I dati ufficiali dell’Ispra parlano chiaro, già ma quale autorità li ha presi in considerazione e ha adottato soluzioni pratiche? Un terzo del belpaese sopravvive con un sistema idrico fuorilegge: depuratori inesistenti, inadeguati, insufficienti, liquami in mare, nelle falde acquifere. In media il 40 per cento degli italiani scarica nei fiumi o a mare senza prima ricorrere al depuratore (in Sicilia la percentuale sale al 60 per cento della popolazione).
In numerosi acquedotti si hanno perdite superiori al 30 per cento; per le regioni meridionali la percentuale arriva addirittura al 50 per cento. In Europa per il sistema idrico si investono in media 50 euro ad abitante ogni anno, in Italia 34 euro (in molti comuni meno della metà). Eppure da anni sono disponibili oltre 1,1 miliardo di euro per i depuratori, ma su 94 cantieri previsti ne sono stati aperti solo tre. In Italia sono stati stanziati 3,5 miliardi di euro negli ultimi quindici anni e mai spesi e a breve dovrebbero partire le sanzioni europee, per importi fino a 500 milioni l’anno, condannando ben 14 su 20 regioni: Abruzzo, Calabria, Campania, Friuli Venezia-Giulia, Lazio, Liguria, Lombardia, Marche, Piemonte, Puglia, Sardegna, Sicilia, Valle d’Aosta e Veneto. in moltissime altre realtà italiane, addirittura alcuni centri balneari (un esempio tra tutti quello di Catania e delle città limitrofe), non sono allacciati al depuratore, quindi le fogne scaricano in mare; d’estate, per evitare bagni nei liquami, i collettori vengono tappati con sacchi di sabbia e disperdono nel sottosuolo e d’inverno, quando ci sono nubifragi, l’acqua si convoglia direttamente lungo le vie della città, creando seri danni economici e nei casi peggiori vittime umane.
Il rischio idrogeologico è strettamente connesso con lo sviluppo delle infrastrutture idriche e l’adeguamento del sistema della depurazione delle acque e della bonifica delle discariche. Come riportato dai dati della «Struttura di missione contro il dissesto idrogeologico e lo sviluppo delle infrastrutture idriche» (istituita da Governo con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 27 maggio 2014), il nostro è uno dei Paesi più franosi del mondo: «486.000 delle 700.000 frane in tutta l’Ue sono in 5.708 Comuni italiani, 2.940 a livello di attenzione molto elevato». Esiste un equilibrio sempre più precario tra sicurezza ambientale-dissesto idrogeologico e infrastrutture idriche.
In Puglia come in moltissime altre regioni risulta essere particolarmente tragica la situazione dei depuratori, nello specifico si segnala lo stato di criticità nelle acque reflue dei depuratori di Foggia. Per ben tre volte nel periodo compreso tra il primo aprile 2015 e l’8 luglio 2015 le acque reflue del depuratore di Foggia sono risultate «non conformi rispetto ai valori di accettabilità dei parametri previsti dalla tabella 1 allegato 5, del decreto legislativo 152 del 2006. Anche le acque del depuratore che serve la «zona industriale di Foggia» presentano criticità tant’è che i campioni prelevati il 4 settembre 2015 anche per questo depuratore sono risultati non conformi rispetto ai valori di accettabilità dei parametri previsti dalla tab. 1 e 3 allegato 5 del decreto legislativo 152 del 2006; in base al rapporto del 21 maggio 2013, redatto dalla Asl della provincia di Foggia, risulta che per il depuratore di Foggia non vi è stato il rinnovo dell’autorizzazione allo scarico, circostanza confermata da un processo verbale di accertamento e contestazione di illecito amministrativo redatto dalla capitaneria di porto di Manfredonia, in seguito all’accertamento effettuato il 12 marzo 2014 trasmesso al sindaco di Foggia il 30 aprile 2014.
Nel rapporto del 21 maggio 2013 redatto dalla Asl della provincia di Foggia si legge che «come riferisce il capo impianto, vi è una produzione di circa 20 mc di fanghi in quanto l’impianto non ha una continuità di lavoro; al momento l’impianto è in esercizio di controllo in modo continuato dalle ore 07,00 alle ore 19,00, se fosse continuato si avrebbe più produzione di fanghi; il capo impianto rappresenta uno dei punti critici, in quanto, specialmente quando vi sono piogge copiose, l’acqua in aumento in entrata non riesce a completare tutto il percorso depurativo creando, come segnalato nell’esposto, la presenza di patacche di fanghi galleggianti»; a conferma del perdurare delle criticità viene evidenziato, in un altro verbale dell’Asl provincia di Foggia, il risultato dell’ispezione effettuata in seguito alle segnalazioni del Movimento Consumatori (lettera spedita il 27 giugno 2014) dove si riconfermano tutte le situazioni anomale rilevate nel precedente rapporto, le mancate autorizzazioni, la produzione e lo smaltimento di fanghi e la presenza di patacche di fanghi galleggianti; ad oggi, la situazione descritta dall’ASL provincia di Foggia risulta peggiorata, in quanto è segnalata la presenza di stazioni di pompaggio dell’acqua per usi irrigui dei campi di coltivazione attigui al canale «Faraniello» nel tratto a valle del depuratore della città di Foggia, stazioni di pompaggio che addirittura non risultano autorizzate dall’autorità provinciale. Considerata l’importanza strategica che ha la risorsa acqua e il valore biologico degli stessi torrenti, tale situazione appare come una delle criticità ambientali (anche in riferimento al mantenimento di adeguati livelli di biodiversità dell’area in questione), tra le più gravi e preoccupanti sia per la salvaguardia ambientale che per l’incolumità sanitaria. Da allora la situazione non è migliorata. In Salento e nella provincia di Taranto va anche peggio.