Italiani emigranti: il numero cresce nel 2016

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Il nuovo “Rapporto Italiani nel Mondo 2017 di Migrantes, presentato oggi a Roma parla chiaro, il numero di connazionali residenti all’estero risulta, al primo gennaio 2017, di quasi 5 milioni. Il dato si può desumere dal registro delle iscrizioni all’Aire (Anagrafe degli italiani residenti all’estero).

Il trend, secondo il Rapporto, continua ad essere in costante ascesa, infatti nel 2016 gli espatriati sono risultati essere 124.076, un numero in aumento del 15,4% rispetto al 2015.

Del complessivo 39% di coloro che hanno lasciato il nostro paese nel 2016, la maggioranza risultano essere giovani di età compresa tra i 18 ed i 34 anni (+23,3%). Non trascurabile il dato che vede coinvolti anche quei soggetti, non più tanto giovani, etichettati come “disoccupati senza speranza“, di età compresa tra i 50 ed i 64 anni.

Insomma un quadro che, dal 2006, evidenzia come la mobilità italiana sia aumentata del 60,1%.




Eppure il nostro è da sempre considerato il “Bel Paese”, una terra ricca di cultura, da quella monumentale a quella paesaggistica e gastronomica, per non parlare del buon vino e della buona gente! E non dimentichiamo il clima, così mite!

Ma, come tutti sappiano, il clima, non solo quello relazionato alla meteorologia, se considerato in senso lato, denota, grazie a tutta una serie di comportamenti, i tratti sociali distintivi di un gruppo più o meno allargato.

Nel caso del nostro paese, ci si incontra con un’amalgama di atteggiamenti estremamente variegati, non sempre tutti condivisibili. Comportamenti che, con il tempo, radicandosi, si sono trasformati in veri e propri costumi sociali. L’inevitabile conseguenza ha una sola parola: disordine.

Il territorio italiano evidenzia dunque una straordinaria diversità sociale da cui sono scaturite inevitabili diseguaglianze. L’esasperarsi di tali comportamenti e la mancanza di una buona gestione, attraverso un processo educativo e di ferrea applicazione delle norme, invece di attenuarne le molteplici stratificazioni, ha finito con l’acuire quelle esistenti e col crearne di nuove.

Gli italiani amano il proprio paese, lo difendono a spada tratta e spesso ne esaltano le bellezze ma alla fine lo abbandonano, per disperazione.

La contraddizione che sembra emergerne è sotto gli occhi di tutti e ci accompagna ormai da anni, da quando la famosa “crisi economica”, risultato di equilibri globali instabili ci ha travolto. Non solo però, infatti la gestione inefficiente operata dalla nostra stessa “classe politica dirigente”, troppo spesso corrotta ed interessata agli interessi individuali, ha contribuito a costruire un quadro sempre più inefficiente. E non dimentichiamo gli atteggiamenti sociali di noi stessi italiani, spesso furbeschi. Tutto ciò, con il tempo, ha leso il nostro tessuto sociale, rendendolo debole e provocando ingiustizie, differenze, disoccupazione ed alla fine frustrazione.

Poco lungimiranza o egoismo? L’una o l’altra cosa hanno determinato, e continuano a farlo, un impatto negativo enorme sulle generazioni future.

Detto ciò è difficile pensare di restare qui. E’ complicato chiedere ai giovani, parte di un mondo ormai globalizzato, di sacrificarsi e lottare contro il disordine quotidiano sul quale si fonda il nostro paese.

Non è solo un tema di valori né si vuol mettere in discussione l’amore per l’Italia , ma è inevitabile il confronto con altre realtà, meglio strutturate ed organizzate nonchè pronte ad accogliere, con uno stile di vita più comodo, chi è pronto ad offrire la propria manodopera, sia essa intellettuale che manuale.




Sacrificio, non è la parola d’ordine delle nuove generazioni, e neppure di quelle non più così giovani e pronte a ricominciare. Per cui, di fronte alla speranza di nuove opportunità, si è pronti a fare le veligie ed a lasciare il nostro “Bel Paese”.

E così l’Europa registra il maggior numero di emigranti italiani, in particolare la Gran Bretagna, seguita dalla Germania, dalla Svizzera e dalla Francia. E non manca chi si sposta oltre oceano dove i paesi che registrano il maggior numero di nuovi arrivi nostrani sono Stati Uniti e Brasile.

Se poi si pensa che ad abbandonare l’Italia siani soprattutto i meridionali ci si sbaglia perchè la Lombardia è risultata essere la prima regione con quasi 23 mila partenze, seguita dal Veneto con 11.611, dalla Sicilia con 11.501, dal Lazio con 11.114 e dal Piemonte con 9.022..




Una regione in controtendenza però c’è e ci fa ben sperare, anche rispetto alla tanto discussa “fuga di cervelli”, ed è il Friuli Venezia Giulia che, nell’ultimo anno, ha visto partire 300 persone in meno (-7,3%).

                                                                                                                                                                               Turi Ambrogio

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