Il noto attivista Joshua Wong ha annunciato il suo arresto su Twitter
Joshua Wong è stato arrestato con l’accusa di aver partecipato a una manifestazione non autorizzata nello scorso ottobre e, di aver violato in quell’occasione, il divieto di indossare maschere durante raduni pubblici. Il divieto era stato imposto per impedire ai manifestanti di sfuggire alle conseguenze penali delle loro dimostrazioni, nascondendo la loro identità, ma d’altra parte le maschere sono talvolta necessarie per proteggersi dai gas lacrimogeni lanciati dalle forze dell’ordine.
E’ stato lo stesso Wong ad annunciare il suo arresto su Twitter, ed è stato liberato poco dopo su pagamento della cauzione. Ora la sua causa verrà discussa in tribunale il prossimo 30 settembre e rischia ben cinque anni di carcere per aver partecipato alla manifestazione, e uno per aver indossato una maschera.
Non è la prima volta che Joshua Wong viene arrestato
Fondatore del gruppo di attivisti studenteschi Scholarism ed ex-segretario generale del partito pro-democrazia Demosistō. È conosciuto a livello globale per aver preso parte alle Proteste a Hong Kong del 2014, note come Rivoluzione degli ombrelli, in qualità di leader. Proprio a causa dell’occupazione di Civic Square durante queste proteste, Wong nell’agosto 2017 è stato condannato a otto mesi di carcere insieme ad altri due studenti appartenenti al movimento pro-democrazia. Durante il periodo di prigionia ha scritto articoli per il The Guardian e letto le biografie di Nelson Mandela e di un altro dissidente cinese, Liu Xiaobo. Dopodiché è stato liberato su cauzione l’ottobre successivo.
Nel gennaio 2018 è stato nuovamente incarcerato per aver ostacolato lo sgombero coatto a Mong Kok.
Lo scorso 28 agosto afferma sul Financial Times:
«Il mio arresto sembra imminente. Quando mi arresteranno, potrei essere estradato in Cina immediatamente. Certo, questo è lo scenario peggiore. Ma molte persone mi chiedono “Sei pronto?” e io rispondo che naturalmente nessuno può essere pronto a venire condannato a restare in un campo di detenzione a Pechino per sempre».
Francesca Santoro