A soli 13 anni, Janna Jihad è stata riconosciuta come una delle giornaliste più giovani al mondo. Oggi, che di anni ne ha 15, rischia ogni giorno la vita per documentare le violazioni dei diritti umani nei territori palestinesi occupati.
La storia di Janna Jihad
Janna Jihad vive a Nabi Saleh, un piccolo villaggio della Cisgiordania occupato da Israele. Già da diversi anni Janna riporta le violenze commesse dall’esercito israeliano nei confronti del popolo palestinese. Lo fa attraverso video reportage pubblicati sulla sua pagina Facebook, che oggi conta oltre 420mila seguaci.
Il suo lavoro comincia all’età di 7 anni, quando l’esercito israeliano uccide lo zio di Janna davanti ai suoi occhi. Janna, con coraggio e risolutezza, filma la scena con il cellulare della madre per mostrare al mondo la crudeltà che il suo popolo subisce.
Quell’episodio, insieme ad altri avvenimenti drammatici, spingono Janna Jihad a diventare un’attivista e lottare contro l’occupazione dei territori palestinesi da parte di Israele. Manifesta, filma, racconta la sua quotidianità: la paura e il terrore, gli attacchi e le violenze. È proprio grazie a questo che, a soli 13 anni, viene riconosciuta come una delle più giovani giornaliste al mondo e la più giovane giornalista palestinese.
Le minacce di morte
I suoi reportage raccontano le sofferenze della popolazione palestinese non solo a Nabi Saleh, ma anche in altre zone della Palestina occupata da Israele, che Janna raggiunge insieme alla madre.
Come lei stessa racconta, ciò che le permette di svolgere il suo lavoro è, per assurdo, proprio il suo essere ancora una bambina. A differenza di quanto accade con gli altri giornalisti, non sempre i soldati israeliani si accorgono della telecamera con cui Janna Jihad filma. Ciò, naturalmente, non significa che il suo lavoro sia privo di pericoli, anzi. Accade spesso che i giornalisti vengano arrestati e, a volte, perfino uccisi. La stessa Janna Jihad rischia la vita ogni giorno.
Quattro anni fa il Ministero israeliano per gli Affari Strategici ha considerato Janna una minaccia per il Paese. Da allora, la giovane giornalista racconta di aver più volte subito minacce da parte dei sionisti. Tant’è che Amnesty International ha lanciato una petizione per assicurare protezione a Janna.
Nonostante ciò, lo spirito combattivo di Janna non si arresta e la voglia di far conoscere al mondo ciò che accade a casa sua è sempre più forte. Il desiderio di vivere una vita normale e liberare la sua terra dai soprusi spingono Janna a battersi, anche a costo di rischiare la vita.
L’infanzia rubata ai bambini palestinesi
Stando ai dati forniti da Amnesty International, durante la prima metà del 2021 l’esercito israeliano ha ucciso oltre 70 bambini nei territori palestinesi occupati. Inoltre, ogni anno Israele processa più di 500 bambini nei tribunali militari.
Le leggi israeliane prevedono che già a 12 anni i bambini possano essere arrestati e messi in carcere per reati terroristici.
Ciò che Israele compie nei confronti del popolo palestinese, in particolare nei confronti di bambini e adolescenti, è una chiara violazione dei diritti umani e del diritto internazionale. Israele ha infatti firmato la Convenzione sui Diritti dell’Infanzia. Tuttavia gli impegni assunti non vengono estesi ai bambini palestinesi.
Janna Jihad racconta che nei territori palestinesi occupati, i bambini e i ragazzi come lei vivono nella paura costante di essere colpiti dalle forze israeliane. Convivono così con ansia e stress. La libertà e la spensieratezza, che ad ogni bambino di quell’età dovrebbero essere garantite, per loro è solo un sogno.
Essere perseguitati, arrestati, processati e uccisi è all’ordine del giorno per i bambini palestinesi.
Come racconta Janna Jihad in un articolo pubblicato pochi mesi fa su Al Jazeera, a soli 16 anni, sua cugina Ahed Tamimi è stata arrestata e detenuta per otto mesi in un carcere israeliano. Insieme a lei, diverse donne e molti bambini si trovavano in prigione, a volte anche senza accuse ufficiali.
I traumi che ne derivano sono indescrivibili. Ciononostante, Janna non demorde:
«Ma nonostante tutte le difficoltà che affrontiamo, sono fiduciosa per il futuro. Siamo la generazione del cambiamento e la generazione che, spero, libererà la Palestina.»
Appello alla comunità internazionale
È importante sottolineare che, sebbene Janna sia una giornalista, ha soltanto 15 anni. Non dovrebbe essere questo il modo di vivere di una ragazza. Non dovrebbe spettare a lei battersi per la giustizia. Dovrebbe essere libera, tranquilla, spensierata.
«I bambini palestinesi, come tutti i bambini, hanno il diritto di stare al sicuro nelle loro case e scuole. Hanno il diritto di essere liberi da molestie, violenze, arresti arbitrari e attacchi da parte di soldati e coloni israeliani.» – Janna Jihad
È necessario che la comunità internazionale intervenga al fine di proteggere Janna e tutti i bambini e le bambine che, come lei, desiderano solo pace e libertà. Il rispetto dei diritti umani non è un optional e l’indifferenza verso la sofferenza del popolo palestinese non è più accettabile.
Federica Fiorello