Job Maseko: l’eroe sudafricano della Seconda Guerra Mondiale che affondò una nave nazista con un bomba “fai da te”

eroe sudafricano della Seconda Guerra Mondiale

Le grandi imprese sono sempre il frutto di un insieme di azioni forse “piccole” ma sicuramente coraggiose. È il caso della vittoria degli Alleati in Africa a cui ha certamente contribuito Job Maseko che da solo è riuscito ad affondare una grande nave nazista in Libia. Il valore di questo eroe sudafricano della Seconda Guerra Mondiale, tuttavia, non è stato riconosciuto e premiato a dovere. Alla fine della guerra, infatti, gli venne negata la “Victoria Cross, la più alta onorificenza militare, a causa del colore della sua pelle.

Il contributo di Job Maseko alla vittoria degli Alleati in Africa

Originario del Sudafrica, Job Maseko era “impiegato” nelle miniere d’oro prima di prendere parte alla battaglia. Un lavoro usurante ed una delle principali forme di sfruttamento della popolazione nera del paese. Qui, infatti, vigeva già una sorta di apartheid ante-litteram in cui era la minoranza bianca a detenere il potere. In tempi di guerra però viene a cadere ogni forma di segregazione. Per vincere contro i nazisti c’era bisogno di uomini, non importava se neri o bianchi.

Maseko entra a far parte della Native Military Corps” (NMC): unità militare formata da volontari neri sudafricani. Si trattava di un corpo non-combattente i cui membri erano impegnati come medici, barellieri (è il caso di Maseko), caricatori di bombe… Di fronte l’avanzata delle forze dell’Asse in Nord-Africa, anche la NMC è chiamata a combattere al fianco dei colleghi bianchi. Nel giugno del 1942, alcuni volontari vengono fatti prigionieri di guerra fra cui Job Maseko. Questi vengono utilizzati dai tedeschi per scaricare dalle loro navi munizioni e attrezzature militari che tre mesi dopo sarebbero servite in una battaglia decisiva per la guerra in Nord-Africa: la battaglia di El Alamein.

È il 21 luglio 1942 e ci troviamo a Tobruk, città portuale nell’est della Libia. Job Maseko riesce ad estrarre della polvere da sparo da alcuni proiettili trovati a terra. Rubata una miccia lunga più di tre metri e preso un barattolo di latte condensato, Maseko costruisce la sua bomba “fai da te”. La colloca vicino a dei barattoli di benzina presenti in una nave tedesca e dà fuoco alla miccia ma per qualche tempo, niente. Finalmente, dopo qualche ora, una gigantesca esplosione provoca l’affondamento quasi istantaneo dell’imbarcazione. Un singolo uomo è riuscito a sconfiggere una nave nemica. Se si fosse scoperto il responsabile questo sarebbe stato immediatamente giustiziato, e di ciò Maseko era più che cosciente.

La Victoria Cross viene negata ad un eroe sudafricano della Seconda Guerra Mondiale

La notizia dell’impresa di Maseko circola velocemente fra i comandi militari, forse sorpresi che un uomo nero parte di un corpo non-combattente fosse stato capace di un atto tanto coraggioso. Alcuni generali britannici nominarono Maseko per l’ottenimento della “Victoria Cross”: il più prestigioso riconoscimento del sistema di onorificenze britannico, in vigore dal 1856. Sarebbe stato il primo uomo nero ad ottenerla.

Tra le 181 Victoria Cross attribuite per la Seconda Guerra Mondiale, non ci sarà mai quella di Maseko. Nonostante abbia servito la patria con coraggio e dedizione, a guerra finita torna ad essere semplicemente un uomo nero, dunque, non pienamente meritevole di un onore tanto importante. Maseko si dovrà accontentare della “Military Medal” che al tempo era l’onorificenza più bassa che si poteva ottenere. Un riconoscimento che sa tanto di premio di consolazione.

Non solo, ben diverso è il trattamento che spetta a Maseko ed ai suoi circa 80mila compagni della NMC una volta rientrati in Sudafrica. Mentre i soldati bianchi ottengono proprietà terriere e fattorie, i volontari sudafricani ricevono stivali e biciclette. Una ricompensa piuttosto irrisoria per chi durante la guerra ha costantemente rischiato la propria vita per servire il proprio paese.

La lotta per l’ottenimento dell’onorificenza postuma

Dieci anni dopo la sua grande impresa, Job Maseko muore in un incidente con un treno. Muore in povertà e muore senza Victoria Cross al petto. Oggi i suoi eredi, e non solo, lottano affinché possa ottenere l’onorificenza postuma. Una lotta più che legittima se pensiamo che nel sito del National Army Museum inglese leggiamo che nell’attribuzione della Victoria Cross “non vi è alcuna barriera di colore, credo, sesso o rango”. Eppure, l’unico fattore che ha privato l’eroe sudafricano della Seconda Guerra Mondiale di questo importante riconoscimento è il colore della sua pelle. Lo dice chiaramente la nipote Jennifer Nkosi Maaba che in un’intervista con la BBC afferma:

Sono molto orgogliosa di quello che ha fatto, ma allo stesso tempo, c’è dolore. Se fosse stato un soldato bianco crediamo che avrebbe ricevuto l’onorificenza”.

Fra le voci principali che vogliono rendere giustizia alla memoria di Maseko troviamo quella di Bill Gillespie, cittadino sudafricano ed autore di un libro sull’apartheid. Questi racconta che è stato suo padre, anche lui combattente con gli Alleati, a raccontargli la storia di Job Maseko. Gillespie ne rimane fortemente colpito e decide di aprire una petizione su Change.org per diffondere la sua storia. Scrive qui come la bomba di Maseko:

Avrebbe comportato un significativo esaurimento dell’equipaggiamento tedesco destinato a contrastare Montgomery a El Alamein. È una supposizione di tutti – ma questo piccolo atto da parte di un uomo molto coraggioso – avrebbe potuto aiutare le truppe di Montgomery nella decisiva vittoria alleata”.

L’importanza di riconoscere Maseko come eroe sudafricano della Seconda Guerra Mondiale

Il Ministero della Difesa inglese sostiene di non essere nella posizione di poter conferire la Victoria Cross a Maseko dato che non c’è modo di verificare le circostanze di un evento ormai così lontano nel tempo. Ironico se pensiamo che nel 1857 le prime ottantacinque onorificenze vennero attribuite retroattivamente. Forse la verità è che attribuire oggi la Victoria Cross a Job Maseko significherebbe prendere atto di una grave discriminazione in campo militare quando al contrario si afferma di non effettuare alcun tipo di distinzione. Riconoscere gli errori del passato non sarebbe il primo step per non commetterli nuovamente in futuro?

Continuare a privare Job Maseko di una più che meritata onorificenza sembra ribadire che il valore della sua azione sia depotenziato dal colore della sua pelle. La stessa mentalità che vigeva alla fine della guerra e che ha portato lo stato sudafricano, sempre più avviato verso l’apartheid, a non celebrare un eroe del paese per non incitare l’emancipazione della comunità nera sudafricana.

L’ottenimento della Victoria Cross sarebbe il modo migliore di rendere giustizia a questo eroe sudafricano della Seconda Guerra Mondiale, il cui coraggio ha contribuito alla vittoria alleata. Fino a quando questo non accadrà, è nostro dovere e responsabilità non dimenticare la storia di Job Maseko e di tanti come lui che per decenni sono stati ingiustamente dimenticati dalla storia.

Caterina Platania

Exit mobile version