Il 15 agosto del 2019 il primo ministro indiano Narendra Modi ha privato lo stato di Jammu e Kashmir dell’autonomia e lo ha diviso in due territori controllati direttamente dal governo centrale. Da allora la stampa della regione, un tempo fiorente e vibrante, è stata smantellata attraverso diverse tattiche: nuovi regolamenti, blocchi pubblicitari, arresti e intimidazioni.
La questione del Kashmir e il conflitto indo- pakistano
Lo Stato di Jammu e Kashmir confina con India, Pakistan, Cina e Afghanistan. La questione del Kashmir risale al periodo coloniale. Questo piccolo Stato sarà, da sempre, un territorio conteso, oggetto di mire espansionistiche.
La questione nasce in seguito alla suddivisione della Colonia Britannica dell’India in due territori separati ovvero l’India e il Pakistan. Il Pakistan avrebbe voluto annettere lo Stato di Jammu e Kashmir poiché vi era una presenza prevalente di popolazione di fede musulmana. D’altra parte, l’India, rivendicava la possibilità di far convivere pacificamente i vari credi religiosi.
Nel 1947 in Pakistan esplose una rivolta. Il Maharaja dello Stato di Jammu e Kashmir fu costretto a prendere una posizione, scegliendo tra i due Stati neonati. Il successivo intervento delle Nazioni Unite, che suddivise lo Stato del Kashmir in diverse zone, riuscirà a sedare la rivolta. Alcune zone andarono così al Pakistan e altri territori all’India. Questo conflitto segna l’inizio della Prima guerra del Kashmir.
A questo seguiranno altri conflitti, quello del 1965, del 1971 e del 1999. Di fatto la questione del Kashmir non si è mai conclusa e ancora oggi ci sono tensioni tra India e Pakistan.
La situazione attuale
Il 15 agosto 2019, il primo ministro indiano Narendra Modi ha decretato la fine dell’autonomia dello Stato di Jammu e Kashmir, revocando lo statuto speciale previsto dall’articolo 370 della Costituzione che garantiva alla regione uno status di autonomia e suddividendo così il territorio in due territori separati: il Ladakh e il Jammu e Kashmir.
Il governo di Modi è un sostenitore dell’hindutva. Con questo termine si fa riferimento al movimento politico che porta avanti il progetto di creare uno Stato indù. Uno Stato che sia puro e non contaminato da altri popoli e da altre credenze.
Un episodio sintomatico di questa ideologia riguarda un divieto emanato da Modi sulla vendita della carne bovina ai musulmani. Questo perché, per gli induisti, le mucche sono sacre. Modi ha successivamente dichiarato come tale decisione sia esclusivamente un’azione di tutela verso gli animali. Certamente errato il pensiero di quanti la ritenevano una azione repressiva contro i musulmani.
I musulmani vivono così, costantemente, in un clima di terrore, con la paura di essere arrestati o addirittura uccisi se trovati in possesso di carne bovina.
Anche i giornalisti sono continuamente attaccati. La libertà di espressione è inesistente.
La stampa
Da quando Narendra Modi è salito al potere le voci di coloro che si opponevano al governo nazionalista di destra sono state fatte tacere piano piano. La destra nazionalista ha addirittura coniato un termine dispregiativo con cui riferirsi ai giornalisti ovvero “presstitute”, unendo la parola “press” (stampa) e la parola “prostitute” (prostituta).
I giornalisti sono stati messi all’angolo e si sono moltiplicate le aggressione e le intimidazioni nei confronti di tutti coloro che esprimono un pensiero diverso.
L’India si trova alla posizione 136 su 180 tra i vari paesi per quanto riguarda la libertà di stampa. Tuttavia, le limitazioni nell’accesso ad internet, l’impossibilità di esprimersi e confrontarsi liberamente hanno piano piano ridimensionato la libertà di espressione di ciascuno.
Dopo aver privato lo Stato del Kashmir della sua autonomia, il Primo ministro Modi, sta facendo quanto in suo potere per limitare, allo stesso modo, la libertà di ciascuno. Dietro la maschera di uomo e politico comprensivo e vicino ai bisogni della gente si nasconde il volto di un vero dittatore.