Nel cuore delle mastodontiche montagne indiane, quasi sempre ricoperte da strati di neve che regalano panorami suggestivi, si trova la città di Joshimath. Un luogo che potrebbe sprofondare fino a essere “inghiottito” delle montagne.
La città di Joshimath conta quasi 20.000 abitanti, si trova a 1.890 metri dal livello del mare ed è collocata nello stato federato di Uttarakhand, nell’India settentrionale. Quasi al confine con il Tibet, in Cina. È un gioiellino per i fedeli di etnia indù e sikh: viene considerato un luogo sacro da venerare e avrebbe poteri spirituali magici.
Si dice che il teologo e filosofo indiano Adi Shankaracharya – fondatore della scuola dell’advaitavedānta, una delle più importanti scuole di pensiero della religione induista – abbia creato quattro monasteri in tutta l’India. Tra questi uno proprio nella città di Joshimath, motivo per il quale è stata visitata da oltre 500.000 fedeli solo nel 2019. Oltre al monastero è possibile visitare numerosi altri siti sacri.
Una città che sembra sprofondare nelle montagne
Ma questo scrigno speciale nel cuore dell’Himalaya viene costantemente minacciato da calamità naturali – e artificiali – molto gravi. L’ultima il 26 febbraio, quando un potente flusso di acqua e fango si è riversato dalle colline verso la valle, vicino al mercato principale della città.
La città infatti, è stata costruita su cumuli di detriti lasciati da frane e terremoti che hanno colpito la zona negli anni. Il recente impatto causato dai cambiamenti climatici, poi, ha aggravato ulteriormente la situazione. Adesso la città rischia letteralmente di sprofondare su se stessa a causa delle continue frane. Il terreno è fortemente instabile e sembra risucchiare tutto ciò che si trova al di sopra. Già nel 1976, gli scienziati si allarmarono per le condizioni della zona attraverso un rapporto che sottolineava come il luogo non avrebbe mai potuto sopportare costruzioni e strutture pesanti.
Il problema principale del luogo è quello della subsidenza del terreno: è un fenomeno per cui il suolo inizia a cedere e comincia ad abbassarsi sempre più verso il basso, in modo verticale. Avviene per cause naturali, come processi tettonici, movimenti isostatici o trasformazioni chimico-fisiche dei sedimenti rocciosi. Ma anche per cause artificiali, come la costruzione di imponenti infrastrutture.
Infrastrutture sempre più complesse
Come se non bastasse, data la frequenza di turisti che affollano il luogo giornalmente, il partito del primo ministro Modi vuole potenziarne le infrastrutture: è stato elaborato un progetto che mira a rendere più accessibile Joshimath grazie a un’autostrada lunga 889 chilometri e una linea ferroviaria lunga 327 chilometri. Per creare strutture così imponenti, sarà necessario abbattere alberi, distruggere massi e sventrare arbusti. <<Tutto ciò indebolirà i pendii – dice ad aljazeera l’ambientalista Ravi Chopra – E li renderà più suscettibili ai disastri naturali>>.
Sono ormai anni che gli abitanti di Joshimath assistono impotenti a queste devastazioni, e nulla possono fare se non fuggire dalla città. Nel mese di gennaio la situazione è precipitata definitivamente: è saltata una grande falda acquifera e la città è stata dichiarata una zona disastrata. Molti hotel a più piani sono crollati su un lato. Le strade sono sventrate e divise in due, quasi 1.000 abitazioni sono ormai inabitabili perché presentano crepe e profonde fessure che dilaniano le loro pareti, i soffitti o i pavimenti.
Il futuro di Joshimath
Sono state già 240 le famiglie costrette a trasferirsi altrove, senza sapere se sarebbero potute tornare. Molti abitanti sono fuggiti in preda al panico, costretti ad assistere alle operazioni dei bulldozer – presenti in gran numero nella zona – intenti a demolire le loro abitazioni ormai pericolanti.
Le autorità sembrano ignorare gli avvertimenti degli esperti. Stanno continuando a sviluppare costosi progetti, tra cui una serie di centrali idroelettriche che non fanno altro che aggravare lo sprofondamento del terreno. Centinaia di residenti hanno protestato proprio lo scorso mese contro la loro costruzione.
E intanto i sacerdoti indù pregano nel celebre monastero del teologo Shankaracharya per salvare la loro città. L’aumento dei visitatori, dovuto soprattutto al pellegrinaggio di Char Dham – considerato fondamentale nella vita di ogni fedele – sta mettendo a dura prova le infrastrutture esistenti. I terreni in alta quota stanno diventando sempre più difficili da percorrere a piedi e le condizioni metereologiche rappresentano un’ulteriore difficoltà. La politica indiana sta discutendo sulla mancata prevenzione di quello che è un disastro annunciato.