Jean Cocteau è stato un artista poliedrico: difatti egli era poeta, regista, pittore e scultore. Egli è diventato sin da subito un simbolo per la sua generazione, poiché, in quanto anticonformista, egli rispecchiava perfettamente il sentimento della sua generazione. Egli ha avuto una vita molto difficile.
Jean Cocteau nacque il 5 luglio 1889 a Maisons-Laffitte, zona residenziale nei pressi di Parigi, da una famiglia borghese. Nel 1898 la sua infanzia venne turbata da una tragedia: il padre di Jean venne ritrovato morto nel suo studio. Il motivo del suo suicidio fu ignoto: si pensò ad una crisi finanziaria, ma Cocteau sospettò che il padre si suicidò a causa di un’omosessualità repressa. Nel 1900 Cocteau entrò al Petit Condorcet. Iniziò così un periodo per lui molto infelice poiché egli non amava molto l’ambiente scolastico. Nel 1904 Cocteau venne espulso dal liceo per motivi a noi tuttora sconosciuti. Divenuto libero da ogni impegno scolastico egli si gettò nella vita mondana parigina, insieme a Edouard De Max. In questo periodo il poeta iniziò anche a fare uso di stupefacenti.
Cominciò a frequentare Proust, Daudet e Lemaitre. Durante la Guerra egli strinse amicizia con Roland Garros, il quale lo iniziò all’aviazione. Nel 1916 venne trasferito a Parigi, al servizio Propaganda del Ministero degli Esteri. Così cominciò a frequentare l’ambiente del Montparnasse: Modigliani, Apollinaire, Jacob, Cendrars, Picasso, con il quale strinse una forte amicizia. In quegli anni egli si legò a Raymond Radiguet, allora quindicenne: fra loro due nacque un’amicizia fin da subito, che si rivelò molto importante per Cocteau. Nonostante la differenza d’età, Radiguet fu un maestro per Cocteau, poiché gli insegnò a seguire un ideale di classicismo lontano dalla visione moderna di poesia. Nel 1923, la tranquillità di Cocteau venne interrotta dalla morte improvvisa di Raymond Radiguet, a causa della febbre da tifo.
La perdita di Raymond lasciò Cocteau in uno stato doloroso, egli cercò quindi una consolazione nell’oppio. Jacques Maritain convinse Jean a convertirsi: iniziò quindi un periodo di conversione, in cui si disintossicò dall’oppio e si avvicinò al cristianesimo. Durante la disintossicazione, a Villefranche-sur-Mer scrisse Orpheé. La fine degli anni venti segnò un nuovo periodo di produzione, interrotto da frequenti ricoveri per disintossicazione. Inoltre egli girò il suo primo film, Le sang d’un poète. Nel 1937, durante i provini per Oedipe-Roi, egli rimase folgorato da un attore: Jean Marais. Fra i due nacque una relazione che durò fino alla morte del poeta.
Nonostante la malattia alla pelle egli riuscì comunque a finire le riprese di La belle et la bête, che ricevette il premio Louis Delluc nel 1946 a Cannes. Nel 1954 venne colpito da una grave crisi cardiaca. Nel 1955 venne eletto membro dell’Académie Royale de Langue et Littérature française de Belgique, dell’Académie Française, dottore honoris causa all’Università di Oxford e membro onorario del National Institute of Arts and Letters di New York. Nel 1957 divenne ancora presidente onorario della giuria di Cannes. Il 22 aprile 1963 fu colto da una crisi cardiaca. L’11 ottobre, durante la convalescenza a Milly-La-Foret, Jean Cocteau morì. Il suo corpo imbalsamato è conservato a Milly, nella cappella che lui stesso affrescò.
Jean Cocteau ha una visione della poesia differente, in rapporto ai suoi predecessori. Infatti, egli pensa che il poeta sia immortale e che il mestiere di poeta non sia per niente facile. La poesia, infatti, implica sofferenza, un poeta, per divenire tale, deve soffrire profondamente. Egli lo testimonia con questa frase nel suo primo film, Le sang d’un poète: «Que de sang, que de larmes, en échange de ces haches, de ces gueules, de ces licornes, de ces torches, de ces tours, de ces merlettes, de ces semis d’étoiles et de ces champs d’azur!»
Jean Cocteau era attirato dai simboli. Egli, infatti, mette in scena diversi simboli nelle sue opere. Gli specchi, ad esempio, fungono da mezzo di comunicazione fra la vita e la morte. Difatti, il mondo dei morti comunica con il mondo dei viventi attraverso il passaggio tra gli specchi.
Anche la morte è rappresentata diversamente rispetto alla visione tradizionale. « La Mort est une jeune femme très belle en robe de bal rose vif et en manteau de fourrure. Cheveux, robe, manteau, souliers, gestes, démarche à la dernière mode. Elle a de grands yeux bleus peints sur un loup. Elle parle vite, d’une voix sèche et distraite. Sa blouse d’infirmière aussi doit être l’élégance même. »
Egli raffigura la morte come una donna bellissima ed elegante, in un vestito rosa acceso all’ultima moda. Questa eleganza è la personificazione del fascino che essa ha sempre attirato su Cocteau stesso.
Ma qual è l’eredità che Jean Cocteau ci lascia?
Attraverso le sue opere egli vuole fare rivivere coloro che sono morti: egli ci dona un messaggio positivo, poiché, secondo lui è possibile sconfiggere la morte, poiché il poeta è condannato a vivere in eterno attraverso i suoi personaggi e le sue opere.