Una delle immagini più famose del Festival di Woodstock del 1969 è sicuramente quella di Jimi Hendrix che suona l’inno americano.
La vita di Jimi Hendrix, importantissimo innovatore in campo musicale e tra i più famosi esponenti del rock anni ’60, si concludeva cinquant’anni fa, il 18 settembre 1970, in un hotel di Notting Hill a Londra. Le cause del decesso sono tuttora dibattute. Stando alla versione ufficiale, James Marshall “Jimi” Hendrix sarebbe morto dopo un cocktail letale di barbiturici e alcool.
La sua sfolgorante carriera e il suo essere morto a soli 27 anni (così come sarebbe presto accaduto a Jim Morrison e a Janis Joplin) hanno collocato Jimi Hendrix tra gli dèi dell’Olimpo musicale, grazie anche a momenti come il concerto di Woodstock.
Jimi Hendrix e il Festival di Woodstock
Woodstock è il simbolo degli infuocati anni ’60, un decennio denso di passione, di critica, di rivoluzioni sociali e culturali. I suoi “tre giorni di pace e amore” sono entrati a far parte del mito grazie alle memorie ed ai documentari postumi (come Woodstock del 1970), che hanno esaltato il ricordo di concerti come quello di Jimi. Jimi Hendrix avrebbe dovuto esibirsi a Woodstock il 18 agosto a mezzanotte, ma a causa di una serie di ritardi si ritrova a poter salire sul palcoscenico solo alle 9 del mattino, davanti ad un pubblico assai ridotto, ma senza dubbio entusiasta.
Sul finire del concerto Jimi propone una sua interpretazione dell’inno degli Stati Uniti, The Star – Spangled Banner. Nella prima parte e nel finale dell’inno Jimi segue la melodia originale, pur facendo uso dell’effetto Larsen: una distorsione sonora che consiste in quel “fischio” che nasce quando un microfono è troppo vicino agli altoparlanti (Hendrix è stato tra i primi in grado di padroneggiare questa tecnica). All’interno del pezzo, con quello che sembra un assolo improvvisato, Jimi produce diverse imitazioni di suoni forti e rumori bellici (nel 1969 siamo ancora nel pieno della guerra in Vietnam). Il fatto, poi, che l’inno sia suonato da una band composta da due bianchi e da un afro-americano con una chitarra elettrica ad un concerto pieno di hippy è la ciliegina sulla torta.
http://https://www.youtube.com/watch?v=TKAwPA14Ni4&ab_channel=EDUARDODYABLO
L’effetto sarà scioccante: l’evento fa breccia nella memoria culturale statunitense e l’inno di Woodstock di Jimi Hendrix diventa un inno del pacifismo e della protesta politica.
Ma erano queste le intenzioni di Jimi Hendrix?
Prima di Woodstock
Nell’articolo di Mark Clague “This is America”: Jimi Hendrix’s Star Spangled Banner Journey as Psychedelic Citizenship apparso nel 2014 sul “Journal of the Society for American Music” la genesi del pezzo viene minuziosamente ricostruita. La prima cosa da sapere è che non è stata un’improvvisazione: al contrario, l’inno di Woodstock è il frutto di un lungo processo di prove, perfezionamenti e precedenti esibizioni, tutte documentate in registrazioni più o meno amatoriali che Clague ha potuto ascoltare e visionare.
Nelle esibizioni pre–Woodstock la cover dell’inno appare più che altro una forma di espressione artistica e talvolta non priva di connotati patriottici. Jimi Hendrix era stato in precedenza un paracadutista dell’esercito americano. Si era arruolato nel 1961 per evitare la reclusione (la polizia di Seattle lo aveva sorpreso alla guida di auto rubate), ma nonostante questo ingresso “forzato” Jimi aveva serbato un buon ricordo della vita militare, che avrebbe lasciato solo per potersi impegnare al 100% nella musica.
Jimi suona l’inno per la prima volta al Merriweather Post Pavillion di Columbia, nel Maryland, nell’agosto del 1968. Pochi mesi prima l’esercito USA era stato sconfitto durante l’offensiva del Têt in Vietnam. Si potrebbe quindi vedere una sorta di omaggio al suo antico battaglione, il 101st Airborne, appena sconfitto dai VietCong. All’inno, infatti, Jimi sovrappone una sua versione di Taps, la melodia nata durante la Guerra Civile e dedicata ai caduti dell’esercito statunitense.
Jimi Hendrix proporrà la sua cover dell’inno decine di volte prima di Woodstock. Non si tratterà più di uno sfogo momentaneo, ma della precisa volontà di comunicare qualcosa.
Dopo Woodstock
Nel frattempo, le sue cover iniziano ad essere malviste. Risale all’aprile del 1969 un episodio in cui cinque uomini bianchi, a Dallas, si rivolgono così a Terry Johnson (amico di Jimi):
Dì a quel c***o di ne*ro che se suona Star – Spangled Banner in questa sala, stasera, non uscirà vivo dall’edificio.
Arriva poi l’esibizione al Festival di Woodstock. Le implicazioni politiche dell’inno diventano sempre più visibili poco dopo Woodstock. A Jimi, ospite del The Dick Cavett Show, viene chiesto di parlare della sua “controversa” e “non ortodossa” versione dell’inno americano:
Non ortodossa? Io pensavo che fosse bella.
http://https://www.youtube.com/watch?v=VGf9PTYyJ4A&t=170s&ab_channel=TheDickCavettShow
Alla conferenza stampa della United Block Association di Harlem gli viene chiesto perché avesse chiuso il concerto con l’inno USA. Jimi risponde:
Beh, perché siamo tutti americani, no? Quando è stato scritto veniva eseguito in un certo bel modo […] ma al giorno d’oggi non lo suoniamo per togliere all’America tutta la grandezza che si suppone debba avere, bensì lo suoniamo nel modo in cui tira l’aria dell’America di oggi. L’aria è leggermente statica, non è vero?
Ecco, allora, che Woodstock rappresenta il culmine e la messa a sistema dei tentativi di comunicazione di Jimi Hendrix, sempre più coinvolto nelle rivendicazioni sociali. Woodstock per lui segna l’inizio dell’ultimo anno di carriera. In quel periodo fonda gli Electric Lady Studios, nel Greenwich Village – ad oggi i più antichi di New York. Si concentra poi sempre più sulla sua produzione musicale invece che sulla sua figura di intrattenitore. Fino ad allora il suo pubblico prevalentemente bianco lo aveva visto come un focoso chitarrista afro-americano. Una figura eccentrica, a tratti animalesca, che Jimi decide di rifiutare. Inizia a desiderare di essere sentito e ascoltato attraverso la sua musica.
I have a gift for music
Non a caso, dopo il festival si esibisce ad Harlem il 5 settembre, davanti alla comunità afro–americana. Sia allora che nelle successive esibizioni, proporrà sempre la versione di Woodstock della sua cover. Una cover che è stata per Jimi Hendrix un messaggio di protesta, ma anche di patriottismo e di musica. Perché, come egli stesso confessa ad un intervistatore del Chicago Daily News nel 1968,
I politici hanno talento nel saper parlare […] io ho talento per la musica.
Jimi Hendrix non ha mai espresso chiaramente il suo pensiero politico fino ad un certo punto della sua carriera. Verso la fine degli anni ’60 si schiera contro la guerra in Vietnam e a favore della lotta per i diritti civili degli afro-americani. Jimi non avrebbe mai parlato molto di politica, né nei testi dei suoi pezzi né durante le interviste. Con la cover di The Star – Spangled Banner, però, avrebbe iniziato a parlare tramite la sua musica.
Rachele Colasanti