la decisione è stata presa in conformità con la legge. Tuttavia, questo sviluppo ha suscitato polemiche, con voci discordanti che mettono in discussione l’impatto della decisione sulla lotta contro l’impunità.

Rivero Lazo, ex capo dei servizi segreti dell’esercito peruviano, era stato condannato nel 2001 per il suo coinvolgimento in gravi violazioni dei diritti umani avvenute durante gli anni più bui della guerra civile peruviana. Questo periodo, caratterizzato dal conflitto tra lo Stato e i gruppi ribelli come Sendero Luminoso ha lasciato cicatrici profonde nella società peruviana.

Il massacro di Barrios Altos

In particolare, il generale Rivero Lazo era stato ritenuto responsabile di crimini legati alla repressione violenta e all’eliminazione di sospetti ribelli in relazione al massacro di Barrios Altos, uno degli episodi più tragici e significativi nella storia recente del Perù. 

Avvenuto il 3 novembre 1991 nel quartiere di Barrios Altos a Lima, questo evento si colloca nel contesto della “guerra sporca” condotta dallo Stato contro il terrorismo e i gruppi ribelli armati. Una squadra del Grupo Colina, un’unità paramilitare clandestina legata ai servizi di intelligence peruviani, irruppe in una festa organizzata in una casa privata, aprendo il fuoco sui presenti e uccidendo 15 persone, tra cui un bambino di otto anni.

Le vittime erano civili, non legate ad alcuna attività terroristica, anche se l’attacco fu giustificato come parte della lotta contro il terrorismo. Infatti, il Grupo Colina era noto per essere un’organizzazione creata per eliminare sospetti membri di Sendero Luminoso e altre figure percepite come minacce allo Stato. Tuttavia, le operazioni di questo gruppo si tradussero spesso in crimini contro civili innocenti, eseguiti con estrema brutalità.

Il massacro di Barrios Altos divenne un simbolo delle atrocità commesse dalle forze statali e segnò una svolta nel riconoscimento delle responsabilità governative nelle violazioni dei diritti umani: la Corte Interamericana dei Diritti Umani condannò il Perù per questi crimini, obbligando lo Stato a indagare e punire i responsabili, oltre a risarcire le famiglie delle vittime.

Nel 2001, con il crollo del regime di Alberto Fujimori, vennero intraprese indagini più approfondite sui crimini commessi dal Grupo Colina e sui legami con l’apparato statale. Lo stesso Fujimori, insieme ad oltre 10 militari coinvolti nella vicenda, fu successivamente condannato per violazioni dei diritti umani, inclusa la responsabilità per il massacro di Barrios Altos ormai riconosciuto come parte di una strategia sistematica di repressione illegale.




La decisione del TC

Il Tribunale Costituzionale ha giustificato la propria decisione sulla base di motivi umanitari, citando l’età avanzata e le condizioni di salute precarie del Generale. Questa motivazione ha sollevato dibattiti accesi nel Paese: se da un lato, i sostenitori del rilascio hanno evidenziato la necessità di un trattamento dignitoso per gli anziani e per chi si trova in condizioni di salute critiche, dall’altro le organizzazioni per i diritti umani e attivisti hanno espresso preoccupazione per il messaggio che questa decisione potrebbe inviare, temendo che possa indebolire gli sforzi per garantire giustizia alle vittime delle violazioni passate.

La liberazione di Lazo Rivera, considerato autore diretto (con controllo di fatto) dei reati di omicidio qualificato, tentato omicidio qualificato e associazione illecita a delinquere, è emersa in merito a una disputa in merito all’inizio effettivo della sua pena: il Generale non era solamente coinvolto nel caso di Barrios Altos ma anche in altre vicende come quella di La Cantuta, per cui Rivera Lazo aveva già scontato 5 anni di reclusione e dunque il calcolo della pena avrebbe dovuto iniziare il 16 dicembre 1993.

Il massacro di La Cantuta è un altro tragico capitolo della storia recente del Perù, quando il 18 luglio 1992 un gruppo di nove studenti e un professore dell’Università La Cantuta, Enrique Guzmán La Valle, furono rapiti dal Grupo Colina e accusati ingiustamente di appartenere al movimento rivoluzionario Sendero Luminoso, in seguito torturati e uccisi. I loro corpi furono seppelliti in una fossa comune, a testimonianza di un crimine efferato e premeditato.

Rivero Lazo aveva chiesto anche l’archiviazione del procedimento contro di lui nel caso di La Cantuta ed altri episodi spiacevoli, che però gli è stata negata dal TC.

Un dilemma di giustizia

Nonostante le argomentazioni legali e umanitarie a favore del rilascio, la vicenda solleva interrogativi profondi sul significato della giustizia in situazioni post-conflitto. Come bilanciare il rispetto per i diritti dei condannati con la necessità di garantire che i crimini contro l’umanità non restino impuniti? Questo dilemma è centrale non solo per il Perù ma per molte altre nazioni che affrontano il proprio passato di violenza e repressione.

Non a caso, le reazioni all’annuncio sono state eterogenee e polarizzanti: per le famiglie delle vittime, la decisione è stata accolta con amarezza e il rilascio rappresenta un ulteriore ostacolo nella ricerca della verità e nella costruzione di una memoria collettiva che renda giustizia a chi ha sofferto.

Nel frattempo, il governo peruviano si trova a dover gestire le conseguenze politiche e sociali della decisione: il rilascio di Rivero Lazo potrebbe influenzare le relazioni tra le forze armate e la società civile, così come il rapporto tra il governo e le organizzazioni internazionali per i diritti umani. Inoltre, potrebbe avere un impatto significativo sulle prossime elezioni, dato che il tema della giustizia e dei diritti umani rimane una questione centrale nel dibattito pubblico peruviano.

Quella di confrontarsi con un passato difficile e costruire un futuro basato sulla giustizia e sulla riconciliazione è una sfida universale, particolarmente sentita in un Paese come il Perù che sta ancora facendo i conti con le ferite del suo passato dittatoriale.

Il rilascio del Generale rappresenta un capitolo che non sarà facilmente dimenticato. Sarà cruciale osservare come il Paese affronterà le implicazioni di questa decisione e come la società peruviana riuscirà a bilanciare memoria, giustizia e umanità in un contesto così complesso.

Sara Coico

 

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