Yossl Rakover di Zvi Kolitz nasce nel 1946 in una camera del City hotel di Buenos Aires. Per il mondo, però, il suo testamento viene recuperato -“tra cumuli di pietre carbonizzate e ossa umane”- fra le rovine del ghetto di Varsavia, raso al suolo dai nazisti il 16 maggio 1943. Quella di Yossl figlio di Yossl è una duplice storia segnata da un solo finale; una profezia che muove da Buenos Aires a Varsavia, e viceversa.
La profezia di Yossl Rakover di Zvi Kolitz si inserisce nella cornice della rivolta del ghetto di Varsavia, iniziata il 19 aprile 1943. Nel giorno della vigilia della Pesach –la Pasqua ebraica- i nazisti irrompevano con i lanciafiamme nel ghetto di Varsavia. In quel momento, da mille bunker sotterranei uscivano ventidue gruppi di combattimento che si scagliavano, armati, contro le SS. Si trattava della prima forma di resistenza ebraica organizzata dai tempi dell’Antica Roma.
Dopo giorni di combattimenti, il 16 maggio seguente, il Gruppenfürer delle SS Jürgen Stroop telegrafafa a Berlino…
Il quartiere ebraico della città di Varsavia non esiste più. La grande azione ha avuto termine alle ore 20,15 con l’esplosione della sinagoga di Varsavia.
Lo stesso rapporto Stroop dichiarava un totale di 56.065 ebrei catturati e annientati dai nazisti nel corso della “grande azione del ghetto”. In una comunicazione successiva, il Comandante del distretto di Varsavia aggiungeva a questa cifra altri 5-6.000 ebrei bruciati o sepolti tra le macerie.
La storia di Yossl Rakover
Tra gli ebrei combattenti del ghetto, vi sarebbe stato un tale chiamato Yossl, figlio di Yossl Rakover di Tarnopol. Costui, nell’attesa di morire, avrebbe deciso di arrangiare su di alcuni fogli il proprio testamento spirituale. Steso a terra e accerchiato dal fuoco, Yossl Rakover di Zvi Kolitz si sarebbe cosparso della benzina contenuta in una piccola bottiglia, salvo poi utilizzarla per preservare dalle fiamme il proprio messaggio.
Ho a disposizione ancora tre bottiglie di benzina, e mi sono care come il vino per l’ubriacone. Quando ne avrò vuotata una su di me, vi introdurrò i fogli su cui sto scrivendo queste righe e la nasconderò tra i mattoni della finestrella di questa stanza.
Unico superstite della sua famiglia e circondato dai cadaveri degli undici compagni con cui aveva condiviso i giorni della resistenza, nel suo ultimo atto Yossl Rakover si sarebbe rivolto a Dio; e come Giobbe avrebbe riproposto -in chiave contemporanea- il tema biblico della sofferenza dei giusti. Tuttavia, Yossl Rakover di Zvi Kolitz non avrebbe chiesto -come il Patriarca nell’Antico Testamento- la ragione di quel male, ma si sarebbe rivolto a Jahvè come un esigente creditore.
Prima, quando vivevo nel benessere, avevo con Lui il rapporto che si ha con un instancabile benefattore, e nei suoi confronti rimanevo sempre in debito. Ora quello che ho con Lui è il rapporto con uno che anche a me deve qualcosa, che mi deve molto.
La storia della storia di Yossl Rakover
Ma la storia della storia di Yossl Rakover nacque, in realtà, dalla penna di Zvi Kolitz (1912-2002), ebreo e scrittore lituano. L’ opera, intitolata “Yossl Rakover si rivolge a Dio”, venne pubblicata per la prima volta dalla Jiddische Zeitung, una rivista in lingua yiddish di Buenos Aires, il 26 settembre 1946.
Successivamente, questa oltrepassò l’oceano per approdare in Israele, dove l’allora editore della Goldene Keyt decise di ripubblicarla. Benché il testo le fosse stato recapitato privo del titolo e della breve epigrafe, la Rivista di Tel Aviv lo diffuse come autentico.
A nulla servì, a quel punto, la rettifica dell’autore. Non solo l’opera continuò ad essere divulgata come attendibile (prima in tedesco e poi in francese) ma la stessa pretesa di Kolitz venne additata come opportunista.
La paternità di Zvi Kolitz
A sostenere la causa dell’Autore lituano fu, per primo, Emmanuel Levinàs (1906-1995). In un saggio del 1963, il Filosofo dichiarò di riconoscere, nella forma di Yossl Rakover si rivolge a Dio, la bellezza tipica della finzione letteraria.
In seguito, anche Paul Badde avviò un’inchiesta sulla vicenda, che lo condusse in Argentina nel 1993. Per una strana coincidenza, però, la svolta nell’indagine arrivò soltanto al suo rientro in Germania, quando ricevette un fax che riproduceva il documento originale, pubblicato in lingua yiddish. Il testo fu rinvenuto in una biblioteca sita al terzo piano di un ente assistenziale ebraico-argentino.
Sperso alle pagine 39 e 40, il testamento di Yossl Rakover, sottoscritto da Kolitz, era finalmente lì, tra gli annunci che pubblicizzavano una banca polacca, una sartoria, un negozio di lampadari e una fabbrica di gambali.
La profezia
Paul Badde aveva restituito Yossl Rakover a Zvi Kolitz, ma per il mondo il suo testamento continuò ad esser stato ritrovato “In una delle rovine del ghetto di Varsavia, tra cumuli di macerie e ossa umane.”
Quella di Yossl Rakover di Zvi Kolitz è una duplice storia, l’una del dramma di un uomo, l’altra delle peripezie del testo in cui lo stesso fu narrato. Ma entrambe le trame condividono il finale.
Il 17 luglio del 1994 un bombardamento distrusse l’archivio della Jiddische Zeitung di Buenos Aires. Nell’esplosione morirono duecento persone, mentre quei fogli furono profeticamente sepolti sotto un mucchio di pietre carbonizzate, in un’altra stazione senza Dio.
Federica Setti