Jim Jones e il più grande suicidio di gruppo

Jim Jones www.ultimavoce.it

Clara Campi

Di Clara Campi


18 novembre 1978, Guyana, America del Sud.

L’intera popolazione della cittadina di Jonestown, di oltre 900 persone, quasi interamente cittadini americani, è radunata nel padiglione centrale.

Hanno in mano un bicchiere di cool-aid e, sotto direttiva del loro leader, Jim Jones, lo bevono, per poi accasciarsi al suolo pochi minuti dopo: la bevanda contiene, infatti, anche valium e cianuro.

Chi non vuole bere, viene minacciato dai fucili della milizia.

Come si è arrivati a questa strage?

Tutto ha inizio a Crete, Indiana, nel 1931, anno di nascita di Jim Jones.

Figlio di genitori anticonformisti, è uno dei pochissimi bambini del paese a non frequentare nessuna chiesa, almeno finché la vicina di casa non inizia a portarlo a messa.

Il piccolo Jim rimane talmente affascinato dalla funzione che inizia a frequentare tutte le chiese del vicinato.

Ogni volta che trova animali morti, organizza per loro elaborati funerali, invitando diversi bambini ad assistere e facendo loro lunghissimi sermoni.

Alcuni suoi amici d’infanzia raccontano che, quando si giocava alla guerra, lui voleva sempre fare Hitler, una figura che ammirava molto, ma non certo per gli ideali, opposti ai suoi, bensì per la sua abilità di parlare alle folle.

Nel 1949 sposa Marceline Baldwin, una giovane infermiera molto religiosa convinta di aver accanto un devoto cristiano, poi inizia a frequentare l’università ed entra nel partito comunista.

I suoi compagni tengono nascosta l’aderenza al partito, essendo nel pieno degli anni del maccartismo, ma non Jim, che lo ammette pubblicamente ed orgogliosamente.

Si dichiara ateo a sua moglie, che resta sconvolta ma che decide di non divorziare, e matura una consapevolezza: la religione può essere il pretesto con cui iniziare il cambiamento sociale.

Jim è un fervente antirazzista in un mondo ferocemente razzista e decide di fondare la prima congregazione mista degli Stati Uniti, un posto dove bianchi e neri possano pregare insieme.

Inizia poi a fare campagne per far ammettere i neri nei ristoranti “whites only”, con discreto successo, e viene nominato direttore per la commissione per i diritti umani di Indianapolis.

Adotta tre bambini coreani, poi ha un figlio con Marceline e poi adotta altri due bambini, uno bianco e uno nero, che chiamerà Jim Jones Junior.

Lui e Marceline diventano la prima coppia bianca in Indiana ad adottare un bambino nero e ribattezzano la propria famiglia “rainbow family”.

Il suo following cresce, almeno fino al 1962, quando intraprende un viaggio per il Brasile, sperando di trovare il luogo adatto dove fondare una sua città, ma torna a mani vuote quasi due anni dopo.

Dice allora alla sua comunità di aver avuto premonizioni di un attacco nucleare e che l’unica speranza per salvarsi sia un trasferimento in massa in California.

Jones inizia a fare miracoli durante le sue funzioni, ridando l’abilità di camminare a chi è sulla sedia a rotelle ed estraendo tumori dalle persone con la forza della preghiera.

Si trattavano di messe in scena con i suoi collaboratori più fidati, di cui alcuni esperti in prestidigitazione.

Inizia ad indossare perennemente i suoi celebri occhiali da sole, dicendo ai suoi seguaci che fosse una misura cautelare perché aveva talmente tanto potere negli occhi che avrebbe potuto incenerirli con lo sguardo.

In realtà, gli occhiali scuri appaiono quando il consumo di stupefacenti è diventato ormai una costante nella sua vita, servono per nascondere il gonfiore ed il rossore.

Quando la congregazione supera i 3000 membri, Jim organizza un altro trasferimento, questa volta in Guyana, dove aveva fatto tappa durante il viaggio per il Brasile, per fondare ciò che sarà il loro paradiso in terra: Jonestown.

Diverse centinaia di seguaci lo seguono senza battere ciglio, anche se ormai Jim sta perdendo il suo carisma e la sua lucidità, sempre a causa del suo consumo di droghe.

Jim stabilisce che ogni rapporto sessuale a Jonestown dev’essere approvato da lui e che più donne possibili devono accoppiarsi con lui, che spesso durante i suoi sermoni si lamentava del “sacrificio” che doveva compiere avendo rapporti sessuali continui.

Jonestown dev’essere il paradiso in terra, ma il paradiso è ancora in via di costruzione, trovandosi disperso nella giunga ecuadoriana.

La vita è faticosa e spesso il cibo scarseggia, gli abitanti mangiano riso ogni giorno.

Come se ciò non bastasse, Jones li costringe ogni giorno ad assistere, in piedi, a sermoni di oltre tre, quattro ore.

Nel frattempo, negli Stati Uniti si forma un’associazione di parenti dei residenti di Jonestown che, preoccupati per i loro cari, chiedono un intervento del governo.

Il membro del congresso Leo Ryan decide di visitare Jonestown personalmente e parte con una piccola delegazione il 15 novembre 1978.

Viene accolto con una grande festa e portato in giro per la comunità, su cui non trova nulla da ridire e, nel padiglione centrale, annuncia a tutti di voler dare il suo supporto a Jonestown.

Tuttavia, poco dopo, lui e il suo entourage vengono avvicinati da diverse persone che, tramite bigliettini passati in gran segreto, chiedono aiuto per ritornare negli Stati Uniti.

Ryan, stupito, accetta la loro richiesta e li porta con sé fino all’aereo; mentre stanno imbarcando, però, vengono raggiunti da un trattore con alcuni soldati della milizia a bordo, che aprono il fuoco su di loro uccidendone cinque, tra cui il membro del congresso.

A questo punto, Jones sa che a breve si ritroveranno circondati dall’esercito americano, e raduna la congregazione al padiglione centrale per quello che sarà l’ultimo brindisi di 909 persone.

Quando la carneficina si è compiuta, Jim Jones si spara un colpo alla testa, mettendo fine per sempre ai suoi sogni di integrazione raziale, distrutti dall’abuso di droghe e, soprattutto, dal suo ego smisurato e dalla sua stessa ambizione.

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