“Possiamo salvare il mondo prima di cena“: non è il motto di un nuovo guru, né il titolo dell’ultimo sedicente esperto di gastronomia – bensì la proposta che Jonathan Safran Foer ha racchiuso nel suo ultimo saggio, presentato a Torino la scorsa settimana.
Soluzioni pratiche, concrete, e disperarsi non serve a nulla: confrontarsi con i cambiamenti climatici non è più questione di “crederci” o meno, piuttosto di agire coerentemente con ciò che sappiamo, e ormai è sotto gli occhi di tutti.
Sono le quattro e mezza di un pomeriggio di settembre a Torino. Davanti alla Cavallerizza c’è un’insolita fila di persone: l’agglomeramento in sé non è strano – il cortile è un frequente ritrovo di squatter, universitari scapestrati, musicisti, artisti e cani al guinzaglio – quel che è strano è che si vedono signore cinquantenni in mezzo ai ragazzi, e intellettuali occhialuti, persino gente ben vestita che stringe in mano il foglietto di una prenotazione… Oltretutto, la fila si sta allungando, prima a formare una L, per poi sfociare nella solitamente semideserta parallela di via Po.
Che succede?
Sono tutti in attesa dell’apertura della sala dove Jonathan Safran Foer – autore statunitense di origini ebreo-polacche – presenterà il suo ultimo saggio, in occasione del ciclo di incontri organizzati dal Circolo dei Lettori, in attesa del Salone del Libro di Torino.
Le impettite cinquantenni si contendono i posti numerati contro le adolescenti in anfibi e minigonna, che tentano di passare loro avanti: “Potrei essere tua madre! Ma che roba, io lo leggo da quando non lo conosceva ancora nessuno… adesso è quasi una moda!”
E Jonathan si dispiacerà – una volta finalmente iniziata la presentazione – per tutti coloro che non sono riusciti a entrare, costretti a seguire dall’esterno, attraverso gli schermi allestiti in un’altra sala. “Siete già tantissimi, e se facessimo entrare anche gli altri, sarebbe la dimostrazione di quante persone si stanno interessando, preoccupando (do care about)”.
Non è più questione di “credere” o “non credere” quando si tratta di cambiamenti climatici. È questione di interessarsi.
“Jonathan Safran Foer, che cosa ne pensi di coloro che continuano a negare i cambiamenti climatici, e che addirittura non ci credono?”
Jonathan per rispondere, prende l’esempio del Presidente Trump: lo definisce quasi un “attivista in passivo”, al pari di Greta Thunberg, in quanto con la sua ignoranza, con le sue assurdità, sta spingendo un sacco di persone a informarsi, a ricercare i fatti, ad approfondire ciò che gli scienziati mormoravano allarmati già un ventennio fa, e che adesso sta diventando sempre più di pubblico dominio. Le nostre abitudini, i nostri agi e lussi – prendere l’aereo, consumare prodotti di origine animale a colazione, pranzo e cena – tutte quelle comodità, e “tradizioni” a cui ci aggrappiamo con le unghie e con i denti, stanno causando sconvolgimenti ambientali impressionanti.
Perciò non è più questione di “crederci” o meno: ciò che sta accadendo è sotto i nostri occhi, e i dati scientifici, i fatti terribili, sono alla portata di tutti. “Provate a cercare su Internet ‘IPCC meat’” – invita ognuno di noi l’autore; per sottolineare che ciò di cui parla nel suo libro non è un’opinione personale, un’ideologia, qualcosa di cui possiamo stare qui a discutere amichevolmente – bensì la realtà dei fatti, accessibile a chiunque disposto a fare qualche ricerca…
Non è quindi nemmeno più questione di semplice “ignoranza”, bensì di interesse. E di mostrare concretamente – con le proprie azioni e il proprio stile di vita – questo stesso interesse. Jonathan prende un altro esempio, per far notare la differenza fra i negazionisti di oggi, e l’“ignoranza” che si poteva accusare qualche anno fa, quando le informazioni non erano così accessibili a tutti: “È come cercare di svegliare qualcuno che sta fingendo di dormire. Impossibile riuscirci. Se qualcuno dorme [nell’ignoranza n.d.a], basta scuoterlo un po’ e quello si sveglia. Ma se qualcuno finge di dormire, non lo sveglierai mai. Allo stesso modo, non puoi convincere qualcuno che finge che tutto questo non stia accadendo.”
“Possiamo salvare il mondo, prima di cena”
Non è il titolo di un nuovo libro di ricette, né il motto dell’ultimo sedicente esperto di gastronomia – bensì il titolo del saggio dell’autore, uscito in Italia il mese scorso.
“Perché il clima siamo noi” è invece il sottotitolo, che riprende il titolo in originale “We are the Weather”.
Cosa significano questi che potrebbero sembrare i banali slogan di un guru? Al contrario, ciò che piace di Jonathan è che non si pone affatto come guru – come già precisato con l’invito a documentarci, e verificare noi stessi in prima persona tali argomenti – e anzi propone semplici soluzioni concrete.
“Evitare carne e prodotti animali a colazione e pranzo, e limitarsi alla cena” suggerisce ad esempio Jonathan – che pure è un fervente vegetariano – senza mettere in dubbio che chiunque ha dei bei ricordi legati alla carne, che sia in famiglia, o durante una vacanza, e aggiungendo: “Questa è la soluzione che ho trovato io. Ma se vi accorgete che per voi non va bene, che proprio non ci riuscite e preferite farlo solo nei weekend, oppure addirittura siete disposti a fare di più, ed eliminare del tutto il consumo di carne, uova e latticini, non significa che sia la soluzione giusta per tutti.”
Jonathan – un tipo mite, occhialuto, pacato, che addirittura si commuove a un certo punto in conferenza – non è il vegan-nazi che imbratta le vetrine dei macellai, pretendendo di aver tutte le ragioni “in nome dei diritti degli animali”. Lui ci consiglia di fare almeno un tentativo, ben consapevole che cambiare abitudini, abbandonare ciò che “ci piace, ci fa comodo” è difficile da accettare.
“Il momento in cui mi sono detto basta!”
È un caso che Jonathan Safran Foer abbia deciso di affrontare questi temi, in questo determinato (e determinante, per il Pianeta) momento? In realtà, se ne parlava già nel precedente saggio “Eating Animals” (uscito in Italia come “Se niente importa”), e inoltre J. S. F. spiega il perché di questa precisa uscita, ricordando quand’era bambino:
Da piccolo facevo un sacco di cose che sapevo che non avrei dovuto fare, eppure le facevo lo stesso. E’ stato come quando in una stanza ci sono dei bambini che giocano, poi iniziano a far casino, e il rumore aumenta… e a un certo punto arrivano i genitori a dire basta! Ecco, questo è stato il momento in cui “Io stesso non ce la facevo più a stare a guardare, continuando a fare qualcosa che sapevo essere sbagliato, insostenibile per il Pianeta, e mi sono detto basta!” e così ho scritto il libro.
Secondo Jonathan Safran Foer, “c’è speranza?”
Questa è la domanda con cui in genere si conclude ogni articolo che tratta di cambiamento climatico e rischi per il Pianeta. Ovviamente, non la si poteva non porre anche in conferenza. E di nuovo, di Jonathan ci piace che non propina mai una visione “tutto bianco” o “tutto nero”: secondo lui no, non c’è speranza per le risorse che la Terra ha già perso, per tutte quelle persone che sono già vittime dei cambiamenti climatici, e comunque sì, può esserci speranza se iniziamo ad agire e cambiare.
E soprattutto, quella del “non c’è speranza” non dev’essere una scusante per cui disperarsi, infilare la testa sotto la sabbia in preda al panico ambientale, e in questo modo arrestare il cambiamento. Disperarsi non serve a nulla. Ciò che è davvero utile è focalizzarsi sul rapporto causa-effetto delle nostre azioni: questo significa “il clima siamo noi.”
“Immaginate se Torino fosse la prima città ‘carbon neutral’ (a zero emissioni) …Non sareste orgogliosi di vederla proclamata sui giornali di tutto il mondo?”
Rinunciare a quelle cose che danno piacere – il gusto di una bistecca, l’emozione di prendere l’aereo – è indubbiamente difficile. Eppure potremmo provare un piacere ancora più grande, se riuscissimo a spingerci, e guardare un po’ più in là. Quel sapore in bocca è momentaneo, l’emozione in volo passa in un attimo – mentre la sensazione di aver contribuito al benessere dell’ambiente, al benessere nostro, e in ultimo al benessere delle future generazioni, è qualcosa di più profondo, destinato a perdurare. “Mio nipote non si ricorderà ‘a mio nonno interessava’. Si ricorderà piuttosto ‘mio nonno ha fatto qualcosa’” – qualcosa di concreto, contro l’esaurimento del Pianeta.
Qui il video dell’evento completo: Jonathan Safran Foer a Torino, in dialogo con Paolo Giordano
Alice Tarditi