Castellitto è certamente un regista dotatissimo e lo ha dimostrato ancora a Cannes 2017 presentando il suo ultimo film Fortunata nella sezione Un Certain regard. Si conti pure un successo consacrato al box office con il primo posto in Italia, avendo superato il blockbuster Alien: Covenant.
Illuminato dal sole irresistibile di Roma, reso perfettamente dalla fotografia di Gian Filippo Corticelli, Fortunata prende il nome dalla sua intrepida protagonista (Jasmine Trinca). Leonessa di Tor Pignattara, bella e coatta, moglie stanca e in procinto di divorziare da un marito poliziotto volgare e violento (Edoardo Pesce), lotta per aprire un suo salone da parrucchiera lavorando in nero e chiedendo soldi ad una strozzina cinese.
Aiutata dal fraterno amico Chicano (Alessandro Borghi), bipolare, inquieto e violento che deve badare alla vecchia madre ex-attrice sofferente di Alzheimer (Hanna Schygulla, ex-musa di Rainer Werner Fassbinder), deve pure conquistare l’amore della figlia Barbara (la perfetta Nicole Centanni) che è combattuta tra i due genitori belligeranti.
Una svolta nella sua vita arriva però con la conoscenza di Patrizio (Stefano Accorsi), psicologo della bambina che per Fortunata sembra l’inizio di un cambiamento all’insegna dell’amore…
In questo film ribolle di tutto già dalla trama, come ben si è visto. Opera umorale ed intensa, fatta di sbalzi, salti e tensioni, eccessi, ha il suo problema nella sceneggiatura. La scrittura della Mazzantini abusa di raffinatezza creando rispetto ai personaggi un distacco insano e squilibrato.
La verbosità delle scene, lo psicologismo e l’affettatezza dei toni lapidari di certi personaggi (soprattutto quello di Accorsi, che non sembra avere senso della misura e ha degli sbalzi pacchiani alla Muccino) stona con la passione e l’intensità del romanesco e la vibrazione delle situazioni.
Il rimando alle simbologie e alle citazioni letterarie non giova ed appesantisce laddove Castellitto punta all’empatia, alla furia e alla comprensione dei personaggi. Ѐ proprio una questione musicale, di ritmo e stonatura.
Nella regia sta uno dei più grandi punti di forza del film: la scelta di Castellitto è quella di creare esplosioni, contrasti perfino a livello di piani e movimenti. Lui regala grandi scene laddove si libera della sceneggiatura o non segue alla lettera i suoi comandi.
Il film però non appartiene a lui: è tutto della Trinca. Se il film non è memorabile, la sua Fortunata lo è. A lei vanno gli encomi, i batticuori e gli applausi, se li si prova durante la visione. La sua è una presenza meravigliosa che riesce ad amalgamare tutto, compresi gli errori del testo e li rende con la forza delle viscere. Lei stessa è un capolavoro, uno spettacolo ed un rapimento.
Sul suo talento di attrice non c’erano mai stati dubbi e con Miele della Golino lei aveva già ribadito di poter reggere il peso di interi film sulla sua recitazione. Questo è anche un segno, come diceva il Morandini, che i nostri attori sono nettamente superiori alla media dei registi e degli scrittori di cinema. Non ci resta che aspettare un altro capolavoro recitativo da questa grande protagonista.
Antonio Canzoniere