Italia al bivio

Di Emanuele Cerquiglini


 

C’è un tempo, che più di ogni altro, pesa sulle decisioni della politica e sulle proposte del Governo. Quel tempo arriva puntuale, quando si inizia a respirare aria di campagna elettorale.

Gli umori del popolo acquistano il totale interesse dei politici, che pensando prima a loro stessi, attraverso gli elettori, individuano la strada del propio rinnovamento politico. Insomma i voti se li devo guadagnare, anche rinnegando parte del proprio operato, cambiando idea o strategia su questioni anche strettamente legate alla civiltà, come nel caso dello Ius Soli.

La percezione su questa Legge, distorta con eccezionale abilità da alcune forze all’opposizione, è quella di una Legge sbagliata e sfido chiunque a far capire a parte della popolazione, che lo Ius Soli non c’entra nulla con gli sbarchi, con le paure di invasione e con l’assenza di sicurezza.

Sono state liberate le gabbie della “canaglia razzista” e la sua presenza è ovunque. E la canaglia vota.

Il rinvio sullo Ius Soli, dovuto ad una questione di numeri, sospetto possa tramutarsi in un arrivederci a tempi migliori.

Le sfide in atto in questo momento riguardano proprio la stabilità del Governo e la questione ong ha mostrato i pericoli derivanti dai contrasti tra i ministri (Minniti-Delrio), che hanno costretto Mattarella ad intervenire. Tutto questo in attesa delle nuova Legge Elettorale: passaggio determinante per capire cosa accadrà alle prossime elezioni. Le differenze tra maggioritario e proporzionale costringeranno anche la politica a modificare le strategie per la campagna elettorale. Nel caso si tornasse al sistema proporzionale, magari senza neanche premio di maggioranza, credo sarebbe difficilissimo se non impossibile avere, oltre ad una certa stabilità, un capo del governo che porti il nome di uno dei leader dei maggiori partiti. Il Presidente della Repubblica spingerebbe su una figura meno appariscente, ma capace di creare una maggioranza in grado di governare (per quanto tempo è tutto da vedere), il Paese. Nel caso invece si scegliesse un sistema maggioritario allora le coalizioni avrebbero un peso importante e partiti all’interno finirebbero per doversi sopportate tra loro per governare, magari decidendo di andare a braccetto alla Camera e di scontrarsi poi al Senato.




Non ci resta che superare il caldo estivo e attendere che la politica faccia le sue scelte alla ripresa dei lavori, sperando che l’interesse vada prima al Paese e poi a quello personale.

Il clima che si respira non è dei migliori. Troppe persone sono esasperate e il rischio di una nuova caccia alle streghe è sempre più evidente.

Sicurezza, solidarietà, integrazione, diritti, lavoro, ripresa dell’economia sono i temi caldi, quelli che saranno più usati in campagna elettorale.

Il pericolo più evidente è quello della fascinazione per il giustizialismo, per il capo espiatorio portatore di tutti i mali, che potrebbe portare al trionfo e poi agli eccessi incontrollati del populismo, che quando prende il potere, sia esso di sinistra o di destra, degenera nell’autoritarismo, individua le minoranza come le nemiche del popolo, si affida ad unico leader, indebolendo prima di tutto i controlli dello Stato, per finire poi con l’ostacolare ogni rinnovamento politico indicandolo sempre come nemico e non come rivale.

Attenzione ai quei populisti che arrivano a dichiararsi ancora prima, mostrando il loro spirito vendicativo, oltre alla consueta ignoranza, all’utilizzo sfrenato della demagogia e allo spargimento dell’odio un tanto al chilo, perché questi personaggi non hanno rispetto dello Stato, non riescono a fare tesoro della storia e quando la loro maschera sarà caduta, i danni saranno incalcolabili.

Imbarazzante e inaccettabile la minaccia di Salvini a Saviano sul tema della scorta. Intollerabile. Non degna di uomo che dovrebbe fare della sua vita, come ogni politico, una missione, nella quale il senso della responsabilità, il senso dello Stato, la saggezza e l’auto controllo, dovrebbero essere radici profonde capaci di sorreggere il piano del pensiero e delle idee.

Non è bastato l’esempio di quando venne ritirata da Scajola la scorta a Marco Biagi, poi ucciso dalle BR, per impedire a Salvini di minacciare Saviano di togliergli la scorta se venisse scelto lui a governare il Paese. È ignaro Salvini che non sia Saviano a chiedere la scorta e che non sia per capriccio o per simpatia del Ministro dell’Interno di turno che gli venga affidata dal 2001, ma che esiste un Ufficio Centrale Interforze, che decide di affidarla in base a rischi reali e concreti; e se qualcuno pensa che Saviano faccia una bella vita e che il suo apporto di scrittore e intellettuale sia inutile al Paese, quel qualcuno è un ignorante, più utile alle mafie che allo Stato.  

Ormai viviamo nella paura, che scientemente è stata seminata modificando la percezione della realtà e con questo bisognerà fare i conti. Dove farli la sinistra anche da dentro, divisa tra il cuore e il pensiero dei cattolici di sinistra e dalla razionalità autoritaria degli altri suoi componenti. Dovranno farlo tutti coloro, intellettuali inclusi, che hanno percepito la gravità dell’inversione morale in corso.

C’è bisogno di grande saggezza, perché la nobile virtù italiana del soccorso, deve procedere di pari passo allo sviluppo di concrete politiche di integrazione e al mantenimento della sicurezza dei cittadini. Non si possono poi salvare vite per poi continuare a sfruttarle. Non si può alimentare la criminilaità e in questo lo Stato deve essere rigoroso nei controlli e severo nelle pene. Allo stesso modo bisogna tendere la mano a tutti i cittadini in difficoltà, esattamente come giustamente viene tesa a coloro che rischiano di morire in mare per scappare dalla violenza, con la speranza di approdare dove un’essere umano possa avere la possibilità di crearsi una vita dignitosa. Bisogna uscire da questa trappola che mette i disperati sul sentiero di guerra dei deboli. Non ci si può lavare le mani e rispedire a casa chi scappa da torture, stupri e miseria. Non si possono neanche abbandonare gli italiani in difficoltà e non si deve più creare una divisione politica, che approfitti del dolore umano per fare campagna elettorale. In questi casi non devono esserci divisioni, grida e barricate, ma solo rispetto reciproco, dialogo e l’obiettivo comune di trovare soluzioni che mettano i diritti dell’essere umano davanti a tutto.

 

Nel 1976, per non far vincere il PCI, Montanelli scrisse agli italiani: “turatevi il naso e votate DC”. Vinse la DC.

A quel tempo alcuni avevano paura che vincendo il PCI, si sarebbe istaurato un regime.

Oggi quel rischio di regime è incarnato dall’unione delle forze di estrema destra, che stanno approfittando della politica e delle continue dichiarazioni che alimentano la paura e la divisione, di cui sono spesso protagonisti Lega e M5S. Esasperare per vincere, questa è la loro politica, approfittando di un centro sinistra, che non è più capace di credere a sé stesso, frammentato e lacerato dall’interno, in quello che doveva essere il suo partito più rappresentativo, al punto che governando, ha regalato su un piatto d’argento a quelle forze che oggi gridano “ci riprendiamo tutto”, di alimentarsi e di persuadere il popolo proprio dove lo Stato latita.

Personalmente, nel caso la Legge Elettorale proponesse un premio di maggioranza e comunque si dovesse votare considerando il nome dei maggiori leader (Berlusconi, Renzi, Grillo, Salvini), mi domando chi, oggi, Montanelli consiglierebbe come il male minore : “turatevi il naso e votate…”. Dal mio punto di vista la sua scelta sarebbe solo tra Berlusconi e Renzi. Se parliamo di pericolo di regime, come era pericoloso il PCI allora, lo sono i populisti oggi.

Renzi, nonostante i numerosi errori, quasi tutti dovuti al suo carattere, ha provato a cambiare l’Italia, lo ha fatto male, come con la riforma della scuola o con il frettoloso tentativo referendario, che per troppi aspetti sembrava un incomprensibile attacco alla Costituzione. La sua è stata una poIitica egoriferita, che lo ha portato prima ad un successo clamoroso e poi a trovarsi il nemico anche dentro casa. La lezione credo e spero l’abbia capita, ma resta il fatto che la politica del PD è responsabile della attuale drammatica divisione del Paese. Ed è in un Italia così disunità, che Berlusconi, il leader più amato dagli italiani (anche da alcuni suoi avversari) potrebbe incarnare il ruolo di “salvatore” dai regimi populisti, proprio lui che pensava i suoi nemici fossero i comunisti. A differenza di Renzi, Berlusconi viene da una lunga e forzata pausa politica. Renzi deve compattare il suo partito e cercare di riunire la sinistra attraverso i suoi valori naturali e dispiegando le forze fuori dalle comodità irreali dei centri urbani; Berlusconi deve sedare gli istinti primordiali e primitivi di alcuni alleati determinati, come la Lega, e portarli su una via più moderata e deve trovare uomini nuovi, di alta levatura politica ed intellettuale. Non può più permettersi lecchini traditori, ballerine e clown, neanche nelle seconde file. Uno è ancora giovane e l’altro ha davanti l’ultima grande occasione. Entrambi vogliono riscattarsi. La partita finale bisogna augurarsi sia la loro.




Oggi, dove si respira la rabbia, dove alcuni sognano il colpo di Stato e altri una nuova marcia su Roma, c’è bisogno che la buona politica apra gli occhi e che tornino a parlare anche gli intellettuali, gli scrittori, i giornalisti e gli artisti che prendono posizione.

Chi non ha capito la gravità della situazione deve svegliarsi e ricordarsi che il silenzio è complice.

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