Italia unico Paese europeo che ha diminuito i salari

salari

L’Italia è l’unico Paese dell’Unione europea in cui, negli ultimi 30 anni, il salario medio dei lavoratori è diminuito anziché aumentare. È quanto emerge da un’analisi di OpenPolis sulla base dei dati Ocse.
Tra il 1990 e il 2020, infatti, nel nostro Paese si è registrato un calo del salario medio annuale pari al 2,9%.




Il confronto in Europa

In Germania e in Francia, i salari medi hanno avuto un aumento rispettivamente del 33,7% e del 31,1%, nonostante partissero da livelli già alti. E se l’Europa meridionale è quella che ha visto crescite dei salari più contenute, il saldo resta positivo, a dispetto del nostro. In Grecia, Paese che sconta il peso di un alto debito pubblico, l’aumento è stato del 30%. E in Spagna, con un mercato del lavoro analogo a quello italiano, il salario medio è comunque cresciuto, anche se di poco (+6,2%).

Il salario medio

In Italia invece nel 2020 il salario medio è di 37,8 mila dollari (circa 32,7 mila euro). In Spagna è di 37,9 mila dollari. Nell’Ue, gli stipendi più alti sono in Lussemburgo (65,8 mila dollari), seguito da Olanda (58,8 mila) e Danimarca (58,4). In Germania si attesta su una media di 53,7 mila dollari, in Francia sui 45,6. E i Paesi baltici dove negli anni ’90 si guadagnava meno di 10mila dollari all’anno, oggi vantano stipendi intorno ai 30mila dollari, non molto lontano dal nostro.

Siamo tornati agli anni Novanta

Se all’inizio degli anni ’90 l’Italia era il settimo Stato europeo subito dopo la Germania per salari medi annuali, nel 2020 è scesa al tredicesimo posto, sotto a Paesi come Francia, Irlanda, Svezia e Spagna, che negli anni ’90 avevano salari più bassi.
Tra il 2012 e il 2019 poi la variazione è stata minima, mentre tra il 2019 e il 2020 c’è stata una diminuzione piuttosto importante, che ha riportato i salari italiani al di sotto dei livelli del 1990.

Caro energia e inflazione

Leggere questi dati alla luce del caro energia e dell’aumento dell’inflazione, è ancora più allarmante. Se aumenta l’inflazione, aumenta il livello generale dei prezzi, che determina una perdita di potere d’acquisto della moneta: con la stessa quantità di denaro si può cioè acquistare una minore quantità di beni e servizi.
Se questa stessa quantità di denaro è misera o comunque non accenna ad aumentare, il potere d’acquisto diventerà sempre più basso.

Contratti di categoria scaduti da anni

Ci sono 622 contratti di categoria scaduti, alcuni da dieci anni. I sindacati chiedono il rinnovo adeguando per l’appunto le retribuzioni al picco dei prezzi. Mentre le associazioni datoriali chiedono la riduzione del cuneo fiscale.

Quel che è certo è che è necessario equilibrare i salari al livello europeo, innalzandoli almeno proporzionalmente come è stato fatto negli altri Paesi.

Marta Fresolone

Exit mobile version