“Istruzioni per il voto consapevole”: intervista a Caterina Cerroni, segretaria dei giovani dem

Giulia Pastorella intervista

Per la terza intervista del ciclo: “istruzioni per il voto consapevole”, abbiamo avuto il piacere di ospitare Caterina Cerroni, segretaria nazionale dei giovani democratici e candidata capolista al collegio proporzionale del Molise. Anche in questo caso non ci siamo soffermati solamente sui programmi, ma abbiamo ampliato la nostra discussione ai grandi temi d’attualità. È stata anche un’occasione per conoscere l’opinione delle nuove generazioni che si stanno facendo strada all’interno dei vecchi partiti. Di seguito la trascrizione. Buona lettura!

L’intervista

Una rappresentanza generazionale è sempre una sfida importante da porre in termini politici. L’organizzazione dei giovani democratici è particolarmente importante perché rappresenta una palestra per i giovani attivisti, ma sappiamo bene che questo allenamento si concreta spesso in volontariato, volantinaggio, partecipazione alle elezioni con candidature “di servizio”. Questa è una parte importante del percorso politico ma  non è abbastanza: anche in politica bisogna affermare il diritto di diventare adulti. La nostra prima battaglia è stata quella di portare avanti i temi della nostra generazione, soprattutto a riguardo della precarietà del lavoro. In questo senso ci sono state molto d’aiuto le “agorà democratiche”, perché le proposte che abbiamo elaborato sono state caricate su questa piattaforma e sono state le più votate. Ma averle nel programma elettorale non basta: a rappresentare queste proposte servono persone credibili, che possano testimoniarne la necessità.

Tocchi un tasto importantissimo. Grazie per la possibilità di approfondire. Il limite delle misure legate alle contribuzioni è la loro provvisorietà. Queste leggi che vanno di legge di bilancio in legge di bilancio non aiutano le imprese ad utilizzare uno strumento di vantaggio e ad assumere giovani perché manca la certezza del diritto e quindi la certezza del sostegno economico da parte dello Stato. Inoltre mi sento di sottolineare la situazione di certe regioni come quella in cui sono candidata (il Molise, ndr), in cui c’è la necessità di sostenere soprattutto le piccole-medie imprese. Queste misure vanno soprattutto a vantaggio delle grandi aziende, mentre potrebbero essere determinanti per le piccole-medie aziende.

Servono misure diverse dalle decontribuzioni. Bisogna smettere di pagare le imprese, le persone e le famiglie per fargli sopportare di vivere in territori che hanno meno servizi e meno infrastrutture. Dobbiamo sfruttare il PNRR per colmare queste lacune e fare in modo che non sia più necessario promettere alle imprese la decontribuzione per incentivare le assunzioni. Servono azioni strutturali e servono adesso, perché ne abbiamo la possibilità. Abbiamo la possibilità di rendere le grandi città del mezzogiorno il traino di uno sviluppo economico diverso e che alimenti la domanda interna.

In Italia c’è questa anomalia per cui gli insegnanti  guadagnano meno rispetto agli altri dipendenti pubblici. In primo luogo è questo divario che dobbiamo colmare.  Poi si riconosce il fondamentale ruolo dell’insegnante nello sviluppo della stessa democrazia, in quanto la scuola è un luogo di emancipazione e di formazione di cittadini e cittadine. L’allineamento rispetto alla media europea va in questa direzione e il nostro aumento degli stipendi è su base orizzontale. Infatti, come PD abbiamo preso le distanza dalla mossa del governo Draghi di inserire un aumento su base meritocratica. Quello dell’insegnante è un mestiere che va remunerato di più. Ma non è l’unica anomalia che abbiamo in Italia. La destra parla tantissimo di sicurezza ma le forze dell’ordine guadagnano poco rispetto agli standard europei. Riconoscere il valore sociale di alcuni mestieri è particolarmente importante, e ciò nella nostra proposta politica si inserisce nell’obiettivo più ampio di dare una spinta alle retribuzioni. L’Italia è l’unico Paese in cui le retribuzioni si sono ridotte negli ultimi 30 anni, al contrario di tutti i Paesi Europei.

Sicuramente non è sufficiente. Allargare la partecipazione può essere uno strumento ottimo per invogliare i giovani ad interessarsi. Credo che laddove si riconosce il diritto di voto, ci sia dall’altra parte un interesse maggiore dei giovani. Abbiamo visto negli ultimi anni una decrescita nella partecipazione alla vita attiva dei partiti ma al contempo un avvicinamento all’attivismo dei giovani e dei giovanissimi, non solo per l’ambiente ma anche per il volontariato. Anche questi sono modi per interessarsi all’altro e per essere al servizio della comunità. Sempre più giovani partecipano alla vita politica delle loro comunità locali e questo è un buon segno per il futuro della nostra democrazia.

Nel nostro programma si fanno specifici richiami ai mezzi di finanziamento. Sulla scuola facciamo riferimento soprattutto ad una tranche del PNRR che riguarda proprio l’istruzione. Come giovani democratici noi siamo orgogliosi di aver portato avanti proposte come il comodato d’uso per i libri di testo, ovviamente in base all’ISEE, il trasporto pubblico gratuito per gli studenti e le altre che hai citato. Sono proposte che abbiamo definito insieme agli studenti, nelle settimane in cui l’Italia veniva attraversata da occupazioni e manifestazioni in seguito ai tragici incidenti legati all’alternanza scuola-lavoro.

L’onda emotiva dettata da quei tragici incidenti ci aveva spinto a dire basta all’alternanza. In realtà strumenti come questo funzionano bene in altri Paesi europei, come la Germania, in cui facilitano l’ingresso nel mercato del lavoro. Come PD noi proponiamo di riformare l’alternanza ma per farlo serve un tavolo di discussione con i diretti interessati: le studentesse e gli studenti. Serve poi una cabina di regia nazionale affinché l’alternanza sia un progetto veramente utile per gli studenti e per evitare lo sfruttamento dei ragazzi.

Noi abbiamo fatto delle proposte molto mirate, grazie anche a degli esperti sul tema. Per questo eravamo così preoccupati dopo la caduta del governo Draghi: un governo limitato agli affari correnti non dà alcuna garanzia rispetto alle difficoltà che incontreremo in autunno. L’inflazione ha una componente macroscopica che è l’aumento del prezzo dell’energia.  Il tetto al prezzo del gas deve essere fatto a livello europeo e internazionale perché, oltre alle questione della disponibilità delle fonti energetiche, c’è un altro enorme problema: la speculazione, che fa arricchire pochi a scapito di tutti gli altri. 

Sì assolutamente, un price cap a livello nazionale va inserito, ma è molto difficile. Bisognerebbe trovare un accordo totale tra tutti i gruppi politici. Devo dire che nell’ultimo periodo sembra ci sia un’apertura in questo senso. Dal nostro punto di vista, anche il tentativo di dare una mensilità in più ai lavoratori alla fine dell’anno è un altro modo per aiutare i cittadini ad affrontare il caro-bollette.

L’intervento avviato da Draghi si concretava in una serie di azioni per sopperire alle difficoltà attuali ed è da mesi che chiede all’UE di inserire un tetto al prezzo del gas. Tra le sue azioni c’è anche quella a sostegno dei rigassificatori, un tema che ha diviso progressisti e moderati. Da parte nostra abbiamo dato il via libera per un utilizzo temporaneo dell’impianto proprio per risolvere, nel breve periodo, i nostri problemi.

In primo luogo bisogna dire che il PD si definisce un partito ambientalista. Abbiamo delle proposte radicali sul tema, anche se in passato abbiamo posizione più vicine a quelle del Terzo polo. La nostra sensibilità sull’ambiente e vicino a quello di Sinistra Italiana-Verdi ma allo stesso tempo dobbiamo programmare una transizione ecologica che si concluda con un saldo positivo dei posti lavoro.

Infatti Azione aveva rinunciato al  nucleare per poter raggiungere un accordo con noi. Da questo punto di vista il nostro è  un “no” radicale all’energia nucleare. Sulla questione dei rigassificatori invece la nostra è una posizione di compromesso

rispetto ai nostri alleati e alla nostra sezione locale. Secondo me è necessario rimanere vicini alla realtà, a certi problemi concreti. Nel sud ci sono molte situazioni locali irrisolte. L’Ilva di Taranto e la terra dei fuochi, tanto per fare due esempi. Servono interventi statali ma che guardino molto al particolare, alla vita concreta dei cittadini. Bisogna mediare tra necessità nazionali e interessi locali.

Io credo che la fine del percorso di governo sia stata veramente un peccato.  La rottura che si è consumata in Parlamento è una rottura politica, anche sui temi. Il M5S è tornato su posizioni diverse, non dico anti-sistema -sono cambiati profondamente nel corso di questi ultimi anni- ma sicuramente lontane delle nostre.  Per il sistema elettorale che abbiamo è un peccato non essere riusciti ad allargare la coalizione ma noi, dal nostro punto di vista, potevamo fare poco di più.

Io credo che siamo arrivati al momento di scegliere, senza ipocrisie. Tutte le forze politiche hanno espresso la necessità di arrivare alla transizione ecologica e per fortuna siamo riusciti ad arrivare ad investire sul Green Deal europeo. Rimane il fatto che l’Italia è la seconda economia del G7 per sostegni alle fonti fossili. Bisogna essere coerenti: non si possono investire miliardi sulle rinnovabili e al contempo sostenere con altrettanti soldi le fonti fossili.

Penso sia un punto politico fondamentale dire che se noi investiamo risorse per i giovani per il loro diritto a diventare adulti, diritto che è garantito in molti altri Paesi, questo non deve gravare con debito. Possiamo pensare di rimodulare la misura ma non di farla pagare alle stesse persone in favore delle quali è destinata. È un punto politico essenziale anche quello di farla gravare sui grandi patrimoni. Si chiede un contributo minimo in un contesto in cui le tasse di successione e di donazione sono le più basse d’Europa, mentre il costo del lavoro in termini fiscali è elevatissimo, soprattutto per le fasce medie e basse. Tenendo fermi questi due punti cardine, la dote può essere rimodulata. Come Giovani Democratici è un nostro cavallo di battaglia, non solo per il diritto all’emancipazione ma anche per ridurre il divario sociale.

Certo, grazie della possibilità. Io sono stata responsabile dell’Europa mediterranea dei giovani dem e vicepresidente dell’internazionale giovanile socialista. Fino a prima della pandemia, il governo cinese ha ospitato ogni anno una delegazione di rappresentanti istituzionali, provenienti non solo dall’Italia ma anche da altri Paesi. Quell’anno c’era il forum mondiale dei partiti, che era sostanzialmente un dibattito tra rappresentanti dei governi di tutto il mondo. Il PD e il governo allora guidato da Matteo Renzi hanno composto una delegazione con una serie di figure politiche, come Romano Prodi o la viceministra degli esteri Sereni, e con rappresentanti dei giovani democratici, tra cui io. Si trattava di un dialogo intergovernativo e nient’altro.

Come PD viviamo un momento in cui Letta sta portando a termine il mandato che in principio fu di Zingaretti. Noi abbiamo sempre avuto dei congressi dopo gli appuntamenti più importanti. Io sono fiduciosa che il risultato non sarà negativo come in tanti si attendono e quindi che si possa arrivare a un rinnovamento del PD da una situazione in cui siamo al governo del Paese. In ogni caso, si aprirà una riflessione in merito ma non so con quali tempistiche. Sicuramente noi giovani saremo presenti, anche per una questione specifica: negli ultimi due anni molti giovani sono diventati protagonisti di amministrazioni comunali in tutta Italia, molti giovani democratici sono diventati guida nei loro partiti locali. Questo insieme di cose cambia l’equilibrio generazionale all’interno del partito.

Grazie a voi!

Daniele Cristofani

 

Exit mobile version