Italia e Siria: i rapporti si stringono mettendo da parte i diritti umani

Stati Uniti accusano la Siria di aver costruito forni crematori Italia e Siria

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Mentre in Medioriente crescono le tensioni, l’Italia si dilegua silenziosamente dal gruppo ONU che monitora i diritti umani in Siria. E procede nel normalizzare i rapporti con la dittatura di Assad

Tra Italia e Siria i rapporti sembrano stringersi, ma questo potrebbe costare molto in termini di diritti umani.

L’Italia, infatti, non ha più interesse nel monitorare il rispetto dei diritti in Siria, insieme agli altri Paesi membri del Core Group di Ginevra.
Una mossa, parte di un processo di riavvicinamento alla Siria di Assad, è stata definita “vergognosa” dall’ONG Syria Campaign, e potrebbe innescare divisioni all’interno dell’UE.

Attualmente, la Siria sta affrontando una guerra civile in corso dal marzo 2011.
Il presidente Assad, con il sostegno di Russia e Iran, si è reso colpevole di numerosi crimini di guerra e violazioni dei diritti umani. Di conseguenza, nel 2011, L’UE ha sospeso le relazioni con Damasco, imponendo severe sanzioni economiche al regime.
Inoltre, l’Unione ha concordato una strategia per la Siria nel 2017, con l’obiettivo finale di una transizione politica.

Una strategia che, però, secondo l’Italia e altri Paesi necessita di un ulteriore passo verso l’interazione con la dittatura siriana.
Passo che rischia di mettere i diritti umani in secondo piano.

L’Italia lascia il gruppo ONU, Syria Campaign: “Decisione vergognosa”

Dopo anni passati all’interno del Core Group ONU per il monitoraggio del rispetto dei diritti umani in Siria — a fianco di Francia, Germania, Olanda, Qatar, Turchia, Stati Uniti e Regno Unito — lo scorso giovedì 19 settembre Roma si è ritirata.

Di conseguenza, nella bozza di risoluzione approvata ieri, in vista della 57esima sessione del Consiglio dell’Onu per i diritti umani, l’Italia non compare più tra i firmatari.

La decisione ha prodotto sgomento tra le ONG impegnate nella protezione dei diritti umani, tra cui Syria Campaign, e mette in discussione le relazioni tra l’Italia e la Siria di Assad.

La decisione del governo italiano è vergognosa e dimostra ancora una volta che l’Italia non ha alcun interesse ad assicurare il rispetto dei diritti umani e del diritto internazionale

L’uscita dal Core Group, infatti, non è il primo passo diplomatico che il nostro Paese svolge nel contesto di un riavvicinamento alla Siria.
Già lo scorso luglio, il governo ha nominato un ambasciatore a Damasco, Stefano Ravagnan. Una decisione singolare fra i membri del G7 e dell’UE, e che sembra andare in contrasto con la reputazione dell’Italia come uno dei più validi interlocutori sulla crisi siriana.

Ma, secondo il ministro degli Esteri Antonio Tajani, la nomina va letta come un tentativo di ristabilire i rapporti diplomatici con la Siria per evitare che la Russia (principale sostenitrice di Assad) monopolizzi gli sforzi diplomatici nel Paese.
E ribatte alle accuse di voler “riabilitare un dittatore

Abbiamo voluto dare un segnale di una crescita dell’attenzione. Non si può lasciare ai russi e ad altri il monopolio di una situazione. Oggi l’incaricato d’affari è a Beirut, e va ogni tanto.

Abbiamo sempre condannato alcuni comportamenti che riguardano i diritti civili, ma non possiamo ignorare quello che sta succedendo, abbiamo bisogno di una strategia e dobbiamo discuterne

Un’interpretazione, quella del governo, che non è condivisa da Veronica Bellintani, esperta legale del Syrian Legal Development Programme.

Manda il messaggio che l’Italia è disposta a ignorare gravi crimini come tortura, omicidi e oppressione sistematica in nome del pragmatismo politico e della convenienza

Italia e Siria: il ruolo dei profughi siriani in arrivo in Europa

Questa normalizzazione dei rapporti tra Italia e Siria ha come punto critico l’emergenza dei profughi siriani in Europa.




Secondo i dati, i siriani sono la seconda nazionalità tra i migranti sbarcati sulle coste italiane, con circa 8.061 arrivi dall’inizio dell’anno.

Di fronte a questa situazione, il governo ha fatto un altro passo verso la Siria, diventando il pivot di un gruppo di sette stati Ue (Austria, Slovenia, Slovacchia, Croazia, Grecia, Repubblica Ceca e Cipro), guidato da Cipro, che lamenta un flusso di profughi ingestibile. La missione sarebbe quindi quella di creare delle safe zone all’interno della Siria dove i profughi possano rientrare in sicurezza.

Lo scorso maggio, a Nicosia (capitale di Cipro), il tema è stato discusso in un summit, al quale l’Italia ha inviato un rappresentante. Il gruppo ha reiterato l’invito alla Commissione Ue di rivedere la strategia nei confronti di Assad, e facilitare il ritorno dei profughi in Siria.
Secondo il gruppo, l’UE ha affrontato un enorme sforzo umanitario stanziando più di 33 miliardi di euro in assistenza umanitaria e allo sviluppo per i 7,2 milioni di sfollati in Siria, e per gli oltre 5 milioni di rifugiati. Tuttavia, dopo 13 anni di guerra, questa mobilitazione non ha dato i risultati sperati.

Crediamo che sia giunto il momento di rivedere e valutare i risultati della strategia raggiunta finora, l’efficacia delle nostre azioni e dei nostri strumenti.
L’obiettivo è creare le condizioni per un ritorno sicuro, volontario e dignitoso dei rifugiati siriani, seguendo gli standard dell’UNHCR

Da una parte, la presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, si è detta favorevole a rivedere la strategia del 2017, e rivalutare le relazioni con Assad.
Dall’altra parte c’è chi, come l’Alto rappresentante, Josep Borrell, ritiene doveroso rispettare le risoluzioni dell’ONU.

Secondo gli analisti, tra cui DW Kelly Petillo, ricercatrice sul Medio Oriente presso l’European Council on Foreign Relations, “rinnovare i legami con l’Europa rafforzerebbe la legittimità di Assad“.
Inoltre, uno avvicinamento diplomatico dell’Europa potrebbe non essere corrisposto.

La normalizzazione dei legami richiede anche l’impegno diplomatico di Assad, che teme di vedere rimpatriati milioni di rifugiati che si oppongono a lui

Infine, secondo gli osservatori dei diritti umani, gli analisti e l’inviato ONU per la Siria, la costruzione di safe zone non è possibile in un territorio ancora molto pericoloso per i civili.

La Siria rimane in uno stato di profondo conflitto, complessità e divisione.
È pieno di attori armati, gruppi terroristici, eserciti stranieri e linee del fronte […] e i civili sono ancora vittime di violenze e soggetti a estese violazioni dei diritti umani, a un prolungato stato di sfollamento e a terribili condizioni umanitarie

Tra Italia e Siria c’è anche la Chiesa: pressioni sul governo contro le sanzioni economiche

In questa delicata situazione, un ruolo fondamentale è quello coperto dal Vaticano. Una delle voci che più insistono per una distensione dei rapporti con Assad.
Questo, sempre in nome della sicurezza dei migranti e dei profughi, secondo il segretario di stato della Santa Sede, cardinale Pietro Parolin.
Parolin si è recentemente recato in visita in Libano, dove avrebbe appreso il dramma umanitario nel quale versa il Paese che, con una popolazione di 5 milioni e mezzo di abitanti, è costretto ad accogliere quasi 2 milioni di siriani in fuga.

Inoltre, secondo il cardinale Mario Zenari, che svolge il ruolo di nunzio apostolico a Damasco, il rientro dei profughi siriani è necessario per lo stesso Paese.

Dalla Siria fuggono ogni giorno in centinaia tra professionisti e laureati. Si sta creando un vuoto da colmare.
Ma ogni rientro deve avvenire alle condizioni dettate dall’Onu, su base volontaria, in sicurezza e dignità

Con il terremoto del 2023, poi, la situazione si sarebbe fatta ancora più gravosa. Tanto da spingere il mondo cattolico a fare pressione sul governo italiano, affinché mitigasse le sanzioni economiche contro Assad.

A questo proposito, secondo due fonti del quotidiano Il Foglio, e secondo l’emittente dell’opposizione siriana basata in Turchia, Syria Tv, un rappresentante dei servizi segreti italiani avrebbe incontrato il suo omologo siriano e lo stesso Assad a Damasco.
In quell’occasione, avrebbero discusso la possibilità di creare zone per il rientro dei migranti in cambio della rimozione delle sanzioni.

Tale accordo, secondo alcuni analisti, sarebbe favorevole per tutta la popolazione. In quanto “qualsiasi iniziativa per migliorare la situazione economica della popolazione siriana è un passo avanti rispetto al collasso economico e sociale in corso“.
Tuttavia, come ribatte Petillo, potrebbe rivelarsi vantaggiosa solo nei confronti del regime di Assad.

Se i legami con il regime di Assad saranno normalizzati, gli aiuti passeranno solo attraverso i canali del regime

Comunque, la notizia dell’incontro a Damasco è stata smentita dal governo italiano.
Anche se, solo un mese dopo, Ravagnan sarebbe stato nominato nuovo ambasciatore a Damasco.

La questione della strategia UE nei confronti della Siria è ora nelle mani di Josep Borrell, che assicura una strategia pragmatica ma non ingenua.

Giulia Calvani

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