Istruzioni per il voto consapevole: intervista a Manfredi Mumolo di IV

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Per la prima puntata del ciclo “”Istruzioni per il voto consapevole”, abbiamo intervistato Manfredi Mumolo. Ecco un breve identikit: romano, 21 anni non ancora compiuti, studente di scienze politiche presso l’università Luiss e giovane coordinatore territoriale di Italia Viva. Con lui abbiamo affrontato diversi argomenti, cominciando dalle politiche giovanili per arrivare poi alla questione energetica e alle scelte politiche prese dal Terzo polo.

L’intervista

Quello che posso dire è che ci sono diversi fattori che influiscono sull’allontanamento dei giovani dalla politica. Il primo è che i movimenti o i partiti giovanili sono “poco accattivanti”. Un partito all’interno del partito in cui è facile perdersi. Ma, aldilà dei giovani che sono attivi in politica, la vera carenza riguarda i giovani che si interessano alla politica.

Ci sono delle cause culturali, sociali e storiche, ma è soprattutto il dibattito politico ad essere poco accattivante. Dei giovani si parla poco e male. Basti pensare a tutto il periodo del Covid-19. Se qualcuno ha sofferto più degli altri, quel qualcuno sono sicuramente i giovani. L’Italia è il Paese che, dopo la Cina, ha tenuto le scuole chiuse per più tempo. Inoltre, abbiamo un problema di analfabetismo informatico che riguarda sia i professori che gli studenti: uno dei principali motivi per cui la didattica a distanza ha fallito.

Un po’ i miei genitori, che mi hanno sempre parlato di politica dentro casa. Poi, devo dire che quando, a 16 anni, ho visto in televisione un “ragazzotto” di meno di quarant’anni che era Presidente del  Consiglio (Matteo Renzi, ndr), ne sono rimasto colpito. Io sono fiero di pensare che Matteo Renzi sia stato un grandissimo Presidente del Consiglio, anche perché è riuscito a dare un nuovo stimolo alla mia generazione. Ricordo un discorso in cui sottolineò esattamente questo: il fatto che lui fosse riuscito a diventare primo ministro, alla sua età, dimostrava a noi giovani che potevamo realizzare le nostre aspirazioni. Mi ha dato la fiducia di cui avevo bisogno per credere nei miei progetti.

Grazie per la domanda. Sono le redazioni come la vostra che permettono di andare oltre le narrazioni dei grandi giornali e che danno la possibilità di approfondire. Per quanto riguarda il nostro programma elettorale, penso siano due i grandi punti di forza: la logica e il metodo con cui è stato scritto, che sono riassunti nella premessa del programma.

Aldilà delle soluzioni “tampone” per i vari problemi di questo Paese, serve “prendere il toro per le corna” e affrontare i problemi strutturali dell’Italia, dalla sanità all’istruzione, passando per le pensioni e il debito pubblico. Serve un approccio diverso, post-ideologico. Il nostro è un Paese un po’ particolare: siamo in  una situazione così deficitaria che la rottura non è più tra destra e sinistra, come è stato per tanto tempo, ma è uno scontro di approccio. Da una parte sovranisti, populisti e il resto, dall’altra un approccio pragmatico, in grado non solo di cogliere le istanze dei cittadini, ma anche di saperle risolvere, concretamente.

A dimostrazione di ciò, noi abbiamo inserito il “foglio del come”, ovvero ad ogni proposta è allegata anche la copertura finanziaria con cui sostenerla. Vogliamo uno Stato forte ma solo in alcuni campi, come in quelli di sanità ed istruzione. Su questi non effettueremo mai alcun taglio, al contrario di alcuni esecutivi del passato.

Rispondo a titolo personale. Quando mai la sinistra è riuscita a vincere candidandosi contro le destre? Solo con Romano Prodi, che però proponeva un programma serio per affrontare i problemi che in quel momento affliggevano il Paese. A mio parere, la grande differenza tra noi e il PD è “il foglio del come”.  Diciamo che, quanto meno, i dem sono abbastanza vaghi su alcune tematiche. Un esempio su tutti: la questione energetica. Noi abbiamo un programma radicale, ma razionale, mentre il PD sul tema è smentito puntualmente dai suoi stessi alleati elettorali. 

Sicuramente, scegliendo di fare un’alleanza strategica con il PD, la proposta politica di Calenda aveva perso di radicalità. Penso che se ne siano accorti anche alcuni suoi elettori e che, a quel punto, egli abbia agito di conseguenza, ritrovando la sua vera identità politica. Noi, come terzo polo, abbiamo tre strategie per affrontare il problema dell’energia: una sul breve periodo, una sul medio periodo e una sul lungo periodo.

Nel breve periodo sono fondamentali i rigassificatori. Noi siamo stati gli unici ad essere rimasti sempre coerenti sul tema. Ovviamente sono infrastrutture che vanno integrate con le energie rinnovabili.

Nel medio periodo l’obiettivo è la decarbonizzazione. Noi proponiamo una differenziazione del prezzo tra energia di origine fossile ed energia di origine rinnovabile(molto più economica, ndr), che è molto diverso da mettere un tetto nazionale sulle forniture energetiche. Devo ammettere che Letta ha fatto dietrofront e ha condiviso la nostra proposta, anche se ciò dimostra che noi siamo gli unici ad avere le idee chiare.

Sul lungo periodo l’obiettivo è di raggiungere le zero emissioni entro il 2050. Al contrario di alcuni Paesi, noi abbiamo meno possibilità di sfruttare le energie rinnovabili.  Non possiamo installare l’eolico nei mari, perché non abbiamo mari abbastanza ventosi da poterci permettere di sfruttarlo, e anche laddove ci siano le condizioni climatiche giuste, dovremmo fare i conti con i tanti movimenti di protesta che si pongono a difesa del panorama paesaggistico italiano.

Esattamente. C’è un problema di immagazzinamento di questo tipo di energia. In primis perché servirebbero moltissime batterie che, si sa, sono molto inquinanti. E poi c’è una questione di costi, che rende impossibile fare affidamento esclusivo sul fotovoltaico. Per questo nella transizione verso le rinnovabili non possiamo fare a meno delle centrali nucleari. 

No, non c’era. Ed è esattamente il motivo per cui, forse, non avrei votato quella coalizione. Non ho paura di dire che la nostra proposta politica vale proprio perché è alternativa e sono fiero del fatto che Calenda sia tornato sui suoi passi. Adesso abbiamo una proposta politica che, a mio parere, è più seria e concreta del PD. Forse sarà meno popolare, meno facile, ma sicuramente è più concreta.

Il punto di arrivo che abbiamo noi e il PD è lo stesso: rendere pagati gli stage curricolari, come accade nel resto d’Europa. Il problema è che se dobbiamo legiferare sempre su una determinata questione, sperando che entro un certo periodo di tempo tutto si adatti e la norma venga rispettata, intraprendiamo una strada molto complicata. Anche noi ci proponiamo di mettere le aziende nelle condizioni di poter retribuire gli stage degli studenti. Ma non basta introdurre una norma per raggiungere questo risultato, serve aiutare le aziende a poterselo permettere.

Mi rendo conto, ma è un discorso simile a quello sui diritti. Non ha senso portare avanti delle battaglie politiche sulle spalle della gente senza essere in grado di arrivare ad un benché minimo risultato. Non si può portare avanti un programma per poi doverlo snaturare in Parlamento. Io condivido il DDL Zan e la battaglia di chi lo ha proposto, ma bisognerebbe provare ad essere un po’ meno radicali per raggiungere un risultato concreto. Serve creare le condizioni politiche affinché determinate cose accadano. Il DDL Cirinnà fu un grande successo: fu approvato in due mesi e  addirittura votato anche dal centro destra. Siamo ancora molto indietro ma questa è la strada da intraprendere. Ma Forse stiamo andando un po’ fuori argomento… Torniamo sui giovani.

Vorrei sottolineare che noi, al contrario del PD, abbiamo una politica giovanile sostenibile. Tra i punti del nostro programma, il più importante è l’azzeramento dell’IRPEF: 0% per gli under 25 e 50% per chi ha  tra i 25 e i 29 anni. Il Pd ha una proposta diversa: la dote ai diciottenni. Il problema non è la proposta in sé, ma il modo in cui viene attuata. Anche l’economista Carlo Cottarelli, candidato con il centrosinistra, ha smentito in televisione la possibilità di coprire la dote con la sola tassa patrimoniale. Al contrario loro, noi spieghiamo correttamente come realizzare i nostri programmi politici.

Carlo Calenda è stato durissimo nella risposta alla Meloni su quanto detto a proposito. Io, parlando a titolo personale, consiglierei a Meloni e al suo staff di avere un po’ più di cautela nell’affrontare certi temi. Siamo una società liberale, ossia una società che si propone di rifiutare un mondo di diseguaglianze economiche, fisiche, sociali e culturali. Noi lottiamo per cambiarle. Dobbiamo porci l’obiettivo di dare almeno una possibilità a ciascuno di noi. Quando si parla di diritti, io sottolineo sempre un splendida azione di governo di Matteo Renzi: la legge “sul dopo di noi“. Una legge che è stata di esempio per tanti, come per la Francia, che ha introdotto una norma molto simile due anni fa. Si tratta di un sistema di assistenza e di supporto a persone con disagi psichici o fisici, affinché queste possano costruirsi un loro mondo, a prescindere dalla dipendenza dal nucleo familiare. Faccio un esempio: se un ragazzo con qualche disabilità perde i contatti con i propri familiari, spesso capita che questo si trovi perso, e ciò perché non gli vengono sviluppate quelle competenze che sarebbero nel suo potenziale. Ecco,  la legge “sul dopo di noi” ha tamponato questa problematica. Risolvere i problemi significa venire incontro, essere concreti; non significa mettere all’indice persone che soffrono di qualche forma di disagio.

Perché il Terzo Polo non ha mai avuto alcun dubbio sul governo Draghi. Devo ammettere che sia il PD che FI hanno sostenuto il governo Draghi con grande coraggio, anche nei momenti difficili. Ma dopo hanno scelto di seguire anime diverse. A sinistra hanno optato per chi ha votato la sfiducia a Draghi, nei singoli provvedimenti,  ben 55 volte, mentre a destra hanno preferito la Meloni. Hanno preferito Salvini, ossia chi ha decretato nei fatti: la fine dell’esperienza Draghi, la crescita enorme dello spread, l’impossibilità di combattere l’inflazione e di creare un pacchetto di aiuti per aziende e famiglie. Tutta l’agenda Draghi è racchiusa nel suo operato e nel suo ultimo discorso davanti alle camere. Noi lavoriamo affinché il prossimo Presidente del Consiglio sia Mario Draghi, e nessun altro.

Grazie a voi, è stato un piacere.

Daniele Cristofani

 

 

 

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