Alle 20 del 22 febbraio il premier Conte si schiarì la voce e appoggiandosi su un sorriso da fratello maggiore disse alla telecamera “abbiamo un focolaio di Coronavirus ma la situazione è sotto controllo e non è davvero il caso di preoccuparsi.”
L’italiano, che in quel momento stava valutando una tripla secca su Barletta – Juve Stabia, alzò la testa dalla schedina e chiese alla moglie “che ha detto?”.
“Preoccuparsi” rispose la donna tirando su una polpetta dal sugo con la cucchiaia di legno.
Così l’italiano salì in macchina con la famiglia e andò preoccupato al supermercato. Prese 32 kg di pasta aromatizzata al glisofato, tre quintali di biscotti con il boccettino di olio di palma se non ti basta quello già nella ricetta, 98 petti di polli allevati in un ascensore alla periferia di Bucarest e altrettante scatole di carne che però erano finite la simmenthal, la montana e la manzotin ed era rimasta la “muccamort” solo carne di bovini investiti sulla complanare di Foggia, 112 litri di olio quasi extra, insomma oliva, spremuto a tiepido in una casa cantoniera in disuso sulla Salerno-Reggio Calabria, il sale da cucina era terminato però c’era quello per non far ghiacciare il passo del Brennero, 22 flaconi di shampo-bagno-docciaschiuma marca “Vachebell” per capelli, corpo, auto, muri, piccoli animali domestici, cornicione interno del wc, 14 confezioni di pronto perché se stai chiuso in casa lasci tutte le impronte sui mobili dell’ingresso, uno scatolone di arbre magique perché comunque erano finite le lenticchie, 13 set di coltelli dello chef tony, e tre arance che c’è la vitamina C.
Così, mentre l’italiano era al sicuro che fissava il mobile dell’ingresso senza impronte, il presidente Conte, erano le 20 del 23 febbraio, si schiarì la voce e appoggiandosi su uno sguardo severo da padre di famiglia disse alla telecamera “forse qualcuno ha frainteso il senso del discorso di ieri, non è il caso di darsi all’isteria di massa, state tranquilli che terremo sotto controllo l’infezione.”
L’italiana, che stava leggendo di Rosa e Olindo alzò la testa da Grazia del novembre 2008 e chiese al marito “che ha detto?”
“infezione” rispose l’uomo mentre usava lo shampo “vachebell” per levare la ruggine da un bullone.
Quindi la famiglia riprese l’auto e andò al megastore “tutto per l’igiene anche di quei posti lì che di solito non lavate” dove acquistò 97 galloni di varichina aromatizzata funghi, 47 tagliaunghie, sei piegaciglia a uso veterinario, un soprabito ipoallergenico con cintura, una damigiana di grappa clandestina con su l’etichetta “alcool” e l’emoj dell’occhiolino, una muta da sub, e allungando 50 euro al tizio dell’antitaccheggio, un finto tesserino con la scritta NAS in comic sans.
Alle ore 20 del 24, il premier Conte si schiarì la voce e appoggiandosi sull’espressione di una maestra delle elementari che chiede la tabellina del 3 a un ripetente di 29 anni disse: “credo ci sia stato un gigantesco equivoco ho detto che non è proprio il caso di fare gli isterici non è assolutamente in gioco la nostra sopravvivenza.”
L’italiano, igienizzato e sicuro, con il 98 percento delle sue risorse mentali impegnate nell’introduzione dell’indice destro nella narice sinistra, chiese alla moglie che stava lucidando il gatto con il pronto “che ha detto?”
“Sopravvivenza” sentenziò la donna fissando sulla fronte la bandana col sol levante dei kamikaze giapponesi.
La famiglia andò al rambo center di Orio al Serio e acquistò tre balestre in alluminio e una in legno nel caso mancasse la corrente elettrica, sei trappole per scarafaggi, un costume di carnevale da lontra abbastanza credibile a parte le orecchie a forma di cuore, il manuale “tutto sui nodi, dalla marina alla roccia passando per il sesso”, una lampada a energia solare alimentata da una dinamo messa su una bicicletta con pedalata automatica assistita da un diesel 4 tempi.
Fu quindi alle 20 del 25 febbraio, che il premier Conte, appoggiandosi sui cogli*ni guardò la telecamera come mia mamma quando dicevo di aver messo in ordine la stanza e disse “sentite, banda di rincogli*niti, per quanto mi riguarda possiamo morire tutti che tanto sul pianeta di questo paese del ca**o non si sentirà certo la mancanza. Quindi limonate pure con tutti quelli che tossiscono che se ci estinguiamo in Italia per il resto del mondo va tutto bene.”
“Che ha detto?”, disse l’italiana mentre lucidava i mobilini dell’ingressino della piccola stanza antiatomica in eternit costruita in sala.
“che va tutto bene” rispose il marito
“Allora domani mi porti da IKEA?”
“no, abbiamo debiti fino a 70 anni dopo la fine del mutuo”
Gianluca Cico