Josef Mengele: paure e ambizioni
Josef Mengele nacque in Baviera il 16 marzo del 1911. La sua infanzia, fu segnata prevalentemente da una costante sensazione di impotenza che provava nei confronti dei suoi genitori. Il ragazzo non si sentiva affatto gratificato ed era portato molto spesso a sminuirsi da solo. Ciononostante da adulto, Joseph diventò una persona molto ambiziosa, forse anche troppo. Egli sognava di diventare un medico, per la precisione, il medico che tutti avrebbero ricordato.
Bianco o nero
Cominciò a prestare servizio nel maggio del 1943 presso il campo di concentramento di Auschwitz. Egli rimpiazzò un altro dottore( poiché si era ammalato) al fine di portare avanti il suo operato. Inizialmente la figura di Joseph Mengele (agli occhi dei deportati) era molto ambigua. Il tedesco veniva chiamato “l’angelo bianco” per via della sua apparente “natura benevola” verso i suoi “pazienti”. Chi finiva oggetto di ricerca (infatti) veniva salvato dall’orrore delle camere a gas.
Furia e freddezza: l’angelo della morte si rivela
Tardò poco il manifestarsi delle sue vere intenzioni. Molto spesso Mengele, alternava momenti di calma, pacatezza e rispetto a scatti d’ira incontrollabili. Egli uccideva senza pietà i prigionieri( attraverso calci, fucilazioni e iniezioni di fenolo). In un battito di ciglia decideva chi doveva morire e chi doveva sopravvivere per poter lavorare nel campo.
Gli esperimenti di Josef Mengele
Mengele vedeva nella sua permanenza ad Auschwitz un occasione più unica che rara per poter portare avanti i suoi “studi“. Il pazzo “scienziato” sapeva che in nessun’altra parte del mondo era possibile svolgere le sue ricerche senza andare incontro all’opinione pubblica e al senso etico verso la professione. I suoi studi erano diretti principalmente verso la trasmissione dei caratteri ereditari (verso i “tipi razziali“) nutrendo infine un interesse particolare per le persone con difformità e sviluppi morfologici anomali. A tal proposito Mengele, sviluppò una grave forma di ossessione per i gemelli (specialmente quelli monozigoti). Ogni volta che visitava dei gemelli, Josef Mengele faceva effettuare un gran numero di misurazioni e prelievi di sangue. Una volta supervisionò un’ operazione su due bambini. L’intento era quello di unirli per poter creare dei gemelli siamesi artificiali ma l’esperimento fallì e i poveri bimbi morirono per cancrena.
Fuga e Morte
Dopo la sconfitta nazista, le forze alleate cercarono in tutti i modi di catturarlo; per facilitarne l’arresto, venne messa una taglia di 3 milioni di dollari. Nel 1949 Josef Mengele, riuscì ad imbarcarsi da Genova su una nave diretta verso il Paraguay. Successivamente andò a vivere in Brasile dove passò i restanti anni della sua vita in assoluta tranquillità. Morì nel 1979 per arresto cardiaco mentre nuotava a pochi metri dalla riva dell’oceano Atlantico.
Ho voluto raccontare questa storia per dimostrare come la pazzia di una persona (alimentata in parte anche dall’ideologia nazista) abbia scacciato dalla sua mente sentimenti come l’empatia, la professionalità ma soprattutto l’umanità. Non ritengo saggio che gli orrori della Shoah (e altri episodi di simile natura) vengano ricordati solamente un giorno l’anno. La crudeltà delle persone esala i suoi tristi effetti sul mondo da ormai molto tempo. Si spera che un giorno, si possa arrivare ad un più alto grado di consapevolezza riguardo questa realtà.
MARCO GALLETTI