Italiani razzisti: lo dice lo studio. Lo confermano i fatti

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Fonte: Go Study Australia

Lo scorso 17 novembre, la Swg ha lanciato un sondaggio. La domanda era una, chiara e diretta: “Determinate forme di razzismo e discriminazione possono essere giustificate?”. Per 55 italiani su cento la risposta è sì. Analizziamo nel dettaglio le risposte. Il 45 per cento ha risposto “no, mai” (e meno male). Per il 29 “dipende dalle situazioni”. Per il 16 “solo in pochi specifici casi”. Per il 7 “nella maggior parte dei casi”. Per il 3 “sempre”. Nessuno lo ammetterebbe apertamente, ma dallo studio emerge chiaramente che gli italiani sono razzisti.




 

Quando i rappresentanti delle istituzioni sono razzisti

 

Per cominciare l’anno con una delle sue perle, il leader leghista Matteo Salvini ha affidato a Twitter una sua profonda riflessione di orgoglio nazional-popolare.

“Vado a messa a Bormio, e sento dire dal prete che ‘bisogna accogliere tutti i migranti’. Penso ai milioni di italiani senza casa e senza lavoro, al milione di bambini che in Italia vivono in povertà, e prego per loro.”

Il devoto Salvini doveva essere assente quando nella lezione del catechismo veniva spiegata la vocazione universalistica ed ecumenica del cristianesimo. È anche possibile che, preso dai suoi mille impegni a restituire l’Italia agli italiani, abbia persino dimenticato l’impronta che Papa Francesco sta dando alla Chiesa cattolica.




 

Le parole sono importanti

 

Un altro oratore, bravo con le parole almeno quanto Cicerone, è Massimo Corsaro, deputato di centrodestra. Dopo una partita di calcio ha dato dello “zingaro” all’ex allenatore del Torino, Sinisa Mihajlovic. Tutto il suo acume si era già palesato quando, rivolgendosi al collega ebreo, Emanuele Fiano, disse che portava le sopracciglia folte per nascondere i segni della circoncisione. D’altronde, se a Fiano hanno tagliato il prepuzio, a lui andrebbe tagliato lo stipendio per ogni cavolata che dice.




 

Razzismo e tutela dell’ordine pubblico

 

Se i protagonisti di episodi razzisti sono “attori istituzionali” gli effetti hanno portata più ampia rispetto ad un insulto urlato per strada. Nell’agosto del 2016 il sindaco di Ventimiglia vietò la distribuzione di cibo ai migranti in attesa alla frontiera; nello stesso periodo la sindaca di Codigoro, propose un aumento delle tasse per chi affittava appartamenti ai richiedenti asilo; nel settembre 2017 il sindaco di Pontida decise di riservare i parcheggi soltanto a donne comunitarie ed etero. E se poi si fa loro notare che le loro decisioni sono forme di razzismo, loro cadono dalle nuvole e rispondo che no, il razzismo mai. Sarà.

Ma non sarà mica che tutto questo fomentare l’odio razziale stia portando anche alla violenza nelle strade? Ebbene sì. È difficile dimenticare quel che nel luglio 2016 accadde ad Emmanuel Chidi Namdi. Il trentaseienne nigeriano, fuggito dalle persecuzioni di estremismo islamico di Boko Haram, passeggiava con la fidanzata quando, due ragazzi cominciarono a dare alla ragazza appellativi poco felici. Emmanuel, che provò a difenderla, fu aggredito con una spranga e massacrato a calci e pugni.

 

L’odio social e le parole razziste senza filtri

 

Nel settembre 2017 Twitter si è visto costretto a bloccare ed oscurare temporaneamente il profilo di Fabrizio Bracconieri che decise di commentare in una maniera decisamente razzista gli stupri di Rimini, commessi da quattro ragazzi africani. Questo esempio di quanto l’Italia sia accogliente rivolse le sue “dolci” parole all’ex ministra Cécile Kyenge. Due i tweet:

“Non mi viene in mente il nome della buzzicona muslim che era ministro” e, a seguire, “Ti ho trovata @ckyenge non dici niente dei tuoi fratelli merde muslim? Sei abituata, conosci i vostri usi con capre, no? Fate schifo!! Viaaa”.

Non credo sia necessario aggiungere altro. Certi post si commentano da soli.

 

Gli italiani hanno la memoria corta

 

“Cosa intende per nazione, signor Ministro? Una massa di infelici? Piantiamo grano, ma non mangiamo pane bianco. Coltiviamo la vite, ma non beviamo il vino. Alleviamo animali, ma non mangiamo carne. Ciò nonostante voi ci consigliate di non abbandonare la nostra Patria. Ma è una Patria le terra dove non si riesce a vivere del proprio lavoro?”

Fu questa la risposta di un emigrante italiano ad un ministro italiano.

 

Quanti, oggi, si riempiono la bocca di colorite espressioni verso gli immigrati, ignorano quando gli immigrati eravamo noi. Dimentichi di quando si partiva con la valigia di cartone per gli “Iunaitid Staites”, quando quelli a dover subire gli insulti razzisti eravamo noi. Come qualcuno diceva, “Perché guardi la pagliuzza che è nell’occhio del tuo fratello e non ti accorgi della trave che è nel tuo occhio?”

 

Lorena Bellano

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