Il debito pubblico italiano è sempre al centro di tutte le discussioni relative al ruolo dell’Italia nell’Unione europea. Anche se siamo stati tra i fondatori dell’Unione più di un governo europeo ci vorrebbe relegati in seconda o in terza fascia.
IL DEBITO PUBBLICO
In economia Il debito pubblico è quella passività che lo stato ha nei confronti di altri soggetti economici. Attraverso la compravendita di obbligazioni e titoli questi soggetti vantano un credito nei confronti dello stato che le ha emesse. Tutto questo si traduce in nuove disponibilità economiche che lo stato usa per far fronte alla spesa pubblica. A livello contabile, il debito pubblico rappresenta la differenza tra entrate e uscite statali.
COME SIAMO ARRIVATI A QUESTO PUNTO
L’Italia ha speso più di quanto ha incassato per molto tempo. Negli anni 90 l’Italia ha raggiunto la quota dei 1000 miliardi (1994) per salire in modo “vertiginoso” in pochissimo tempo. Questo numero si è poi raddoppiato dopo neanche 20 anni per arrivare nell’anno 2017 a questa cifra “spaventosa”. Per essere più precisi, negli ultimi 3 anni il debito pubblico è aumentato di 4,1 miliardi al mese.
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È difficile farsi un’idea pragmatica su questo “mostruoso” fenomeno. Pensando allo stipendio di un qualsiasi lavoratore questa cifra sembra l’Universo. Per rendere la situazione più realistica bisogna fare riferimento al PIL. Se lo stato per risanare dedicasse tutti i fondi a sua disposizione senza doverli spendere per altro dovremmo aspettare moltissimi anni. Un altro fattore per dare qualche contorno in più a questo “Cosmo” è il Debito pro capite: ogni persona (compresi anziani e bambini) dovrebbe restituire circa 38mila euro.
L’ALTRA FACCIA DELLA MEDAGLIA
Contrariamente a quello che si può pensare, l’Italia per molto tempo ha rispettato la regola del 3% riguardante il rapporto deficit/Pil su base annua. Come sottolinea il documento del MEF, nel periodo 2009-2015 l’avanzo statale è stato mediamente molto buono. In realtà, gran parte dell’ammontare del debito in rapporto al PIL (133%) è dovuta alla caduta stessa del PIL per via delle politiche di austerità e dell’altissima pressione fiscale che ha drasticamente ridimensionato il mercato del lavoro vanificando gli sforzi e i sacrifici fatti finora.
È evidente che le politiche errate adottate dai governi precedenti e l’inflazione causata da quest’ultime abbia portato l’Italia ad accumulare una passività mostruosa. Chi si farà carico di questo lascito negativo e cosa si dovrebbe fare per dare un po’ di speranza?
MARCO GALLETTI