Italia: Il Paese dei concorsi infiniti 100 milioni di spesa

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Quanto grande sia la corsa al posto fisso, nell’Italia dove la disoccupazione giovanile non si schioda dal 40 per cento o giù di lì, lo dice un numero: 393.413.

Per appena 830 stipendi: 800 da cancelliere, tanto da scatenare 308.468 persone, e 30 vice-assistenti della Banca d’Italia con 84.745 concorrenti.

Ma la cifra sarebbe aumentata se al concorso per quei posti, tanto ambiti, a scala Nazionale non fossero stati esclusi circa 76 mila diplomati. Ragion per cui sono già pronti i ricorsi per bloccare tutto.

I sindacati sono già aggueriti poiché sostengono che tagliar fuori chi non è laureato sarebbe discriminatorio.

E la conclusione è ben nota a tutti; difatti il Tar aveva, in passato, bocciato la regola del bando che poneva come limite minimo per l’ammissione un voto di laurea non inferiore a 105.

Una norma sicuramente c’è in questo Paese nel quale un articolo della Costituzione , art. 97, prescrive che “agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni si accede tramite concorso” è che non ce n’è uno nel quale fili tutto liscio.

A far da esempio quello di assistenti giudiziari.

Per un mese la Fiera di Roma si è trasformata in un incubo, finché il giudice del Lavoro di Firenze Stefania Carlucci ha intimato al ministero della Giustizia di riammettere la signora Mehillaj Orkida, di origine albanese esclusa perché non in possesso della cittadinanza italiana.http://www.ultimavoce.it/concorso-assistenti-giudiziari/

Sospendendo, di conseguenza, la procedura degli esami “sino alla conclusione del giudizio di merito in modo da permettere ai cittadini comunitari e agli stranieri di essere rimessi in termini per la presentazione delle domanda e partecipare con riserva al concorso“.




A luglio scorso,invece, al Tar del Lazio, ha annullato il primo concorso regionale per 40 infermieri bandito negli ultimi nove anni.

Sei mesi dopo gli esami per l’assunzione di 34 impiegati sono finiti sotto la mannaia del Tar dell’Umbria, mentre il Tar del Piemonte bloccava il concorso per 150 infermieri a Torino, dopo che in 2.500 avevano già superato le selezioni.

Senza parlare, poi,del concorsone del Comune di Roma, con il quale sarebbero dovute rientrare 300 unità nel corpo dei vigili urbani della Capitale.

Bandito nel 2010, è stato sospeso per sette anni. E qui, per una volta, la magistratura amministrativa che spesso rallenta l’esito dei concorsi non ha nulla a che vedere.

La pietra dello scandolo fu la scoperta che le buste lasciavano intravedere il contenuto. Infine una seconda e una terza commissione dimissionarie. Insomma un pasticcio assurdo, che solo adesso pare avviato all’esito finale: a giorni, sembra, ci siano gli orali.

Per le assunzioni, poi, è un’altra storia.

Una signora di Pavia che aveva superato con dedizione le prove per l’assunzione alla locale Asl, ha ricevuto anziché la lettera d’incarico una comunicazione in cui si annunciava l’annullamento delle prove.

Questa la motivazione: “non rispettano, in termini di eccessiva complessità, le indicazioni del bando per quanto attiene alle prove di idoneità in esso contenute, con conseguente violazione della lex specialis che il bando medesimo costituisce “.

In sostanza, le domande sono troppo difficili per cui si annulla. Vien da ridere solo a pensarlo.

Procede senza intoppi il concorso per laureati in beni culturali bandito nell’estate del 2016 con un quesito sul materiale di cui sono composti i Bronzi di Riace con tre possibili soluzioni: a) legno; b) marmo); c) bronzo.

Il problema è, come hanno spiegato gli studiosi Cristina Giorgiantonio, Tommaso Orlando, Giuliana Palumbo e Lucio Rizzica in un ‘Occasional paper’ della Banca d’Italia, che il sistema dei concorsi italiani fa acqua da tutte le parti.

E “le caratteristiche strutturali del sistema di reclutamento non sembrano adeguatamente favorire l’ingresso dei candidati migliori“.

E poi i costi, esorbitanti: Il 45% di chi affronta un concorso studia almeno cinque mesi senza lavorare.

Per poi finire magari in una macchina di ricorsi. Costi così elevati possono scoraggiare “i candidati più capaci e con migliori prospettive di mercato”.

Con il risultato di avvantaggiare “coloro che hanno più tempo da dedicare alla preparazione della prova, generalmente i non occupati”

I dati “mostrano che la probabilità di superare un concorso dipende in maniera sostanziale da quest’ultima variabile piuttosto che dall’abilità del candidato“.

Il “costo opportunità” per il Paese sopportato nel 2014 per 280 mila partecipanti ai concorsi pubblici abbia superato il miliardo e 400 milioni. Più di cento milioni al mese, per poi trovarsi, comunque, senza il tanto sperato posto fisso.

 

Anna Rahinò

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