Scatenare tachicardie parossistiche è il suo mestiere!
John Carpenter, classe 1948, cresciuto in Kentucky. Fin da bambino ha le idee chiare. Girare film!
“Mia madre mi ha regalato la fantasia, mio padre la musica. Due regali non da poco“. Fin da bambino Carpenter va spesso al cinema con la madre, mentre suo padre lo costringe a studiare pianoforte e violino.
Dopo aver visto “Destinazione Terra” di Jack Arnold nel 1953, verrà fuori la sua vocazione e da li deciderà che da grande realizzerà qualcosa di simile. Così inizia a girare film in 8mm fin dall’adolescenza e contemporaneamente mette su la sua prima cover band.
Nel 1960 decide di iscriversi alla prestigiosa USC di Los Angeles, dove si diploma con un cortometraggio successivamente “gonfiato” a 35mm e arricchito di alcune scene, per essere distribuito nelle sale (Dark Star 1974).
Nel 1976 gira il film che lo fa conoscere al grande pubblico “Distretto 13 – Le brigate della morte” e il 1978 vede l’uscita di “Halloween: la notte delle streghe” e da quel momento viene acclamato come innovatore del cinema horror.
Il punto di forza di John Carpente è il riuscire a fondere leggende e miti, con uno stile tra il classico e il moderno capace di creare quell’ambiente sinistro e gotico in un clima urbano comune. Come avviene in “The Fog” (1979), girato a Stonehenge di fronte la pianura inglese, oppressa dalla nebbia. In questo frangente ci regala un infinità di orrori e maledizioni, mescolati ad una colonna sonora da brividi.
Come sappiamo, uno dei pupilli di John Carpenter, Kurt Russel, impersona vari ruoli in molti lavori diventati “Cult”. Dopo avergli affidato il ruolo nel film “Elvis” (1979), Russel sarà scritturato nel 1981 per “1997 – Fuga da New York”, strappando il ruolo ad attori del calibro di Charles Bronson e Tommy Lee Jones.
Da questo momento cominceremo a notare, come Carpenter faccia riferimento a quei canoni sociali e denunci in modo molto “sottile” l’ipocrisia della società e i metodi abominevoli di molti governi, teorizzando sullo schermo un futuro immaginario, ma “possibile”. Infatti, se osserviamo il tema trattato in “1997 – Fuga da New York”, noteremo come la costruzione di un “Muro” intorno alla città di New York, abbia trasformato il simbolo dell’economia mondiale, in una immensa prigione. Parliamo del 1981, un epoca dove la guerra fredda era all’apice e il Muro di Berlino, sembrava ormai eterno e sempre più invalicabile.
Il tema sociale è ripreso più volte da Carpenter, come vediamo in “Essi vivono”, film del 1988, basato su un tema molto particolare: La dipendenza delle persone dal denaro e la lobotomizzazione attuata dalle multinazionali sulle persone. Il tema centrale della pellicola, si basa su un gruppo di persone, considerate “sovversive” che scoprono l’esistenza di un entità aliena, presente sulla terra da migliaia di anni, capace di inviare messaggi subliminali nella mente delle persone e di renderle dipendenti dal denaro e dai beni materiali.
In questo modo Carpenter, denuncia alcune realtà del nostro mondo che oggi sono di pubblico dominio grazie ad internet e all’informazione libera, ma qui parliamo del 1988, dove l’informazione era totalmente dominio dei media ufficiali.
Gli innovatori, di solito finiscono sempre negli ingranaggi stritolatori della politica commerciale e John Carpenter non ne è stato immune, come accadde nel 1982 all’uscita de “La cosa”, film capolavoro che fu un flop commerciale. Molte furono le voci che parlavano di un possibile ammutinamento della Universal, verso Carpenter, per indirizzarsi verso quello che era, ai tempi, il capolavoro da evidenziare: “ET – l’extraterrestre”. “La cosa” è destinata a diventare, negli anni seguenti, un “Cult” del cinema horror, valutato molto positivamente dagli appassionati e decantandolo come un pezzo da collezione unico.
Oltre ad avere una passione per i racconti di H.P. Lovecraft, John Carpenter venera un altro grande maestro: Stephen King. E come ogni buon regista horror, porterà sullo schermo due dei suoi più noti romanzi. “Christine – La macchina infernale“, uscirà dopo il licenziamento dalla Universal, a causa del flop commerciale de “La cosa”. Tuttavia, la trasposizione sullo schermo del romanzo di King, riscuote un grande successo e Carpenter si distinguerà ancora una volta per il suo stile innovativo. Nel 1994, “Il seme della follìa”, altro racconto di King, sbancherà il botteghino, tornando a toccare tematiche sinistre e sociali, come il fanatismo mondiale per un libro e il dilagare della follìa, quando questo libro diventa “religione”.
Come abbiamo già accennato, i lavori di Carpenter possono spaziare da argomenti, quali la follìa umana pura e semplice, al terrore intrinseco, determinato dall’idea di un futuro catastrofico, dove ormai le tensioni governative sono esplose e l’umanità è ridotta a essere inconsapevolmente schiava. In Europa John Carpenter è considerato un maestro, mentre in America un ciarlatano. Non parliamo di un regista che non sbaglia un colpo. Infatti, come abbiamo già detto per “La cosa”, anche altri suoi lavori, come “Fantasmi da Marte” (2001) o Psychopat (2008), sono stati dei flop.
Possiamo pensare a Carpenter, come a un “guerriero” dello schermo che combatte la sua battaglia artistica, con le sue idee personali e con i suoi metodi lavorativi. Come tanti “grandi” del cinema, John Carpenter lo si riconosce da subito, per il suo stile a tratti “grezzo” e a tratti “nuovo”. Fondere antico e moderno è una prerogativa di Carpenter, come abbiamo già detto per “La cosa”, ma anche come possiamo vedere in “Grosso guaio a Chinatown” (1986),, dove vediamo un bellissimo contrasto tra la cultura antica cinese e la rappresentazione dello scetticismo occidentale, racchiusa nel protagonista della vicenda “Jack Burton”.
Vedere un film di John Carpenter, significa addentrarsi in molti “mondi”, fusi insieme in una serie di messaggi “eversivi” che rendono la pellicola intrigante e moderna. Un susseguirsi di anti-eroi, da “Jena Plisken” a “Jack Burton”, fino al più famoso “Michael Myers“. Personaggi provenienti “dall’altra parte dello specchio”. Dei lavori politicamente “non corretti”, senza censure morali.